Sunday, March 31, 2024

Cardinal Sforza Pallavicino on Kristina getting ready to go to Innsbruck and the public conversion ceremony there on October 24/November 3 (New Style), year 1655

Sources:

Descrizione del primo viaggio fatto a Roma dalla regina di Svezia, Cristina Maria, convertita alla religione cattolica e delle accoglienze quivi avute sino alla sua partenza, pages 31 to 39, by Cardinal Sforza Pallavicino, published in 1838
Vita di Alessandro VII, volume 1, pages 356 to 360, by Cardinal Sforza Pallavicino, published in 1839

Above: Kristina.

The description:

All'entrar poi di settembre fu presentata al pontefice dall'ambasciator di Spagna la lettera del re cattolico segnata sotto il dì secondo d'agosto. Era ella di quasi due pagine, tutta di carattere regio, e vi si esprimeva, che lo stesso presentatore nulla saprebbe del contenuto. Significavasi in breve tutto il fatto della reina, nominandolo eroico; e 'l volere della medesima, ch'egli ne desse al pontefice la novella; onde e per la confidenza d'un tanto arcano, e per l'elezione di se in padrino di sì nobil rigenerazione, il re professavasi a lei sommamente obbligato. Appresso esponevasi il rispetto dell'indugio nella reina a pubblicarsi cattolica; e finalmente l'allegrezza del re in veder cominciarsi con auspicii di tanta gloria il ben avventuroso pontificato d'Alessandro.

Fra tanto, poichè la reina dallo scritto del papa ebbe intesa la volontà di lui, rispose, che ubbidirebbe alla cieca, ed avendo seco proposto d'incamminarsi a Roma sul principio dell'autunno, divisò, pervenuta che fosse ad Inspruck città austriaca, e dopo la quale non le conveniva passar più da terre d'eretici, far ciò che il pontefice le ordinava. Ed in esecuzione di questo si pose in cammino a' ventidue di settembre, conducendo seco il Pimentelli come ambasciatore del re cattolico, ed una corte assai numerosa composta in gran parte di Svezzesi eretici, che avea seco tenuti sino a quell'ora, e de' quali per lo più s'andò ella poi sbrigando per via, ove le occorse il Conte Raimondo Montecuccoli general della cavalleria imperiale, il quale poi l'accompagnò fino a Roma. E per quanto ella sfuggisse queste accoglienze d'onore, che a guisa de' gran carriaggi rendono più pomposo, ma insieme più tardo il cammino, fu per ogni luogo da' principi, e dalle città ricevuta con magnificenza pari alla grandezza non solo del suo nascimento, ma della sua fama. Il papa sentita la sua mossa, e i suoi pensieri giudicò dignità della sedia apostolica, che la solenne abiurazione si facesse con autorità d'un suo delegato; e volto l'animo a trovar persona, che fosse gradita e riputata dalla reina, le sovvenne Luca Olstenio canonico di S. Pietro, e primo custode della libreria vaticana, uomo, che nato ancor egli fra luterani in Amburgo, con la luce tratta dalla lezione de' santi padri erasi in gioventù condotto alla fede; e ricevuto nella famiglia del cardinal Barberino a tempo d'Urbano aveane poi sempre continuato il servigio, finchè ultimamente da Innocenzo era stato eletto a quelli nobil custodia; ed avendo perseverato con assiduo studio in arricchir l'intelletto delle lettere sì umane, come divine, numeravasi fra i più eruditi uomini che avesse l'Italia. E come tale avevalo amato papa Alessandro sin dalla fortuna minore, ed onorato con dirizzargli una delle sue poesie, che tra i versi del Filomato si legge alle stampe. Or parimente Cristina, siccome vaga di pigliar conoscenza de' più dotti uomini dell'età sua, vi avea passata qualche corrispondenza di lettere molti anni avanti. A lui dunque fu delegato dal papa quel ministerio con ingiugnerli, che preso altro colore della partenza, andasse sollecitamente in Inspruck, a trovare o ad aspettare la reina. E per assicurarsi il papa, ch'ella non procedesse all'abiurazione innanzi alla giunta dell'Olstenio, il quale per debolezza di corpo non potea correre a gran giornate, fu da lui spedito il Malines, che antivenisse, e prenunziasse alla reina la mession dell'Olstenio, e l'ordine ch'egli portava.

Non andarono molti giorni che divulgossi in Roma per infinite lettere la volontà della reina, poco già dissimulata da lei, onde volle il Pontefice apprestare a tempo le accoglienze. E però veduti i cerimoniali, e gli esempi, e trovatosi, che secondo questi doveansi mandare a riceverla su i confini quattro prelati, o de' vescovi assistenti alla cappella pontificia, o degli uditori della Ruota, o de' cherichi della Camera, scelse del primo grado Annibale Bentivoglio arcivescovo di Tebe, e Luca Torrigiani arcivescovo di Ravenna. Per gli altri due si rivolse a cherici come a più facoltosi, e manco necessarii in lor tribunale, che gli Uditori; e ne prese Innico Caraccioli, ed Alessandro Cesarini: tutti e quattro illustri; il primo per la nobiltà del sangue, e per la memoria fresca, ed onoratissima del cardinal Guido suo zio, e oltre a ciò noto alle provincie settentrionali per aver egli portato il cappello in tempo d'Urbano al cardinal... di Polonia. Il secondo per la sua chiesa, che è tra le prime d'Italia, e che anche il rendea principe d'imperio. Il terzo, e il quarto per le famiglie assai principali e rinomate; l'una fra le napoletane, e l'altra fra le romane. Venne dato loro dal papa il titolo di nunzii, quantunque ciò non si richiedesse a norma del cerimoniale, il che fu creduto mera soprabbondanza d'affetto per onorar la reina; ma la più vera cagione fu perchè d'altro modo non arebbono preceduto all'ambasciador Pimentelli, e così la loro assistenza nel viaggio non sarebbe stata con pieno decoro della sedia apostolica. Per legati deputò il pontefice due cardinali, ma dell'infimo ordine, cioè de' diaconi, acciò che rimanesse luogo di maggior onoranza quando venisse reina di maggior condizione, come quella di Francia, o quella di Spagna, alle quali manderebbonsi della classe de' preti, o de' vescovi: ma fra diaconi elesse tali, che ne' pregi del sangue erano i più splendidi di tutto il collegio, e il cui splendore potea specialmente dare negli occhi della reina. Questi furono il cardinal Giancarlo de' Medici fratello del gran duca, e figliuolo d'una sorella dell'imperador Ferdinando secondo, e il cardinal Federico d'Assia cugino della stessa reina, essendo ambidue generati da due figliuole dell'elettore di Brandeburgo. Questi legati doveano andarle incontro per una mezza giornata vicino a Roma, e quivi condurla; non però furon essi allora proposti nel concistoro, siccome de' legati suol farsi, indugiandosi a fin d'aspettare, che la reina si rendesse palesemente cattolica, e siccome tale scrivesse lettere di sommessione al pontefice; ma convenne anticipatamente avvisarli acciocchè facessero i convenienti apparecchi a quella sontuosa funzione.

E tanto più sollecitamente Alessandro ciò adoperava, quanto più sempre intendeva, che la reina lungi da ogni agio feminile affrettava a tutto potere il viaggio. Ella sul fin d'ottobre giunta ad Inspruck trovò quivi il Malines, che le significò a nome del papa, in mano di chi dovesse pubblicamente abiurare, al che si rimise con ogni ossequio; e sopravvenuto l'Olstenio, si fece a tre di novembre nella chiesa memorabile azione, alla quale, per accrescer solennità, non volle passar la reina per un privato corritoio dal palazzo alla chiesa, come soglion que' principi, che l'avean a tal fine addobbato di magnifiche tappezzerie, ma per la pubblica piazza: solo ricusò di recarle splendore con le pompe del proprio corpo, avvisandosi di maggiormente adornarla coll'abito disadorno. Andovvi dunque con una semplice veste nera, e volendo le cameriere fregiarla di molte gioje, appesa al collo una croce di cinque grossi diamanti, disse: «ciò basta»; mostrando che sol nella croce di Gesù Cristo si gloriava. Pervenuta in chiesa, e condotta processionalmente all'altare in mezzo de' due fratelli arciduchi fece la profession della fede romana (ove contiensi virtualmente l'abiurazione) con voce alta, e con le ginocchia piegate avanti all'Olstenio, che sedeva, e teneva la berretta in testa, rogandosi pubblici notai di tutto quell'atto. Il qual atto si glorioso a Dio, e alla religione, come prima Carlo il maggior degli arciduchi signore d'Inspruck seppe doversi celebrare nella sua terra, mostronne giubilo immenso, e ordinò che se ne scolpisse un simulacro di bronzo da buono artefice, perchè rimanesse a perpetua memoria nella predetta chiesa, ove serbansi in simigliante materia le figure de' principi suoi antenati; e non meno allora che l'atto si fece, volle che fosse onorato col festivo sparamento di ben cinquanta artiglierie, oltre alle minori bombarde, e con trionfal sinfonia di tamburi, e di trombe. Ma più onorato rimase dal suono lietissimo, benchè flebile delle lagrime, e de' singulti, che s'udivano uscire in copia da una moltitudine immensa di circostanti per vedere umiliata alla fede cattolica quella persona, che poco anzi era la più spaventosa e poderosa in recarle abbassamento, e minacciarle esterminio: e ciò non per forza umana, ma vinti da lei mille ostacoli di forza contraria, non per interesse umano, ma con perdita di tre regni, e con dubbio d'avere a mendicare il sostentamento; opera, nella quale chi non ravvisa la mano onnipotente di Dio, non ha lume più che brutale.

With modernised spelling:

All'entrar poi di settembre fu presentata al pontefice dall'ambasciator di Spagna la lettera del re cattolico segnata sotto il dì secondo d'agosto. Era ella di quasi due pagine, tutta di carattere regio, e vi si esprimeva che lo stesso presentatore nulla saprebbe del contenuto. Significavasi in breve tutto il fatto della re[g]ina, nominandolo eroico; e 'l volere della medesima, ch'egli ne desse al pontefice la novella; onde e per la confidenza d'un tanto arcano, e per l'elezione di se in padrino di sì nobil rigenerazione, il re professavasi a lei sommamente obbligato. Appresso esponevasi il rispetto dell'indugio nella re[g]ina a pubblicarsi cattolica; e finalmente l'allegrezza del re in veder cominciarsi con auspici di tanta gloria il ben avventuroso pontificato d'Alessandro.

Fra tanto, poiché la re[g]ina dallo scritto del papa ebbe intesa la volontà di lui, rispose che ubbidirebbe alla cieca, ed avendo seco proposto d'incamminarsi a Roma sul principio dell'autunno, divisò, pervenuta che fosse ad Innsbruck, città austriaca (e dopo la quale non le conveniva passar più da terre d'eretici), far ciò che il pontefice le ordinava. Ed in esecuzione di questo si pose in cammino a' ventidue di settembre, conducendo seco il Pimentelli come ambasciatore del re cattolico, ed una corte assai numerosa composta in gran parte di Svezzesi eretici che avea seco tenuti sino a quell'ora, e de' quali per lo più s'andò ella poi sbrigando per via, ove le occorse il conte Raimondo Montecuccoli, general della cavalleria imperiale, il quale poi l'accompagnò fino a Roma.

E per quanto ella sfuggisse queste accoglienze d'onore, che a guisa de' gran carriaggi rendono più pomposo, ma insieme più tardo il cammino, fu per ogni luogo da' principi, e dalle città ricevuta con magnificenza pari alla grandezza non solo del suo nascimento, ma della sua fama. Il papa sentita la sua mossa, e i suoi pensieri giudicò dignità della sedia apostolica, che la solenne abiurazione si facesse con autorità d'un suo delegato; e volto l'animo a trovar persona, che fosse gradita e riputata dalla re[g]ina, le sovvenne Luca Olstenio, canonico di San Pietro e primo custode della Libreria Vaticana, uomo, che nato ancor egli fra luterani in Amburgo, con la luce tratta dalla lezione de' Santi Padri erasi in gioventù condotto alla fede; e ricevuto nella famiglia del cardinal Barberino a tempo d'Urbano aveane poi sempre continuato il servigio, finchè ultimamente da Innocenzo era stato eletto a quelli nobil custodia; ed avendo perseverato con assiduo studio in arricchir l'intelletto delle lettere sì umane, come divine, numeravasi fra i più eruditi uomini che avesse l'Italia.

E come tale avevalo amato papa Alessandro sin dalla fortuna minore, ed onorato con dirizzargli una delle sue poesie, che tra i versi del Filomato si legge alle stampe. Or parimente Cristina, siccome vaga di pigliar conoscenza de' più dotti uomini dell'età sua, vi avea passata qualche corrispondenza di lettere molti anni avanti. A lui dunque fu delegato dal papa quel ministerio con ingiugnerli, che preso altro colore della partenza, andasse sollecitamente in Innsbruck, a trovare o ad aspettare la re[g]ina. E per assicurarsi il papa ch'ella non procedesse all'abiurazione innanzi alla giunta dell'Olstenio, il quale per debolezza di corpo non potea correre a gran giornate, fu da lui spedito il Malines, che antivenisse, e prenunziasse alla re[g]ina la mession dell'Olstenio, e l'ordine ch'egli portava.

Non andarono molti giorni che divulgossi in Roma per infinite lettere la volontà della re[g]ina, poco già dissimulata da lei, onde volle il pontefice apprestare a tempo le accoglienze. E però veduti i cerimoniali e gli esempi e trovatosi, che secondo questi doveansi mandare a riceverla su i confini quattro prelati, o de' vescovi assistenti alla Cappella Pontificia, o degli uditori della Rota, o de' cherichi della Camera, scelse del primo grado Annibale Bentivoglio, arcivescovo di Tebe, e Luca Torrigiani, arcivescovo di Ravenna. Per gli altri due si rivolse a cherici come a più facoltosi, e manco necessari in lor tribunale, che gli uditori; e ne prese Innico Caraccioli, ed Alessandro Cesarini.

Tutti e quattro illustri; il primo per la nobiltà del sangue, e per la memoria fresca, ed onoratissima del cardinal Guido, suo zio, e oltre a ciò noto alle provincie settentrionali per aver egli portato il cappello in tempo d'Urbano al cardinal... di Polonia. Il secondo per la sua chiesa, che è tra le prime d'Italia, e che anche il rendea principe d'imperio. Il terzo, e il quarto per le famiglie assai principali e rinomate; l'una fra le napoletane, e l'altra fra le romane. Venne dato loro dal papa il titolo di nunzi, quantunque ciò non si richiedesse a norma del cerimoniale, il che fu creduto mera soprabbondanza d'affetto per onorar la re[g]ina; ma la più vera cagione fu perché d'altro modo non arebbono preceduto all'ambasciator Pimentelli, e così la loro assistenza nel viaggio non sarebbe stata con pieno decoro della Sedia Apostolica.

Per legati deputò il pontefice due cardinali, ma dell'infimo ordine, cioè de' diaconi, acciò che rimanesse luogo di maggior onoranza quando venisse re[g]ina di maggior condizione, come quella di Francia o quella di Spagna, alle quali manderebbonsi della classe de' preti, o de' vescovi; ma fra diaconi elesse tali, che ne' pregi del sangue erano i più splendidi di tutto il Collegio, e il cui splendore potea specialmente dare negli occhi della re[g]ina. Questi furono il cardinal Giancarlo de' Medici, fratello del gran duca e figliuolo d'una sorella dell'imperator Ferdinando secondo, e[d] il cardinal Federico d'Assia, cugino della stessa re[g]ina, essendo ambidue generati da due figliuole dell'elettore di Brandeburgo.

Questi legati doveano andarle incontro per una mezza giornata vicino a Roma, e quivi condurla; non però furon essi allora proposti nel Concistoro, siccome de' legati suol farsi, indugiandosi a fin d'aspettare, che la reina si rendesse palesemente cattolica, e siccome tale scrivesse lettere di sommessione al pontefice; ma convenne anticipatamente avvisarli acciocché facessero i convenienti apparecchi a quella sontuosa funzione.

E tanto più sollecitamente Alessandro ciò adoperava, quanto più sempre intendeva, che la re[g]ina lungi da ogni agio feminile affrettava a tutto potere il viaggio. Ella sul fin d'ottobre giunta ad Innsbruck trovò quivi il Malines, che le significò a nome del papa, in mano di chi dovesse pubblicamente abiurare, al che si rimise con ogni ossequio; e sopravvenuto l'Olstenio, si fece a tre di novembre nella chiesa memorabile azione, alla quale, per accrescer solennità, non volle passar la re[g]ina per un privato corritoio dal palazzo alla chiesa, come soglion que' principi, che l'avean a tal fine addobbato di magnifiche tappezzerie, ma per la pubblica piazza; solo ricusò di recarle splendore con le pompe del proprio corpo, avvisandosi di maggiormente adornarla coll'abito disadorno.

Andovvi dunque con una semplice veste nera, e volendo le cameriere fregiarla di molte gioie, appesa al collo una croce di cinque grossi diamanti, disse: «ciò basta»; mostrando che sol nella croce di Gesù Cristo si gloriava. Pervenuta in chiesa, e condotta processionalmente all'altare in mezzo de' due fratelli arciduchi fece la profession della fede romana (ove contiensi virtualmente l'abiurazione) con voce alta, e con le ginocchia piegate avanti all'Olstenio, che sedeva, e teneva la berretta in testa, rogandosi pubblici notai di tutto quell'atto.
Il qual atto si glorioso a Dio e alla religione, come prima Carlo il maggior degli arciduchi signore d'Innsbruck seppe doversi celebrare nella sua terra, mostronne giubilo immenso, e ordinò che se ne scolpisse un simulacro di bronzo da buono artefice, perchè rimanesse a perpetua memoria nella predetta chiesa, ove serbansi in simigliante materia le figure de' principi suoi antenati; e non meno allora che l'atto si fece, volle che fosse onorato col festivo sparamento di ben cinquanta artiglierie, oltre alle minori bombarde, e con trionfal sinfonia di tamburi, e di trombe.

Ma più onorato rimase dal suono lietissimo, benché flebile delle lagrime e de' singulti, che s'udivano uscire in copia da una moltitudine immensa di circostanti per vedere umiliata alla fede cattolica quella persona, che poco anzi era la più spaventosa e poderosa in recarle abbassamento, e minacciarle esterminio; e ciò non per forza umana, ma vinti da lei mille ostacoli di forza contraria, non per interesse umano, ma con perdita di tre regni, e con dubbio d'avere a mendicare il sostentamento; opera, nella quale chi non ravvisa la mano onnipotente di Dio, non ha lume più che brutale.

French translation (my own):

Au début du mois de septembre, la lettre du roi catholique, marquée le deuxième jour du mois d'août, fut présentée au pontife par l'ambassadeur d'Espagne. Il faisait près de deux pages, entièrement de caractère royal, et s'exprimait de telle manière que le présentateur lui-même n'en savait rien du contenu. Tout l'acte de la reine fut brièvement expliqué, le nommant héroïque, et son désir qu'il en donne la nouvelle au pontife, par quoi, à la fois pour la confiance d'un tel secret et pour l'élection de lui-même comme parrain d'une si noble régénération, le roi se déclara extrêmement obligé envers elle. Ensuite, le respect de la reine pour le retard pris à devenir catholique fut expliqué; et enfin la joie du roi de voir commencer sous de si glorieux auspices l'aventureux pontificat d'Alexandre.

Cependant, comme la reine avait compris par ses écrits les vœux du pape, elle répondit qu'elle obéirait aveuglément, et lui ayant proposé de partir pour Rome au début de l'automne, elle se sépara, arrivée à Innsbruck, ville autrichienne (et  après quoi il ne lui convenait plus de traverser les terres des hérétiques), pour faire ce que le Pontife lui avait ordonné de faire. Et pour cela elle partit le 22 septembre, emmenant avec elle Pimentel comme ambassadeur du roi catholique, et une cour très nombreuse composée en grande partie de Suédois hérétiques qu'elle avait gardés avec elle jusqu'alors et quelques-unes qu'elle avait pour la plupart parcourues en toute hâte en cours de route, où elle fut accueillie par le comte Raimond Montecuccoli, général de la cavalerie impériale, qui l'accompagna ensuite à Rome.

Et bien qu'elle ait échappé à ces réceptions d'honneur qui, comme les grands carrosses, rendent le voyage plus pompeux et en même temps plus lent, elle fut partout reçue par les princes et par les villes avec une magnificence égale à la grandeur non seulement de sa naissance, mais aussi de sa renommée. Le Pape, l'ayant entendu demander, et ayant jugé dans sa pensée la dignité du Siège Apostolique, que l'abjuration solennelle serait faite avec l'autorité d'un de ses délégués; et se tourna vers quelqu'un qui était apprécié et respecté par la reine, Luc Holstenius, chanoine de Saint-Pierre et premier gardien de la Bibliothèque du Vatican, un homme qui était aussi né parmi les luthériens de Hambourg et qui, avec la lumière attirée des leçons des Saints Pères, avait été conduit à la foi dans sa jeunesse; et reçus dans la famille du cardinal Barberini à l'époque d'Urbain, ils avaient ensuite toujours continué son service, jusqu'à ce qu'il ait finalement été élu à sa noble garde par Innocent; et ayant persévéré avec des études assidues à enrichir son intellect de lettres humaines et divines, il se comptait parmi les hommes les plus érudits que l'Italie ait eu.

Et comme tel, le pape Alexandre l'avait aimé depuis sa moindre fortune, et l'avait honoré en lui adressant un de ses poèmes, qu'on peut lire imprimé parmi les vers du Philomathe. De même, Christine, désireuse de connaître les hommes les plus instruits de son âge, l'avait transmis une correspondance écrite plusieurs années auparavant. Le pape lui délégua donc ce ministère, lui enjoignant, prenant une autre couleur à son départ, de se rendre promptement à Innsbruck pour retrouver ou attendre la reine. Et pour assurer le pape qu'elle ne procéderait pas à l'abjuration avant l'arrivée d'Holstenius, qui, à cause de la faiblesse de son corps, ne pouvait courir pendant de longues journées, Malines fut envoyé par lui pour venir en avance et annoncer à la reine la mission de Holstenius et l'ordre qu'il a apporté.

Peu de jours s'écoulèrent avant que le souhait de la reine, à peine caché, soit fait connaître à Rome par d'innombrables lettres. Le pape voulut donc préparer son accueil à temps. Et donc, après avoir vu les cérémoniaux et les exemples et constaté que selon ces quatre prélats devaient être envoyés pour la recevoir aux frontières, soit des évêques assistants de la Chapelle Pontificale, soit des auditeurs de la Rote, soit des clercs de la Chambre, elle choisit au premier degré Hannibal Bentivoglio, archevêque de Thèbes, et Luc Torrigiani, archevêque de Ravenne. Pour les deux autres, il s'adressait aux clercs comme étant plus riches et moins nécessaires à leur tribunal que les auditeurs; et prit Innico Caraccioli et Alexandre Cesarini.

Tous les quatre illustres; le premier pour la noblesse du sang, et pour la mémoire fraîche et très honorée du cardinal Guido, son oncle, et en outre connu dans les provinces du nord pour avoir apporté le chapeau au temps d'Urbain au cardinal... de Pologne. La seconde pour son église, qui est parmi les premières d'Italie, et qui l'a aussi fait prince de l'empire. Le troisième et le quatrième par des familles très importantes et renommées; l'un chez les Napolitains et l'autre chez les Romains. Le pape leur a donné le titre de nonces, bien que cela ne soit pas exigé selon les normes cérémoniales, ce qui était considéré comme un simple excès d'affection pour honorer la reine; mais la raison la plus vraie était que, sans cela, ils n'auraient pas précédé l'ambassadeur Pimentel, et donc leur aide dans le voyage n'aurait pas été conforme au décorum du Siège Apostolique.

Le pontife nomma deux cardinaux comme légats, mais de l'ordre le plus bas, c'est-à-dire des diacres, afin que ce lieu reste un lieu plus honorable lorsqu'une reine de plus haut statut viendrait, comme celle de France ou celle d'Espagne, à laquelle l'on enverrait la classe des prêtres, ou des évêques; mais parmi les diacres, il choisit ceux qui étaient les plus brillants dans le sang de tout le Collège, et dont la splendeur pouvait surtout briller aux yeux de la reine. Il s'agissait du cardinal Jean-Charles de Médicis, frère du grand-duc et fils d'une sœur de l'empereur Ferdinand II, et du cardinal Frédéric de Hesse, cousin de la reine elle-même, tous deux engendrés par deux filles de l'électeur de Brandebourg.

Ces légats devaient la rencontrer pendant une demi-journée près de Rome et l'y conduire; cependant, elles n'étaient pas alors proposées au Consistoire, comme il est d'usage chez les légats, en attendant que la reine se fasse clairement catholique, et en tant que telle, elle écrive des lettres de soumission au pontife; mais elle accepta de les prévenir à l'avance afin qu'ils puissent prendre les dispositions nécessaires pour cette somptueuse réception.

Et Alexandre en usait d'autant plus promptement qu'il comprenait que la reine, loin de toute aise féminine, accélérait le voyage autant qu'elle le pouvait. Fin octobre, elle arriva à Innsbruck et y trouva Malines, qui lui signifia au nom du pape entre les mains duquel elle dut abjurer publiquement, sur quoi elle se soumit avec tous les égards; et quand Holstenius arriva, le 3 novembre, une action mémorable eut lieu dans l'église, au cours de laquelle, pour augmenter la solennité, la reine ne voulut pas passer par un couloir privé du palais à l'église, comme le faisait le roi.  coutume de ces princes qui la faisaient si finement orner de magnifiques tapisseries, mais près de la place publique; elle seule refusait de s'apporter de la splendeur avec la pompe de son propre corps, prenant soin de s'adorner davantage de sa robe desadornée.

Elle s'y rendit donc vêtue d'une simple robe noire, et, voulant que ses femmes de chambre la décorent de nombreux bijoux, une croix de cinq gros diamants pendait à son cou. Elle dit: «cela suffit», montrant que ce n'est que dans la croix de Jésus-Christ qu'elle s'est glorifiée. Arrivée à l'église et conduite en procession à l'autel entre les deux frères archiducs, elle fit la profession de foi romaine (où l'abjuration est pratiquement incluse) à voix haute et les genoux pliés devant Holstenius, assis et il a tenu le chapeau sur sa tête, interrogeant les notaires publics sur tout cet acte.

Cet acte, si glorieux pour Dieu et pour la religion, qu'avant Charles, le plus grand des archiducs, seigneur d'Innsbruck, savait qu'il devait être célébré dans sa patrie, manifesta une immense jubilation et ordonna qu'un simulacre de bronze soit sculpté par un bon artisan, afin qu'il reste en mémoire perpétuelle dans l'église susmentionnée, où les figures de ses ancêtres sont conservées dans un matériau similaire; et ce n'était pas moins que l'acte était accompli, il voulait qu'il soit honoré par le tir festif d'au moins cinquante pièces d'artillerie, en plus des bombardements plus petits, et par une symphonie triomphale de tambours et de trompettes.

Mais il était plus honoré par le bruit très joyeux, quoique faible, des larmes et des sanglots qu'on entendait en grand nombre sortir d'une immense multitude de ceux qui l'entouraient pour voir cette personne humiliée envers la foi catholique, qui en fait était la plus  effrayant et puissant dans le monde, pour les faire tomber et menacer leur extermination; et cela non par la force humaine, mais après avoir ainsi surmonté mille obstacles de force contraire, non par l'intérêt humain, mais avec la perte de trois royaumes, et avec le doute de devoir mendier sa subsistance; une œuvre dans laquelle ceux qui ne reconnaissent pas la main toute-puissante de Dieu n'ont qu’une lumière brutale.

Swedish translation (my own):

I början av september överlämnades brevet från den katolske konungen markerat under den andra dagen i augusti för påven av den spanske ambassadören. Det var nästan två sidor lång, helt och hållet av kunglig karaktär, och det uttryckte sig på ett sådant sätt att presentatoren själv inte skulle veta något om innehållet. Drottningens hela gärning förklarades kortfattat och kallades heroisk, och hennes önskan att han skulle ge nyheten om den till påven, varvid både för förtroendet för en sådan hemlighet och för valet av sig själv till gudfader för en så ädel förnyelse, konungen bekände sig vara högst skyldig mot henne. Därefter förklarades drottningens respekt för förseningen med att bli katolik; och slutligen konungens glädje över att se Alexanders äventyrliga pontifikat börja med sådana härliga auspicier.

Emellertid, eftersom drottningen hade förstått påvens önskemål från hans skrivelse, svarade hon att hon skulle lyda blint, och efter att ha föreslagit att hon skulle bege sig till Rom i början av hösten, delade hon sig, efter att ha nått Innsbruck, en österrikisk stad (och varefter det inte längre var lämpligt för henne att passera genom kättarnas länder), för att göra vad påven hade befallt henne att göra. Och som verkställande av detta begav hon sig den tjugoandra september och tog med sig Pimentel som den katolske konungens ambassadör och ett mycket talrikt hov bestående till stor del av kätterska svenskar som hon hade hållit hos sig fram till den tiden, och några som hon för det mesta hade skyndade sig längs vägen, där hon möttes av greve Raimondo Montecuccoli, general för det kejserliga kavalleriet, som sedan följde med henne till Rom.

Och ehuru hon undgick dessa hedersmottagningar, som likt de stora karosserna göra resan pompösare men samtidigt långsammare, mottogs hon överallt av furstarna och av städerna med storhet lika stor som inte bara hennes börd, men ock som hennes berömmelse. Påven, efter att ha hört hennes rörelse och i sina tankar bedömt Apostoliska Stolens värdighet, att det högtidliga avsvärjelsen skulle göras med auktoritet av en av hans delegater; och vändande sig till att finna någon som uppskattades och respekterades av drottningen, Lucas Holstenius, kanoniken för Peterskyrkan och förste vårdnadshavare för Vatikanbiblioteket, en man som också föddes bland lutheraner i Hamburg och som med ljuset draget från de Heliga Fädernas lärdomar, hade förts till tron ​​i sin ungdom; och mottogs i kardinal Barberinis familj vid Urbans tid, de hade sedan alltid fortsatt hans tjänst, tills han slutligen blivit vald till sin adliga vårdnad av Innocentius; och efter att ha beflitat sig med ihärdiga studier för att berika sitt intellekt med både mänskliga och gudomliga lettres, räknade han sig själv till de mest lärda män som Italien hade.

Och som sådan hade påven Alexander älskat honom sedan hans mindre fortun, och hedrat honom genom att rikta en av hans dikter till honom, som kan läsas i tryck bland Filomatens verser. Nu hade likaledes Kristina, då hon längtade efter att lära känna de mest lärda männen i sin ålder, många år förut lämnat någon brevkorrespondens till honom. Påven delegerade därför den tjänsten till honom och uppmanade honom att, med en annan färg i sin avgång, omedelbart skulle åka till Innsbruck för att finna eller vänta på drottningen. Och för att försäkra påven att hon inte skulle fortsätta att avvärja innan Holstenius ankomst, som på grund av kroppssvaghet inte kunde springa under långa dagar, sändes Malines av honom att komma i förväg och meddela drottningen Holstenius' uppdrag och den beställning han förde.

Det gick inte många dagar innan drottningens önskan, som hon knappt hade dolt, blev känd i Rom genom otaliga brev, så påven ville förbereda hennes välkomst i tid. Och därför, efter att ha sett ceremonierna och exemplen och funnit att enligt dessa fyra prelater borde sändas för att ta emot henne på gränserna, antingen från de biträdande biskoparna i det påvliga kapellet, eller från revisorerna i Rotan, eller från prästerna av Kammaren valde hon av första graden Annibale Bentivoglio, ärkebiskop av Thebe, och Luca Torrigiani, ärkebiskop av Ravenna. För de andra två tilltalade han prästerna som mer förmögna och mindre nödvändiga i deras tribunal än revisorerna; och tog Innico Caraccioli och Alessandro Cesarini.

Alla fyra illustra; den första för blodets adel, och för det färska och mest ärade minnet av kardinal Guido, hans onkel, och dessutom känd för de norra provinserna för att ha fört chapeauen på Urbans tid till kardinal... av Polen. Den andra för hans kyrka, som är bland de första i Italien, och som också gjorde honom till furste av imperiet. Den tredje och den fjärde av mycket viktiga och välkända familjer; en bland napolitanerna och den andra bland romarna. De fick titeln nuntier av påven, även om detta inte krävdes enligt de ceremoniella normerna, vilket ansågs vara en ren överdriven tillgivenhet för att hedra drottningen; men den sannaste anledningen var därför att de annars inte skulle ha föregått ambassadör Pimentel, och därför skulle deras hjälp på resan inte ha varit med Apostoliska Stolens fulla dekorum.

Påven utnämnde två kardinaler till legater, men av den lägsta ordningen, det vill säga av diakoner, så att det skulle förbli en plats av större heder när en drottning av högre status kom, såsom den i Frankrike eller den i Spanien, till vilken klassen av präster skulle skickas, eller av biskoparna; men bland diakonerna utvalde han sådana, som var de praktfullaste i hela Kollegiets blod, och hvilkas prakt särskilt kunde lysa i drottningens ögon. Dessa var kardinal Giancarlo de' Medici, bror till storhertigen och son till en syster till kejsar Ferdinand II, och kardinal Friedrich av Hessen, kusin till drottningen själv, båda var far till två döttrar till kurfursten av Brandenburg.

Dessa legater skulle träffa henne en halv dag nära Rom och föra henne dit; dock föreslogs de inte då i Konsistoriet, som är vanligt med legater, väntande tills drottningen gjorde sig klart katolik, och som sådan skrev hon underkastelsebrev till påven; men hon gick med på att meddela dem i förväg så att de kunde göra lämpliga arrangemang för den överdådiga funktionen.

Och Alexander använde detta desto snabbare ju mer han förstod att drottningen, långt ifrån någon kvinnlig lätthet, påskyndade resan så mycket hon kunde. I slutet av oktober anlände hon till Innsbruck och fann där Malines, som undertecknade henne i påvens namn, i vars händer hon offentligt måste avvärja sig, varpå hon underkastade sig med all respekt; och när Holstenius anlände, den tredje november, ägde en minnesvärd aktion rum i kyrkan, vid vilken drottningen för att öka högtidligheten inte ville gå genom en privat korridor från slottet till kyrkan, som bland andra sed hos de furstar, som hade det så fint dekorerat med praktfulla gobelänger, men vid det allmänna torget; hon ensam vägrade att med sin egen kropps prakt bringa prakt till sig själv, och passade på att smycka sig mer med sin osmyckade klänning.

Så hon gick dit i en enkel svart klänning, och eftersom hon ville att hennes kammarpigor skulle dekorera henne med många juveler, hängde ett kors av fem stora diamanter runt hennes hals. Hon sade: »det räcker«, vilket visar att hon ärade bara i Jesu Kristi kors. Efter att ha anlänt till kyrkan och i procession lett till altaret mellan de två bröderna ärkehertigar, gjorde hon bekännelsen av den romerska tron ​​(där abjuration praktiskt taget ingår) med hög röst och med böjda knän framför Holstenius, som satt och höll hatten på huvudet och frågade notarier om hela den handlingen.

Denna handling, så ärorisk för Gud och religionen, som innan Karl, den störste av ärkehertigarna, herren av Innsbruck, visste att den borde firas i hans hemland, visade ett enormt jubel och beordrade att en bronssimulacrum skulle skulpteras av en god hantverkare, så att den skulle finnas kvar i evigt minne i den förutnämnda kyrkan, där hans förfäders gestalter finns bevarade i liknande material; och inte mindre än att dådet var utfört, ville han att det skulle hedras med festlig avfyring av så många som femtio artilleri, förutom de mindre bombardementen, och med en triumfsymfoni av trummor och trumpeter.

Men han var mer hedrad av det mycket glada, om än svaga, ljudet av tårar och snyftningar som kunde höras komma ut i mängder från en enorm mängd av omgivningen för att se den personen ödmjukad inför den katolska tron, som faktiskt var den mest skrämmande och mäktig i världen, för att fälla dem och hota deras utrotning; och detta inte genom mänsklig kraft, utan genom att ha övervunnit tusen hinder av motsatt kraft, inte av mänskligt intresse, utan med förlusten av tre riken, och med tvivel om att behöva tigga om hennes försörjning; ett verk där de som inte känner igen Guds allsmäktige hand inte har mer än brutalt ljus.

English translation (my own):

At the beginning of September, the letter from the Catholic King marked under the second day of August was presented to the Pontiff by the Spanish ambassador. It was almost two pages long, entirely of a royal character, and it expressed itself in such a way that the presenter himself would know nothing of the content. The Queen's whole deed was briefly explained, calling it heroic, and her desire for him to give the news of it to the Pontiff, whereby both for the confidence of such a secret, and for the election of himself as godfather of so noble a regeneration, the King professed himself supremely obliged to her. Next, the Queen's respect for the delay in becoming Catholic was explained; and finally the King's joy in seeing Alexander's adventurous pontificate begin with such glorious auspices.

Meanwhile, as the Queen had understood the Pope's wishes from his writing, she replied that she would obey blindly, and having proposed with her to set out for Rome at the beginning of autumn, she divided, having reached Innsbruck, an Austrian city (and after which it was no longer appropriate for her to pass through the lands of heretics), to do what the Pontiff had ordered her to do. And, in execution of this, she set out on the twenty-second of September, taking with her Pimentel as ambassador of the Catholic King, and a very numerous court composed largely of heretical Swedes whom she had kept with her up to that time, and some which she mostly had went hurrying along the way, where she was met by Count Raimondo Montecuccoli, General of the Imperial Cavalry, who then accompanied her to Rome.

And although she escaped these receptions of honour, which, like the great carriages, make the journey more pompous but at the same time slower, she was received everywhere by the princes and by the cities with magnificence equal to the greatness not only of her birth, but of her fame. The Pope, having heard her move, and having in his thoughts judged the dignity of the Apostolic See, that the solemn abjuration should be made with the authority of one of his delegates; and turning his mind to finding someone who was appreciated and respected by the Queen, Lucas Holstenius, the canon of St. Peter's and first custodian of the Vatican Library, a man who was also born among Lutherans in Hamburg and who, with the light drawn from the lessons of the Holy Fathers, had been led to the faith in his youth; and received into the family of Cardinal Barberini at the time of Urban, they had then always continued his service, until finally he had been elected to his noble custody by Innocent; and having persevered with assiduous study in enriching his intellect with both human and divine letters, he numbered himself among the most erudite men that Italy had.

And as such Pope Alexander had loved him since his lesser fortune, and honoured him by directing one of his poems to him, which can be read in print among the verses of the Philomath. Now likewise Kristina, as she longed to get to know the most learned men of her age, had passed on some letter correspondence to him many years before. The Pope therefore delegated that ministry to him, enjoining him that, taking another colour in his departure, he should promptly go to Innsbruck to find or wait for the Queen. And so as to assure the Pope that she would not proceed to abjure before the arrival of Holstenius, who, due to weakness of body, was unable to run for long days, Malines was sent by him to come in advance and announce to the Queen the mission of Holstenius, and the order he brought.

Not many days went by before the Queen's wish, which she had barely concealed, was made known in Rome through countless letters, so the Pope wanted to prepare her welcome in time. And therefore, having seen the ceremonials and the examples and found that according to these four prelates should be sent to receive her on the borders, either from the assistant bishops of the Pontifical Chapel, or from the auditors of the Rota, or from the clerics of the Chamber, she chose of the first degree Annibale Bentivoglio, archbishop of Thebae, and Luca Torrigiani, archbishop of Ravenna. For the other two he addressed the clerics as more wealthy, and less necessary in their tribunal, than the auditors;  and took Innico Caraccioli and Alessandro Cesarini.

All four illustrious; the first for the nobility of the blood, and for the fresh and most honoured memory of Cardinal Guido, his uncle, and furthermore known to the northern provinces for having brought the chapeau in the time of Urban to the Cardinal... of Poland. The second for his church, which is among the first in Italy, and which also made him prince of the empire. The third, and the fourth by very important and renowned families; one among the Neapolitans, and the other among the Romans. They were given the title of nuncios by the Pope, although this was not required according to the ceremonial norms, which was believed to be a mere excess of affection to honour the Queen; but the truest reason was because otherwise they would not have preceded ambassador Pimentel, and thus their assistance on the journey would not have been with the full decorum of the Apostolic See.

The Pontiff appointed two cardinals as legates, but of the lowest order, that is, of deacons, so that it would remain a place of greater honour when a queen of greater status came, such as that of France or that of Spain, to which the class of priests would be sent, or of the bishops; but among the deacons, he chose such as were the most splendid in the blood of the whole College, and whose splendour was especially able to shine in the eyes of the Queen. These were Cardinal Giancarlo de' Medici, brother of the Grand Duke and son of a sister of the Emperor Ferdinand II, and Cardinal Friedrich of Hesse, cousin of the Queen herself, both being fathered by two daughters of the Elector of Brandenburg.

These legates were to meet her for half a day near Rome, and take her there; however, they were not then proposed in the Consistorium, as is usual with legates, waiting until the Queen made herself clearly Catholic, and as such she wrote letters of submission to the Pontiff; but she agreed to notify them in advance so that they could make the appropriate arrangements for that sumptuous function.

And Alexander used this all the more promptly the more he understood that the Queen, far from any feminine ease, was speeding up the journey as much as she could. At the end of October she arrived in Innsbruck and found Malines there, who signified to her in the name of the Pope, into whose hands she had to publicly abjure, whereupon she submitted herself with every respect; and when Holstenius arrived, on the third of November, a memorable action took place in the church, at which, in order to increase solemnity, the Queen did not want to pass through a private corridor from the palace to the church, as was the custom of those princes who had it at such finely decorated with magnificent tapestries, but by the public square; she alone refused to bring splendour to herself with the pomp of her own body, taking care to adorn herself more with her unadorned dress.

So she went there in a simple black dress, and, wanting her chambermaids to decorate her with many jewels, a cross of five large diamonds hung around her neck. She said: "that is enough", showing that only in the cross of Jesus Christ did she glory. Having arrived at the church and led in procession to the altar between the two brother Archdukes, she made the profession of the Roman faith (where abjuration is virtually included) with a loud voice, and with her knees bent in front of Holstenius, who sat and held the hat on his head, asking public notaries of that whole act.

This act, so glorious to God and to religion, as before Karl, the greatest of the archdukes, Lord of Innsbruck, knew it should be celebrated in his homeland, showed immense jubilation, and ordered that a bronze simulacrum be sculpted by a good craftsman, so that it would remain in perpetual memory in the aforementioned church, where the figures of his ancestors are preserved in similar material; and no less than that the deed was done, he wanted it to be honoured with the festive firing of as many as fifty artillery, in addition to the smaller bombardments, and with a triumphal symphony of drums and trumpets.

But he was more honoured by the very happy, albeit feeble, sound of tears and sobs that could be heard coming out in copious numbers from an immense multitude of those around to see that person humbled to the Catholic faith, which in fact was the most frightening and powerful in the world, to bring them down and threaten their extermination; and this not by human force, but having thereby overcome a thousand obstacles of contrary force, not by human interest, but with the loss of three kingdoms, and with the doubt of having to beg for her sustenance; a work in which those who do not recognise the almighty hand of God have no more than brutal light.

Notes: Svezzesi = Svedesi.

Cardinal Friedrich of Hesse = the Landgrave of Hesse-Darmstadt. He was born and raised a Lutheran, but converted to Catholicism, became a cardinal in 1652, and was appointed Crown-cardinal of Austria. He was the son of Landgrave Ludwig V of Hesse Darmstadt and his wife Magdalene of Brandenburg, who in turn was the daughter of Johann Georg, the elector of Brandenburg. Magdalena's nephew, through her brother Joachim Friedrich, was the elector Johann Sigismund, the father of Kristina's mother Maria Eleonora, thereby making Friedrich Kristina's first cousin twice removed.

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