Sources:
Mémoires concernant Christine, reine de Suède, volume 4, page 291, compiled and edited by Johan Arckenholtz, 1760
Kristina: Brev och skrifter, edited by Marie Louise Renata Rodén, translated by Cecilia Huldt and Viveca Melander, published by Svenska Akademien, 2006
Above: Kristina.
"The Ancient Arms of Sweden (L'arma antica della Svezia) occupies a special position among Kristina's literary works. It is the only longer text she wrote in the Italian language, and it is also her last work, from 1687. In terms of content, the text is closely related to the memoirs. It is clear that late in life Kristina often reflected on Sweden's history and her and the Vasa dynasty's role in it. In the 1680s, Commentariorum de rebus Suecicis libri XXVI, by Samuel von Pufendorf (1632-94), was published; it was completed in 1683 but was not printed until 1686. The present text seems to be partly a reaction to Pufendorf's work, as Kristina wanted to refute certain misconceptions of a historian who in the text is only mentioned as 'the author'..."
The essay:
Esplicazione dello Stemma Gentilizio di Suezia.
Il Manipolo d'oro è certo l'Arma antica della Suezia, e chi lo dice, non s'inganna: mà è anche vero, ch'è l'Arma antica della Real Casa Gustaviana, cosi chiamata in Suezia, da poi che ne uscirono dei Rè, poiche prima le famiglie, secondo l'antica usanza di Suezia, non havevano cognome alcuno, mà si chiamavano Tal di Tale, essendo la Gustaviana da tempo immemorabile di nazione pura Suedese, e non forastiera, come son molte altre famiglie di Suezia.
Il cognome di WASA è stato imposto poi da' Tedeschi, e Polacchi nei tempi più moderni, che vuoi dire Manipolo.
A questa famiglia, come ad altre, che la fortuna hà essaltate, non sono mancate favolose Genealogie, mà senza entrare in cantasavole, si può dire con verità, che sia stata trà le antichissime e nobilissime in Suezia molto tempo prima che ne diventassero Rè, e che anco in istato privato habbia havuto comuni le Armi col Regno, come si può provare da molti antichi monumenti rimasti in Suezia nelle Sepolture degli antichi della medesima Casa Gustaviana in molti luoghi: se questa poi sia per grazia, o concessione, o altrimente, non si sà.
Vi è però chi crede, che l'Arma antica di questa Real Casa fossero le trè Corone, e che il Manipolo d'oro fosse più moderno: mà al contrario è certo, che le trè Corone sono l'Arma più moderna, ed il Manipolo d'oro la più antica alla Corona: Mà comunque si sia è indubitato, che l'una e l'altra insegna sono state usate vicendevolmente dal Rè di Suezia, e dalla famiglia Gustaviana, essendo ancora in istato privato, come si può provare con antichissimi documenti.
Si crede bene, che siccome la Suezia era prima Regno Elettivo, cosi habbia variato molte volte le sue Arme, e siano anche confuse con quelle delle Gotie, che da molti secoli non si sono mai divise dalla Suezia. Mà come questa Nazione hà fatto sempre più professione d'Armi che di Lettere, hà perciò trascurato molte cose di questa sorte: onde non se n'hanno le notizie si chiare, ne si certe, massime, che tante rivoluzioni di domini e diversità di governi, alle quali è stata sogetta in tempo che il Regno era elettivo, hanno cagionate varie mutazioni non solo nelle Arme, mà anco nelle Leggi e ne' costumi, sin al tempo che cominciò a regnare la Casa Gustaviana, che fù prima che possedesse jure hæreditario questo Regno. Sicche non è maraviglia, che si vedano tante varietà negli autori, di quali non sempre distinguono i tempi ed i secoli, facendo però grand'errori in molte cose anco più essenziali che non sono le notizie delle arme, e de' loro colori.
Oltre che, sendo questo Regno cosi diviso dall'altro mondo, haveva i suoi affari ed interessi si separati dalle altre Nazioni, che a pena si sono fatti conoscere, e ciò non è stato che per via delle armi, colle quali hanno inquietato se stessi, e gli altri in modo, che le notizie delle cose loro sono state o scarse, o per lo più molto alterate da' loro Emoli, e Nemici, da' quali i Suedesi sono stati superati spesso con le parole, mà rare volte con le opere.
L'Autore però parlando delle guerre fatte trà la Suezia, e la Danimarca per la pretensione delle trè Corone negli ultimi Secoli, dice, che cagionarono gran danni a queste due Corone: mà chi leggerà le historie del Nort, trouerà, che i Danesi, eccenttuata la tirannia ch'essercitarono sopra la Suezia nel tempo del Rè Christiano chiamato il Tiranno, non hanno havuto mai nessun vantaggio sopra i Suedesi, anzi che questi hanno triomfato sempre sopra i Danesi: ne vi è altro Rè di Danimarca, che il presente CRISTIANO V. che possa vantarsi d'haver riportato mai alcun vantaggio sopra la Suezia. L'arbitraggio poi, del quale parla l'autore, fù messo in mano alle Città anseatiche per eterna vergogna delle due Corone del Nort, la simplicità e le barbarie, delle quali fece che consentissero ambedue ad una tal viltà: ma poi queste povere Città l'hanno pagata, perche in questo nostro Secolo sono state quasi tutte ridotte sotto l'ubbidienza della Suezia, e chi vive ancora si ricorderà quando sono state occupate.
Ritornando all'Arma, certo è che la Suezia hà usata quella del Manipolo d'oro, ed anco quella delle trè Corone in diversi Secoli.
Il Manipolo però si crede che sia l'Arma vera della Suezia.
Il Lione delle due Gotie.
Vi è pure un'altro Lione che l'inquartava il Rè GIOVANNI III. ch'è di Finlandia: non si sà però di certo qual veramente spetti a ciascuna: mà non si mette in dubbio, che il Manipolo d'oro, e le trè Corone siano comuni, come si è detto, al Regno ed alla famiglia Gustaviana, anche prima che cominciasse a regnare: e questo è certissimo.
Il manipolo d'oro era anticamente in campo nero, e GUSTAVO lo muto in azzurro, quando fù fatto Rè, il quale uni, ed inquartò le trè Corone ed il Manipolo d'oro nelle sue Arme, come hanno seguitato a fare poi tutt' i suoi Successori sino alla Regina CHRISTINA, la quale usò solo le Arme moderne della Suezia e Gotia, e levò il Manipolo, servendosene solo nel Sigillo della Camera, e negli ultimi anni del suo Regno usò anche le trè Corone sole: e dopo haver dato il Regno a CARLO GUSTAVO prese per se il Manipolo, per distinguersi da tutti gli altri Rè, essendo questa Arma unicamente sua, e quella delle trè Corone in quel tempo comune si alla Suezia, che alla Pologna ed alla Danimarca: e fece questo, perche il Manipolo non fosse levato da gli altri, havendo havuto sin dà primi anni 'l pensiero risoluto di mutar Religione, e però di non maritarsi mai.
Havrebbe potuto la Regina far pigliar le sue Arme ed il suo cognome al Rè CARLO GUSTAVO, mà havendo havuto sempre in sommo disprezzo simili bagatelle, non vi pensò mai: e benche ne fosse supplicata dall'istesso Rè a fargli questo honore, non volle consentirvi, dicendogli la Regina, che quando sarebbe stato Rè ventiquatro hore, il cognome, e la Casa Palatina sarebbe tanto buona quanto la Gustaviana, e che a lei nulla importava della Casa sua: che desiderava bensi, che rendesse eterna, se fosse possibile, la gloria e la felicità del Regno, poiche altra Casa non conosceva in questo mondo, che quella sola.
Le trè Corone sono sempre state in campo azzurro, eccetto che una volta in una divisione del Regno, del quale si disputava per doppia elettione, ed ambidue gli eletti presero le trè Corone per Arma, mà l'uno in campo rosso, e l'altro in azzurro, e credesi che questi fossero della Casa Real Gustaviana; mà non sen'hà certa notizia. Tuttavia vi è chi dice, che prima di GUSTAVO siano stati altri Rè di questa Casa, e particolarmente vi è chi crede, che il Rè S. ERICO fosse della medesima famiglia, del che però si lascia la verità a suo luogo.
L'Eletto che prese le trè Corone, e prima del Manipolo, portava in campo azzurro trè barre d'oro, non d'argento, perche gli antichi ed immemorabili colori della Suezia sono sempre stati azzurro ed oro: e questa è la ragione perche si vedano queste barre ed i Lioni col manipolo, le quali sono state poi trasmutate in argento, forse per lo scrupolo delle regole d'Armeria, che non ammettono oro sopra oro. Altri dicono per esprimere i trè famosi laghi della Suezia, mà chi scrive, crede che i forastieri, e particolarmente i Polacchi habbiano guaste le arme con mutar i colori a lor capriccio.
La Materia del Manipolo, chi dice che sia di Spighe, chi di graminia, chi di palme, chi di lino, ed è che si trova diversamente espresso: mà certo è che sempre è stato il manipolo d'oro.
Il Rè GUSTAVO non fù chiamato da' Popoli, come suppone l'Autore, poiche essendo egli in ostaggio in Danimarca sene fuggi in Allemagna, di là, dopo molto tempo, ritorno in Suezia per mare, fuggendo cosi la Danimarca, per la quale gli sarebbe convenuto necessariamente passare, se fosse andato d'Allemagna in Suezia per terra. Si tenne nascosto per uno spazio di tempo nella provincia di Dallia, ove si fece Capotruppa de' malcontenti d'ogni sorte di gente, indi cominciò a poco a poco ad azzuffarsi co' Danesi con somma sua fortuna, e crebbe tanto il suo partito, che alla fine liberò la sua Patria dall'oppressione de' Danesi, e cacciò dal Regno il Rè CHRISTIANO, chiamato in Suezia il Tiranno: onde acquistò tanto merito colla sua Nazione, che di consenso comune fù dichiarato Rè, e fù lui, e non GIOVANNI, che fece il Regno hereditario nella sua famiglia masculina, chiamata da lui Gustaviana. Concesse, in memoria di questa sua gloria e fortuna, grandi i speciali privilegj alla provincia di Dallia, quali hà goduto sin tanto che durarono i suoi successori, e gli furono accresciuti dal Rè GUSTAVO ADOLPHO, e dalla Regina CHRISTINA.
Il Rè CARLO IX. Padre del predetto Rè GUSTAVO ADOLPHO, dopo haver scacciato il Rè SIGISMONDO suo Nipote dal Regno, lo rese hereditario anche nelle femine, in mancanza della linea mascolina, escluse però le femine meritate, e la loro descendenza: e questa Costituzione fù fatta dal medemo Rè CARLO IX. a Norkopino l'anno 1604. ch'è una delle leggi fondamentali del Regno.
Il caso avenne poi nella persona di CHRISTINA, che successe alla Corona dopo la morte del Rè GUSTAVO ADOLPHO suo Padre, il qual haveva di gia, sua vita durante, fatto prestarle homaggio nel 1627. come dice l'Autore in virtù della sudetta Costituzione del Rè CARLO IX. suo Padre.
Si deve però avertire l'Autore, ch'è falsissimo, che l'anno 1633. fosse fatto decreto a favor di CHRISTINA, poiche dal tempo che le fù prestato homaggio, vivente il Rè suo Padre, fu riconosciuta per Herede, e dopo la di lui morte, per Regina da tutto il Regno; il che fù fatto del 1633.
Molto piu falso è che in quell'anno fosse stato determinato, che mancando la Regina CHRISTINA, havesse da succedere la Casa Palatina, ed i figli del Principe GIOVANNI CASIMIRO Palatino, non essendosi mai pensato in Suezia a tal cosa, e sarebbe stato lapidato, chi havesse havuto ardire di sognaria, nè durante la minorità si poteva fare, nè pensare tal'attentato, anzi questo supporto è tanto lontano dal vero, che molte volte, nella minorità, il Senato e la Regenza di Suezia sono stati sul punto di cacciare dal Regno il Palatino con tutt' i suoi figli: il che in tanto non fù esseguito, in quanto la Corona gli doveva una grossa somma di danari per la dote della moglie, e le guerre non gli permettevano all'hora di pagargliela.
Entrata la Regina CHRISTINA nella sua maggiorità, dichiarò subito la guerra alla Danimarca, mà sene sbrigò presto presto con somma sua gloria e felicità, e stabili le sue conquiste fatte sopra quella Corona con una pace gloriosa ed avantaggiosa a se, ed al suo Regno: Fù questa guerra che diede campo al Principe Palatino CARLO GUSTAVO suo Cugino di segnalar il suo valore, e far conoscere i suoi talenti alla Regina, poiche servendo egli nella sua armata in Allemagna di Capitano di Cavalleria, fù spedito dal Torstenson, che la comandava allora come Maresciallo, e Luogotenente della Regina, per render conto alla Maestà sua dell'operato suo, e ricever i suoi ordini: havendo la Regina sentito le relazioni del Principe, e conosciuto in lui talenti e valore, vi pose la mira come a soggetto che le parve adequato al dissegno ch'ella haveva di stabilir al Regno nella di lui persona una nuova successione, poiche non si poteva sperar da lei, per esser risoluta di non meritarsi mai, come s'è detto di sopra. Onde lo spedi di nuovo con ordini necessarj al Medemo Torstenson, e gli diede un regimento di Cavalleria Tedesca nella stessa armata, e gli fece molte altre grazie.
Dopò uno Spazio di tempo, continuando il detto Principe a segnalar il suo valore, lo dichiatò, nella sua assenza, suo Successore, in caso della sua morte, ed a questa successione stentò assai a far consentire il Senato, e gli Stati. Questo fù fatto nell'anno 1649.
Essendo il Principe di ritorno in Suezia per ringraziar la Regina del favore che gli haveva fatto, lo rimandò di nuovo con dodici milla huomini in Allemagna, e lo dichiarò suo Luogotenente Generale Generalissimo in Allemagna, richiamando il Torstenson in Suezia, e questo fù fatto del 1648. di primavera; mà la pace fatta coll'Imperio fini questa spedizione. Hebbe poi ordine, e plenipotenza il Principe sudetto dalla Regina a trattar, e conchiudere il Trattato dell'Essecuzione per parte della Regina col Principe PICOLOMINI Pienipontenzario dell'Imperatore a questo effetto, e cosi restò senza altro comando.
Continuò poi la Regina a governar come prima, conservando sin' all'ultimo momento la sua suprema autorità, la quale fù posseduta da lei maggiore, e più assoluta di quella che ogn'altro Rè suo Predessore havesse havuta mai: il che è noto a tutta la Suezia, che la Maestà sua si rese in quel tempo gloriosa, triomfante, e formidabile per mare, e per terra a l'Europa tutta, e conciuse finalmente quella Pace di Westfalia si gloriosa a lei, ed al suo Regno, quanto ogn'uno sà. Onde dal Regno le fù decretato il cognome d'Augusta, e l'arco triomfale con la sequente Inscrizzione:
OPT. MAX. PRINC.
REGINAE. CHRISTINAE. AUG.
SUECIA SUA. FELIX; VICTRIX, TRIUMPHANS.
D. D.
In mezzo a queste gloriose attioni, illuminata da Dio fini di connoscere con Salomone: quod omnia vanitas; e sentendosi chiamata alla gloria di professare a tanto suo costo la verità della fede Cattolica, per esseguire un si gran pensiero, e non mancar nè a Dio, nè a se, nè al suo Regno, dichiarò il Principe Carlo Gustavo, e i di lui Descendenti mascolini Rè di Suezia suoi Successori nell'anno 1654. che contando doppo la sua Maggiorità fù il decimo del suo Regno, e l'auge della sua gloria e fortuna, riservandosi intiera ed illesa la Sovranità, nella quale Iddio l'haveva fatta nascere, per poter con libertà, senza recar disturbo al suo Regno, professar la verità della nostra S. fede: come pòi fece quando venne a Roma.
Il Rè CARLO GUSTAVO, per dar qualche contrasegno dell'immenso obligo suo verso la Regina CHRISTINA, fece stampar una Medaglia che fù la sua prima con questo motto: A DEO ET CHRISTINÆ, e mise ne' suoi primi Diplomi: CAROLUS GUSTAVUS Dei et Christinæ gratia Rex &c., e lo poteva dire con somma ragione e verità, sapendo egli molto bene, quanto sudor, e fatica haveva costato alla Regina il metterlo sul Trono: e si stentò nè primi passi che fece la Maestà sua in favor del detto Principe, sà Iddio, e lo sà la Suezia tutta, quanto sudor e fatica costasse alla Regina di compir questa grand'Opera, poiche fù esseguita contro la volontà di tutti gli Stati del Regno quasi, sin' all'ultimo momento, e tutto l'Inferno s'armò in quell'occasione contro la risoluzione della Regina, e oppose da una parte quanto di lusinghe l'ambizione, la gloria e la fortuna possanò formare in un'animo grande, e nobile: e dall'altra lo spavento con quanto di formidabile può, e deve temersi dalla prudenza humana in un cimento si terribile, dove si trattava dell'intiero sagrifizio della sua gloria, della sua fortuna, e per cosi dire, di tutto l'esser suo. Mà Iddio benedetto la fortificò a tal segno con la sua grazia, che con una constanza più heroica superò tutte le difficoltà ed ostacoli, e si fece ubbidir per l'ultima volta. "E si riputa a particolar providenza del Sigr. Iddio, il qual volle per mano della Regina CHRISTINA incoronare il Rè CARLO GUSTAVO, come in molto occasioni hà confessato l'istesso: e chi diversamente racconta questo fatto, offende Dio ch'è l'istessa verità, e fà torto ad ambidue Rè, CHRISTINA e CARLO GUSTAVO."
Si vorrebbe far levar quelle monete antiche di Suezia che cita l'Autore, ed in particolare la Medaglia della Regina CHRISTINA, Madre del Rè GUSTAVO il grande citate dall'autore, perche sono barbare, e non servono a niente.
Si deve notare che i titoli di Rè o Regina dissegnati che si trovano nelle monete del Rè GUSTAVO, e della Regina CHRISTINA sono termini usati anticamente nel tempo della Minorità, e ciò è necessario che si sappia dall'autore, come anco, che il presente Rè non si chiama CARLO GUSTAVO, mà semplicemente CARLO.
With modernised spelling:
Esplicazione dello Stemma Gentilizio di Svezia
Il Manipolo d'oro è certo l'Arma antica della Svezia, e chi lo dice non s'inganna; mà è anche vero ch'è l'Arma antica della Real Casa Gustaviana, così chiamata in Svezia, da poi che ne uscirono dei re, poiché prima le famiglie, secondo l'antica usanza di Svezia, non avevano cognome alcuno, mà si chiamavano Tal di Tale, essendo la Gustaviana da tempo immemorabile di nazione pura svedese e non forastiera, come son molte altre famiglie di Svezia.
Il cognome di Vasa è stato imposto poi da' Tedeschi e Polacchi nei tempi più moderni, che vuoi dire Manipolo.
A questa famiglia, come ad altre che la fortuna hà essaltate, non sono mancate favolose genealogie, mà senza entrare in cantafavole, si può dire con verità che sia stata trà le antichissime e nobilissime in Svezia molto tempo prima che ne diventassero re, e che anco in istato privato abbia avuto comuni le Armi col Regno, come si può provare da molti antichi monumenti rimasti in Svezia nelle sepolture degli antichi della medesima Casa Gustaviana in molti luoghi; se questa poi sia per grazia, o concessione, o altrimente, non si sà.
Vi è però chi crede che l'Arma antica di questa Real Casa fossero le trè Corone, e che il Manipolo d'oro fosse più moderno; mà al contrario è certo che le trè Corone sono l'Arma più moderna, ed il Manipolo d'oro la più antica alla Corona. Mà comunque si sia è indubitato che l'una e l'altra insegna sono state usate vicendevolmente dal Re di Svezia e dalla famiglia Gustaviana, essendo ancora in istato privato, come si può provare con antichissimi documenti.
Si crede bene che siccome la Svezia era prima regno elettivo, così abbia variato molte volte le sue Arme, e siano anche confuse con quelle delle Gotie, che da molti secoli non si sono mai divise dalla Svezia. Mà come questa Nazione hà fatto sempre più professione d'Armi che di lettere, hà perciò trascurato molte cose di questa sorte. Onde non se n'hanno le notizie si chiare, ne si certe, massime che tante rivoluzioni di domini e diversità di governi, alle quali è stata sogetta in tempo che il Regno era elettivo, hanno cagionate varie mutazioni non solo nelle Arme, mà anco nelle leggi e ne' costumi, sin al tempo che cominciò a regnare la Casa Gustaviana, che fù prima che possedesse jure hæreditario questo Regno. Sicche non è maraviglia che si vedano tante varietà negli autori, di quali non sempre distinguono i tempi ed i secoli, facendo però grand'errori in molte cose anco più essenziali che non sono le notizie delle arme e de' loro colori.
Oltre che, sendo questo Regno cosi diviso dall'altro mondo, aveva i suoi affari ed interessi si separati dalle altre Nazioni, che a pena si sono fatti conoscere, e ciò non è stato che per via delle armi, colle quali hanno inquietato se stessi, e gli altri in modo, che le notizie delle cose loro sono state o scarse, o per lo più molto alterate da' loro Emoli e Nemici, da' quali i Svedesi sono stati superati spesso con le parole, mà rare volte con le opere.
L'autore però parlando delle guerre fatte trà la Svezia e la Danimarca per la pretensione delle trè Corone negli ultimi secoli, dice, che cagionarono gran danni a queste due Corone; mà chi leggerà le historie del Nort troverà che i Danesi, eccenttuata la tirannia ch'essercitarono sopra la Svezia nel tempo del Re Cristiano, chiamato il Tiranno, non hanno avuto mai nessun vantaggio sopra i Svedesi, anzi che questi hanno trionfato sempre sopra i Danesi. Ne vi è altro Re di Danimarca che il presente Cristiano V che possa vantarsi d'aver riportato mai alcun vantaggio sopra la Svezia. L'arbitraggio poi, del quale parla l'autore, fù messo in mano alle Città anseatiche per etterna vergogna delle due Corone del Nort, la simplicità e le barbarie, delle quali fece che consentissero ambedue ad una tal viltà. Mà poi queste povere Città l'hanno pagata, perché in questo nostro secolo sono state quasi tutte ridotte sotto l'ubbidienza della Svezia, e chi vive ancora si ricorderà quando sono state occupate.
Ritornando all'Arma, certo è che la Svezia hà usata quella del Manipolo d'oro, ed anco quella delle trè Corone in diversi secoli.
Il Manipolo però si crede che sia l'Arma vera della Svezia.
Il Leone delle due Gotie.
Vi è pure un'altro Leone che l'inquartava il Re Giovanni III ch'è di Finlandia, non si sà però di certo qual veramente spetti a ciascuna. Mà non si mette in dubbio che il Manipolo d'oro e le trè Corone siano comuni, come si è detto, al Regno ed alla famiglia Gustaviana, anche prima che cominciasse a regnare; e questo è certissimo.
Il Manipolo d'oro era anticamente in campo nero, e Gustavo lo muto in azzurro, quando fù fatto Re, il quale uni, ed inquartò le trè Corone ed il Manipolo d'oro nelle sue Arme, come hanno seguitato a fare poi tutt' i suoi Successori sino alla Regina Cristina, la quale usò solo le Arme moderne della Svezia e Gotia, e levò il Manipolo, servendosene solo nel Sigillo della Camera, e negli ultimi anni del suo Regno usò anche le trè Corone sole. E dopo aver dato il Regno a Carlo Gustavo prese per se il Manipolo, per distinguersi da tutti gli altri Re, essendo questa Arma unicamente sua, e quella delle trè Corone in quel tempo comune si alla Svezia, che alla Pologna ed alla Danimarca; e fece questo, perché il Manipolo non fosse levato da gli altri, avendo avuto sin dà primi anni 'l pensiero risoluto di mutar Religione, e però di non maritarsi mai.
Avrebbe potuto la Regina far pigliar le sue Arme ed il suo cognome al Re Carlo Gustavo, mà avendo avuto sempre in sommo disprezzo simili bagatelle, non vi pensò mai; e benche ne fosse supplicata dall'istesso Re a fargli questo onore, non volle consentirvi, dicendogli la Regina, che quando sarebbe stato Re ventiquatro ore, il cognome, e la Casa Palatina sarebbe tanto buona quanto la Gustaviana, e che a lei nulla importava della Casa sua; che desiderava bensi, che rendesse eterna, se fosse possibile, la gloria e la felicità del Regno, poiché altra Casa non conosceva in questo mondo, che quella sola.
Le trè Corone sono sempre state in campo azzurro, eccetto che una volta in una divisione del Regno, del quale si disputava per doppia elezione, ed ambidue gli eletti presero le trè Corone per Arma, mà l'uno in campo rosso e l'altro in azzurro, e credesi che questi fossero della Casa Real Gustaviana; mà non sen'hà certa notizia. Tuttavia vi è chi dice, che prima di Gustavo siano stati altri Re di questa Casa, e particolarmente vi è chi crede che il Rè Santo Erico fosse della medesima famiglia, del che però si lascia la verità a suo luogo.
L'Eletto che prese le trè Corone, e prima del Manipolo, portava in campo azzurro trè Barre d'oro, non d'argento, perche gli antichi ed immemorabili colori della Svezia sono sempre stati azzurro ed oro; e questa è la ragione perche si vedano queste barre ed i Leoni col Manipolo, le quali sono state poi trasmutate in argento, forse per lo scrupolo delle regole d'Armeria, che non ammettono oro sopra oro. Altri dicono per esprimere i trè famosi laghi della Svezia, mà chi scrive crede che i forastieri, e particolarmente i Polacchi, abbiano guaste le Arme con mutar i colori a lor capriccio.
La materia del Manipolo, chi dice che sia di Spighe, chi di graminia, chi di palme, chi di lino, ed è che si trova diversamente espresso; mà certo è che sempre è stato il Manipolo d'oro.
Il Re Gustavo non fù chiamato da' Popoli, come suppone l'Autore, poiché essendo egli in ostaggio in Danimarca sene fuggi in Alemagna, di là, dopo molto tempo, ritorno in Svezia per mare, fuggendo così la Danimarca, per la quale gli sarebbe convenuto necessariamente passare, se fosse andato d'Alemagna in Svezia per terra. Si tenne nascosto per uno spazio di tempo nella provincia di Dalia, ove si fece Capotruppa de' malcontenti d'ogni sorte di gente, indi cominciò a poco a poco ad azzuffarsi co' Danesi con somma sua fortuna, e crebbe tanto il suo partito che alla fine liberò la sua Patria dall'oppressione de' Danesi, e cacciò dal Regno il Re Cristiano, chiamato in Svezia il Tiranno. Onde acquistò tanto merito colla sua Nazione che di consenso comune fù dichiarato Re, e fù lui, e non Giovanni, che fece il Regno ereditario nella sua famiglia masculina, chiamata da lui Gustaviana. Concesse, in memoria di questa sua gloria e fortuna, grandi i speciali privilegi alla provincia di Dalia, quali hà goduto sin tanto che durarono i suoi successori, e gli furono accresciuti dal Re Gustavo Adolfo e dalla Regina Cristina.
Il Re Carlo IX, Padre del predetto Re Gustavo Adolfo, dopo aver scacciato il Re Sigismondo, suo Nipote, dal Regno, lo rese ereditario anche nelle femine in mancanza della linea mascolina, escluse però le femine meritate e la loro descendenza; e questa Costituzione fù fatta dal medemo Re Carlo IX a Norrköping l'anno 1604, ch'è una delle leggi fondamentali del Regno.
Il caso avenne poi nella persona di Cristina, che successe alla Corona dopo la morte del Re Gustavo Adolfo, suo Padre, il qual aveva di già, sua vita durante, fatto prestarle omaggio nel 1627 come dice l'Autore in virtù della sudetta Costituzione del Re Carlo IX, suo Padre.
Si deve però avertire l'Autore ch'è falsissimo che l'anno 1633 fosse fatto decreto a favor di Cristina, poiché dal tempo che le fù prestato omaggio, vivente il Re suo Padre, fu riconosciuta per Erede, e dopo la di lui morte per Regina da tutto il Regno; il che fù fatto del 1633.
Molto più falso è che in quell'anno fosse stato determinato, che mancando la Regina Cristina, avesse da succedere la Casa Palatina ed i figli del Principe Giovanni Casimiro Palatino, non essendosi mai pensato in Svezia a tal cosa, e sarebbe stato lapidato, chi avesse avuto ardire di sognaria, nè durante la minorità si poteva fare, nè pensare tal'attentato, anzi questo supporto è tanto lontano dal vero, che molte volte, nella minorità, il Senato e la Regenza di Svezia sono stati sul punto di cacciare dal Regno il Palatino con tutt' i suoi figli; il che in tanto non fù esseguito, in quanto la Corona gli doveva una grossa somma di danari per la dote della moglie e le guerre non gli permettevano all'ora di pagargliela.
Entrata la Regina Cristina nella sua maggiorità, dichiarò subito la guerra alla Danimarca, mà sene sbrigò presto presto con somma sua gloria e felicità, e stabili le sue conquiste fatte sopra quella Corona con una pace gloriosa ed avantaggiosa a se, ed al suo Regno. Fù questa guerra che diede campo al Principe Palatino Carlo Gustavo, suo Cugino, di segnalar il suo valore e far conoscere i suoi talenti alla Regina, poiché servendo egli nella sua armata in Alemagna di Capitano di Cavalleria, fù spedito dal Torstensson, che la comandava allora come Maresciallo e Luogotenente della Regina, per render conto alla Maestà Sua dell'operato suo e ricever i suoi ordini.
Avendo la Regina sentito le relazioni del Principe e conosciuto in lui talenti e valore, vi pose la mira come a soggetto che le parve adequato al dissegno ch'ella aveva di stabilir al Regno nella di lui persona una nuova successione, poiché non si poteva sperar da lei per esser risoluta di non meritarsi mai, come s'è detto di sopra. Onde lo spedi di nuovo con ordini necessari al medemo Torstensson, e gli diede un regimento di Cavalleria tedesca nella stessa armata e gli fece molte altre grazie.
Dopò uno spazio di tempo, continuando il detto Principe a segnalar il suo valore, lo dichiatò, nella sua assenza, suo Successore, in caso della sua morte, ed a questa successione stentò assai a far consentire il Senato e gli Stati. Questo fù fatto nell'anno 1649.
Essendo il Principe di ritorno in Svezia per ringraziar la Regina del favore che gli aveva fatto, lo rimandò di nuovo con dodici milla uomini in Alemagna e lo dichiarò suo Luogotenente Generale Generalissimo in Alemagna, richiamando il Torstensson in Svezia, e questo fù fatto del 1648 di primavera; mà la pace fatta coll'Imperio fini questa spedizione. Ebbe poi ordine e plenipotenza il Principe sudetto dalla Regina a trattar e conchiudere il Trattato dell'Essecuzione per parte della Regina col Principe Piccolomini, Pienipontenzario dell'Imperatore, a questo effetto, e così restò senza altro comando.
Continuò poi la Regina a governar come prima, conservando sin' all'ultimo momento la sua suprema autorità, la quale fù posseduta da lei maggiore, e più assoluta di quella che ogn'altro Re suo Predessore avesse avuta mai, il che è noto a tutta la Svezia, che la Maestà Sua si rese in quel tempo gloriosa, trionfante, e formidabile per mare e per terra a l'Europa tutta, e conciuse finalmente quella Pace di Westfalia si gloriosa a lei, ed al suo Regno, quanto ogn'uno sà. Onde dal Regno le fù decretato il cognome d'Augusta, e l'arco trionfale con la sequente Inscrizione:
OPT. MAX. PRINC.
REGINÆ. CHRISTINÆ. AUG.
SUECIA SUA. FELIX; VICTRIX, TRIUMPHANS.
D. D.
In mezzo a queste gloriose azioni, illuminata da Dio fini di conoscere con Salomone quod omnia vanitas; e sentendosi chiamata alla gloria di professare a tanto suo costo la verità della fede Cattolica, per esseguire un si gran pensiero, e non mancar nè a Dio, nè a se, nè al suo Regno, dichiarò il Principe Carlo Gustavo, e i di lui Descendenti mascolini Re di Svezia suoi Successori nell'anno 1654 che contando doppo la sua Maggiorità fù il decimo del suo Regno, e l'auge della sua gloria e fortuna, riservandosi intiera ed illesa la Sovranità, nella quale Iddio l'aveva fatta nascere, per poter con libertà, senza recar disturbo al suo Regno, professar la verità della nostra Santa fede, come pòi fece quando venne a Roma.
Il Re Carlo Gustavo, per dar qualche contrasegno dell'immenso obligo suo verso la Regina Cristina, fece stampar una Medaglia, che fù la sua prima, con questo motto: «A Deo et Christinæ», e mise ne' suoi primi Diplomi: «Carolus Gustavus, Dei et Christinæ gratia Rex, etc.», e lo poteva dire con somma ragione e verità, sapendo egli molto bene, quanto sudor, e fatica aveva costato alla Regina il metterlo sul Trono; e si stentò nè primi passi che fece la Maestà Sua in favor del detto Principe, sà Iddio, e lo sà la Svezia tutta, quanto sudor e fatica costasse alla Regina di compir questa grand'Opera, poiché fù esseguita contro la volontà di tutti gli Stati del Regno quasi, sin' all'ultimo momento, e tutto l'Inferno s'armò in quell'occasione contro la risoluzione della Regina, e oppose da una parte quanto di lusinghe l'ambizione, la gloria e la fortuna possanò formare in un'animo grande, e nobile; e dall'altra lo spavento con quanto di formidabile può e deve temersi dalla prudenza umana in un cimento si terribile, dove si trattava dell'intiero sacrifizio della sua gloria, della sua fortuna, e, per così dire, di tutto l'esser suo.
Mà Iddio benedetto la fortificò a tal segno con la sua grazia, che con una costanza più eroica superò tutte le difficoltà ed ostacoli, e si fece ubbidir per l'ultima volta. «E si riputa a particolar providenza del Signor Iddio, il qual volle per mano della Regina Cristina incoronare il Re Carlo Gustavo, come in molto occasioni hà confessato l'istesso; e chi diversamente racconta questo fatto offende Dio, ch'è l'istessa verità, e fà torto ad ambidue Re, Cristina e Carlo Gustavo.»
Si vorrebbe far levar quelle monete antiche di Svezia che cita l'Autore, ed in particolare la Medaglia della Regina Cristina, Madre del Re Gustavo il Grande citate dall'autore, perché sono barbare e non servono a niente.
Si deve notare che i titoli di Re o Regina dissegnati che si trovano nelle monete del Re Gustavo e della Regina Cristina sono termini usati anticamente nel tempo della Minorità, e ciò è necessario che si sappia dall'autore, come anco, che il presente Re non si chiama Carlo Gustavo, mà semplicemente Carlo.
French translation (my own):
Explication des Blasons Gentilices de la Suède.
La Gerbe d'Or est certainement l'ancienne arme de la Suède, et quiconque la dit ne se trompe pas; mais il est vrai aussi que ce sont l'anciennes arme de la Maison Royale Gustavienne, comme elle est appellée en Suède, dès lors que les rois en sont sortis, puisqu'avant cela les familles, selon l'ancienne coutume de la Suède, n'avaient pas de nom de famille, mais elles s'appelaient Ceci de Cela, la Gustavienne étant de tout temps d'une pure nation suédoise et non étrangère, comme beaucoup d'autres familles suédoises.
Le patronyme de Vasa a ensuite été imposé par les Allemands et les Polonais à une époque plus moderne, ce qui signifie «gerbe».
Cette famille, ainsi que d'autres que la fortune a exaltées, n'a pas manqué de généalogies fabuleuses, mais sans entrer dans les galimatias, on peut dire avec vérité qu'elle était parmi les plus anciennes et les plus nobles de Suède bien avant qu'ils ne deviennent rois, et que même dans un état privé, il partageait l'Arme avec le Royaume, comme en témoignent de nombreux monuments antiques laissés en Suède dans les sépultures des anciens de la même Maison Gustavienne en de nombreux endroits; si c'est par grâce, ou concession, ou autrement, on ne sait pas.
Cependant, il y a ceux qui croient que l'ancienne Arme de cette Maison Royale étaient les trois Couronnes et que la Gerbe d'Or était plus moderne; mais, au contraire, il est certain que les trois Couronnes sont l'Arme la plus moderne, et la Gerbe d'Or est plus ancienne que la Couronne. En tout cas, cependant, il ne fait aucun doute que les deux insignes ont été utilisés réciproquement par le Roi de Suède et par la famille Gustavienne, étant encore à l'état privé, comme le prouvent des documents très anciens.
On croit bien que, comme la Suède était auparavant un royaume électif, elle a varié ses armoiries plusieurs fois, et se confond également avec celles des Goths, qui ne se sont jamais séparés de la Suède depuis de nombreux siècles. Mais comme cette Nation a toujours fait plus profession des armes que des lettres, elle a donc négligé bien des choses de ce genre. Dès lors nous n'avons pas d'informations claires ou certaines, surtout que les nombreuses révolutions de dominions et la diversité des gouvernements, auxquelles il a été soumis à une époque où le Royaume était électif, ont provoqué diverses mutations non seulement dans les armes, mais aussi dans les lois et dans les coutumes, jusqu'au moment où commença à régner la Maison Gustavienne, qui était avant elle possédée jure hæreditario de ce Royaume. Il n'est donc pas étonnant que tant de variétés se voient dans les auteurs, dont ils ne distinguent pas toujours les époques et les siècles, faisant cependant de grandes erreurs dans beaucoup de choses encore plus essentielles que l'information sur les armes et leurs couleurs.
De plus, comme ce Royaume était si divisé du reste du monde, ses affaires et ses intérêts étaient séparés des autres Nations, qui se faisaient à peine connaître, et ce n'était que par voie d'Armes, dont elles s'inquiétaient elles-mêmes et les autres en de telle manière que les informations sur leurs affaires ont été soit rares, soit pour la plupart grandement altérées par leurs Émules et Ennemis, par lesquels les Suédois ont souvent été surpassés en paroles, mais rarement en actes.
Cependant, parlant des guerres menées entre la Suède et le Danemark pour la prétention des trois Couronnes dans les derniers siècles, l'auteur dit qu'elles ont causé de grands dommages à ces deux Couronnes; mais quiconque lit les Histoires du Nord trouvera que les Danois, à l'exception de la tyrannie qu'ils exerçaient sur la Suède du temps du roi Christian, appelé le Tyran, n'ont jamais eu aucun avantage sur les Suédois; en effet, que ces derniers ont toujours triomphé des Danois. Il n'y a pas non plus d'autre roi de Danemark que l'actuel Christian V qui puisse se vanter d'avoir jamais obtenu un avantage sur la Suède. L'arbitrage dont parle l'auteur fut alors placé entre les mains des Villes hanséatiques, à la honte éternelle des deux Couronnes du Nord, dont il fit consentir la simplicité et la barbarie à toutes deux pour consentir à une pareille lâcheté. Mais alors ces pauvres villes l'ont payé, parce qu'en ce siècle, elles ont presque toutes été soumises à l'obédience de la Suède, et celui qui vit encore se souviendra de l'époque où elles ont été occupées.
Revenant aux Armes, il est certain que la Suède a utilisé celle de la Gerbe d'Or, ainsi que celle des trois Couronnes, à des siècles différents.
La Gerbe, cependant, est considérée comme l'Arme véritable de la Suède.
Le Lion des deux Gothies.
Il y a aussi un autre Lion écartelé par le roi Jean III qui est de Finlande, mais on ne sait pas avec certitude lequel appartient vraiment à chacun. Mais il ne fait aucun doute que la Gerbe d'Or et les trois Couronnes sont communes, comme on l'a dit, au Royaume et à la famille Gustavienne, avant même qu'elle ne commence à régner; et c'est le plus certain.
La Gerbe d'Or était autrefois sur un champ noir, et Gustave l'a changée en azur lorsqu'il a été nommé Roi, qui a uni et écartelé les trois Couronnes et la Gerbe d'Or dans ses bras, comme ses Successeurs ont continué à le faire jusqu'à la Reine Christine, qui a utilisé seulement les Armes modernes de la Suède et de la Gothie, et leva la Gerbe, ne l'utilisant que dans le Sceau de la Chambre, et dans les dernières années de son Règne, elle utilisa également les trois Couronnes seules. Et après avoir donné le Royaume à Charles Gustave, elle prit la Gerbe pour elle-même, pour se distinguer de tous les autres Rois, cette Arme étant uniquement le sien, et celui des trois Couronnes alors communes à la Suède, à la Pologne et au Danemark; et elle a fait cela pour que la Gerbe ne soit pas séparée des autres, ayant eu dès ses premières années la pensée résolue de changer de religion, et donc de ne jamais se marier.
La Reine aurait pu faire prendre ses Armes et son nom de famille par le Roi Charles Gustave, mais ayant toujours eu le plus grand mépris pour de telles bagatelles, elle n'y a jamais pensé; et bien qu'elle ait été suppliée par le Roi lui-même de lui faire cet honneur, elle n'a pas voulu y consentir, la Reine lui disant que lorsqu'il serait Roi pendant vingt-quatre heures, son patronyme et la Maison Palatine valaient autant que la Gustavienne, et qu'elle ne se souciait pas de sa Maison; qu'elle désirait plutôt qu'il rendît éternels, s'il était possible, la gloire et le bonheur du Royaume, car elle ne connaissait d'autre Maison en ce monde que celle-là seule.
Les trois Couronnes ont toujours été sur un champ d'azur, sauf qu'une fois dans une division du Royaume, qui a été contestée par double élection, et les deux élus ont pris les trois Couronnes pour armes, mais l'une sur un champ rouge et l'autre en azur, et que l'on croit provenir de la Maison Royale Gustavienne; mais sans certaines informations. Cependant, il y a ceux qui disent qu'avant Gustave il y avait d'autres Rois de cette Maison, et particulièrement il y a ceux qui croient que le Roi Saint Eric était de la même famille, dont, cependant, la vérité est laissée à sa place.
L'Élu qui prit les trois Couronnes, et devant la Gerbe, eut sur le champ azur trois Barres d'or, non d'argent, car les couleurs anciennes et immémoriales de la Suède ont toujours été l'azur et l'or; et c'est la raison pour laquelle on voit ces barres et les Lions avec la Gerbe, qui ont ensuite été transmuées en argent, peut-être en raison du scrupule des règles de l'Armurerie, qui n'autorisent pas l'or sur l'or. D'autres disent qu'il exprime les trois lacs fameux de Suède, mais l'auteur croit que les étrangers, et particulièrement les Polonais, ont gâté les Armes en changeant les couleurs à leur guise.
La matière de la Gerbe, certains disent qu'elle est d'épis, d'autres de graminée, d'autres de palmiers, d'autres de lin, et c'est qu'elle s'exprime diversement; mais il est certain que cela a toujours été la Gerbe d'Or.
Le Roi Gustave n'a pas été appelé par le Peuple, comme le suppose l'Auteur, puisque, lui étant otage au Danemark, il s'enfuit en Allemagne de là; après un long temps, il retourna en Suède par mer, fuyant ainsi le Danemark, pour lequel il aurait fallu passer s'il était allé d'Allemagne en Suède par voie terrestre. Il se tint caché quelque temps dans la province de Dalécarlie, où il se fit commandant des mécontents de toutes sortes de gens, puis il commença peu à peu à combattre les Danois avec sa grande fortune, et son parti grandit tellement qu'à enfin il libéra son pays de l'oppression des Danois, et expulsa du royaume le Roi Christian, appelé en Suède le Tyran. Aussi acquit-il tant de mérite auprès de sa Nation, qu'il fut déclaré Roi d'un commun accord; et ce fut lui, et non Jean, qui rendit le royaume héréditaire dans sa famille masculine, appelée par lui la Gustavienne. En mémoire de sa gloire et de sa fortune, il accorda de grands privilèges spéciaux à la province de Dalécarlie, dont elle jouissit tant que durent ses successeurs, et qui furent augmentés par le Roi Gustave Adolphe et la Reine Christine.
Le Roi Charles IX, Père dudit Roi Gustave Adolphe, après avoir chassé le Roi Sigismond, son Neveu, du Royaume, l'a rendu héréditaire également chez la féminine en l'absence de la lignée masculine, excluant toutefois les femmes méritées et leurs descendants; et cette Constitution a été faite par le même Roi Charles IX à Norcoping en l'an 1604, qui est l'une des lois fondamentales du Royaume.
L'affaire eut alors lieu en la personne de Christine, qui succéda à la Couronne après la mort du Roi Gustave Adolphe, son Père, qui lui avait déjà, de son vivant, fait rendre hommage en 1627, comme le dit l'Auteur, en vertu de la Constitution précitée du Roi Charles IX, son Père.
Cependant, l'Auteur doit être averti qu'il est très faux qu'un décret ait été pris en l'an 1633 en faveur de Christine, car à partir du moment où l'hommage lui a été rendu, alors que son Père le Roi était vivant, elle a été reconnue comme Héritière, et après sa mort en tant que Reine de tout le Royaume; ce qui fut fait en 1633.
Beaucoup plus faux est que cette année-là, il avait été déterminé qu'en l'absence de la Reine Christine, la Maison Palatine et les fils du Prince Jean Casimir Palatin devaient réussir, car une telle chose n'avait jamais été pensée en Suède, et il aurait été lapidé qui aurait eu l'audace de rêver ou de penser à un tel attentat pendant la minorité; en effet, ce support est si éloigné de la vérité, que bien des fois, en minorité, le Sénat et la Régence de Suède furent sur le point d'expulser le Prince Palatin et tous ses enfants du Royaume; qui cependant ne fut exécuté, car la Couronne lui devait une grosse somme d'argent pour la dot de sa femme et les guerres ne lui permettaient pas de la payer à l'époque.
Lorsque la Reine Christine fut entrée dans sa majorité, elle immédiatement déclara la guerre au Danemark, mais elle s'en fut rapidement occupée à sa plus grande gloire et bonheur, et elle établit ses conquêtes faites sur cette Couronne avec une paix glorieuse et avantageuse pour elle-même et pour son Royaume. C'est cette guerre qui donna au Prince Palatin Charles Gustave, son Cousin, la champ pour signaler sa valeur et faire connaître ses talents à la Reine, alors qu'il servait dans son armée en Allemagne en tant que Capitaine de Cavalerie. Il fut envoyé par Torstensson, qui la commandait alors comme Maréchal et Lieutenant de la Reine, pour rendre compte de son œuvre à Sa Majesté et recevoir ses ordres.
Ayant entendu les rapports du Prince, et ayant connu ses talents et sa vaillance, la Reine jeta son dévolu sur lui comme un sujet qui lui paraissait adéquat pour le projet qu'elle avait d'établir une nouvelle succession pour le Royaume en sa personne, puisqu'il on ne pouvait espérer d'elle, car elle était résolue à ne jamais se marier, comme il a été dit plus haut. Sur quoi elle le renvoya avec les ordres nécessaires au même Torstensson et lui donna un régiment de Cavalerie Allemande dans la même armée et lui fit bien d'autres faveurs.
Après un espace de temps, ledit Prince continuant à faire valoir sa valeur, elle le déclara, en son absence, son Successeur, en cas de sa morte, et elle eut bien de la peine à faire consentir le Sénat et les États à cette succession. Cela a été fait en l'an 1649.
Le Prince étant de retour en Suède pour remercier la Reine de la faveur qu'elle lui avait faite, il le renvoya de nouveau en Allemagne avec douze mille hommes et le déclara Lieutenant Général Généralissime en Allemagne, rappelant Torstensson en Suède, ce qui fut fait en le printemps de 1648; mais la paix conclue avec l'Empire mit fin à cette expédition. Ledit prince avait l'ordre et la plénipotence de la Reine pour négocier et conclure le Traité d'Exécution au nom de la Reine avec le Prince Piccolomini, Plénipotentiaire de l'Empereur, à cet effet, et il se retrouva donc sans autre commandement.
La Reine continua alors à gouverner comme auparavant, conservant jusqu'au dernier moment son autorité suprême, qu'elle possédait plus grande et plus absolue que celle qu'avait jamais eue tout autre Roi, son Prédécesseur, et qui est connue de toute la Suède, à savoir Sa Majesté se rendit alors glorieuse, triomphante et redoutable par mer et par terre à toute l'Europe, et finit par conclure que la Paix de Westphalie est aussi glorieuse pour elle et pour son Royaume qu'on le sait. D'où de son Royaume le surnom d'Auguste lui a été décrété, et l'arc de triomphe avec l'Inscription suivante:
OPT. MAX. PRINC.
REGINÆ. CHRISTINÆ. AUG.
SUECIA SUA. FELIX; VICTRIX, TRIUMPHANS.
D. D.
Au milieu de ces actions glorieuses, illuminée par Dieu, elle connut avec Salomon quod omnia vanitas; et se sentant appelée à la gloire de professer la vérité de la foi Catholique à un tel prix, afin de réaliser une si grande pensée, et ne manquant ni à Dieu, ni à elle-même, ni à son Royaume, elle déclara le Prince Charles Gustave et ses Descendants masculins Roi de Suède et ses Successeurs en l'an 1654 qui, comptant après sa Majorité, fut le dixième de son Règne, et l'apogée de sa gloire et de sa fortune, se réservant la Souveraineté, entière et indemne, dans laquelle Dieu l'avait fait naître, pour pouvoir librement, sans troubler son Royaume, professer la vérité de notre Sainte foi, comme elle le fit lorsqu'elle vint à Rome.
Le Roi Charles Gustave, pour donner quelque preuve de son immense obligation envers la Reine Christine, fit imprimer une Médaille, qui fut sa première, avec cette devise: «A Deo et Christinæ», et inclue dans ses premiers Diplômes: «Carolus Gustavus, Dei et Christinæ gratia Rex, etc.», et il pouvait le dire avec beaucoup de raison et de vérité, sachant très bien combien de sueur et d'efforts il avait coûté à la Reine pour le mettre sur le Trône; et dans les premiers pas que Sa Majesté fit en faveur dudit Prince, Dieu sait, et toute la Suède sait, combien de sueurs et d'efforts il en coûta à la Reine pour achever ce grand Ouvrage, puisqu'il fut exécuté contre la volonté de tous les États du Royaume presque jusqu'au dernier moment, et tout l'Enfer s'arma en cette occasion contre la résolution de la Reine et opposa d'une part autant de flatteries que l'ambition, la gloire et la fortune pouvaient former dans une grande et noble âme; et de l'autre, la peur de tout ce que la redoutable prudence humaine peut et doit craindre dans une si terrible épreuve, où il s'agissait du sacrifice entier de sa gloire, de sa fortune, et pour ainsi dire de tout son être.
Mais le Dieu béni la fortifia à un tel signe de sa grâce que, avec une constance plus héroïque, elle surmonta toutes les difficultés et tous les obstacles et se fit obéir pour la dernière fois. «Et une providence particulière du Seigneur Dieu est considérée, qui a voulu par la main de la Reine Christine couronner le Roi Charles Gustave, comme elle l'a avoué à plusieurs reprises; et quiconque dit ce fait différemment offense Dieu, qui est la vérité elle-même, et fait tort aux deux Rois, Christine et Charles Gustave.»
On voudrait supprimer ces monnaies anciennes de Suède que l'Auteur mentionne, et en particulier la Médaille de la Reine Christine, Mère du Roi Gustave le Grand, mentionnée par l'auteur, car elles sont barbares et inutiles.
Il convient de noter que les titres de Roi ou de Reine désignés que l'on trouve sur les pièces de monnaie du Roi Gustave et de la Reine Christine sont des termes utilisés anciennement à l'époque de la Minorité, et cela doit être connu de l'auteur, ainsi que le nom du présent Roi n'est pas Charles Gustave, mais simplement Charles.
Swedish translation (by Melander; translated from another draft):
Sveriges forna vapen
Vasen i guld är förvisso Sveriges forna Vapen, och den som säger detta misstager sig ej; men sant är även att den är det Gustavianska Kungahusets forna Vapen, så benämnt i Sverige alltsedan Kungar härstammat därifrån, tidligare hade ju släkterna enligt gammal svensk sedvänja ej något efternamn utan hette Den av Den men den Gustavianska ätten har sedan urminnes tider varit av äkta svensk härkomst, och icke utländsk såsom många andra släkter i Sverige.
Efternamnet Vasa är senare tillkommet och påbjudet av Polackerna och Tyskarna, vilka var föga förtrogna med svenska seder och bruk, och det är en korrumperad form av ordet Arsel eller Varsel, som är synonymer till betydelsen, ty de betyder både kärve och trofé; ett efternamn som man tror påbjudits av Kung Erik Segersäll till dennes ättlingar och han anses tillhöra denna ätt, som i likhet med alla andra, vilka lyckan lett mot, ej saknat sägenomspunna stamträd utan att jag för den skull svävar ut, man kan i sanning säga att den tillhört de äldsta och ädlaste i Sverige långt innan de blev Kungar, och att den även när de var av folket hade Vapnet gemensamt med Kungariket, vilket han bekräftas av många gamla monument som på många platser i Sverige står kvar i den Gustavianska ättens allra Äldsta Gravar. Om detta sedan skett genom en ynnest eller ett privilegium eller annorledes vet man ej.
Det finns dock en annan som tror att detta Kungahus forna vapen var de tre Kronorna, och att Vasen i guld var senare; men det är däremot helt visst att de tre Kronorna är det nyare Vapnet och Vasen i guld det äldre; hur det än må vara är det ställt utom varje tvivel att såväl den ena som den andra vapenskölden har brukats växelvis av Sveriges Kungar och av den Gustavianska ätten, då den fortfarande var av folket, vilket kan bevisas med mycket gamla urkunder.
Det finns skäl att tro att då Sverige tidigare var ett valrike, har det mången gång ändrat sitt Vapen och detta har även förväxlats med Göta rikets, som sedan flera sekel aldrig varit åtskilt från Sverige; men då denna Nation alltid ägnat sig mer åt vapen, än åt Bildning, har den således försummat många dylika ting, varför man ej har så klara eller skära redogörelser i detta ärende, i synnerhet som en mängd maktomvälvningar och olikartade Regeringar den lytt under, under dess tid som Valrike, medfört diverse förändringar icke bara i Vapnet, utan även i Lagarna och i sederna fram till den tidpunkt när det Gustavianska Kungahuset begynte regera, vilket var det första som ägde detta Rike iure hereditario. Det är alltså ej att förvånas över att man ser så många olikheter hos Författarna, vilka icke alltid skiljer tider och sekel åt, men begår stora misstag i mycket som är ännu mer väsentligt och ej är upplysningar om Vapnet och om dess färger.
Förutom att detta Rike låg så avskilt från den övriga världen, var dess inre angelägenheter och intressen till den grad olika andra nationers, att de knappt ens blivit omtalade; och då blott på grund av Krigen, vilka var en källa till oro för dem själva och andra, så att underrättelser om deras förehavanden har varit antingen knapphändiga eller falska, eller mestadels mycket förvanskade av deras rivaler och fiender, vilka ofta överträffade Svenskarna i ord men ytterst sällan i handling.
Vad beträffar krigen mellan Sverige och danmark om anspråket på de tre Kronorna under de senaste seklen säger Författaren att de var till stort förfång för dessa två Kungariken; men läser man Nordens historia finner man att Danskarna, förutom Tyranniet, som de utövade över Sverige under Kung Kristian kallad Tyrannen, har haft inget eller nästan inget övertag över Svenskarna, ja dessa har rentav så gott som alltid triumferat över Danskarna, och icke finns det någon annan Kung av danmark, ej heller den nuvarande Kristian V, som kan skryta med att någonsin ha haft ett sådant övertag över Sverige; vad beträffar medlingen som Författaren talar om, lades den i händerna på Hansastäderna till evig skam för de två Kungarikena i Norden, vilka bägge två av godhet gick med på en dylik nedrighet; men sedan har dessa stackars Städer fått betala för den ty under detta vårt sekel har de nästan alla tvingats under Sveriges välde, och det finns fortfarande människor i livet som minns när de blev ockuperade.
För att återgå till Vapnet är det helt visst att Sverige har brukat det med Vasen i guld och även det med de tre Kronorna under åtskilliga sekel — Vasen tror man dock är det ena Götarikets vapn, Lejonet det andras.
Det finns också ett annat Lejon som Kung Johan III lät foga in i den kvadrerade skölden och som man tror är Finlands, men man vet ej så noga vilket som tillhör vilket; men det råder inga tvivel om att Vasen i guld och de tre Kronorna, vilket redan nämnts, är gemensamma för Riket och för den Gustavianska ätten även innan den begynte regera, och detta står utom alla tvivel.
Vasen i guld var i äldre tider på svart grund, och Gustav ändrade denna till blå när han blev Kung, han anbringade vasen och Lejonen över de tre snedbjälkarna, om vilka jag skall tala längre fram, och sammanfogade de tre Kronorna och Vasen i guld i en kvadrerad sköld i sitt Vapen, liksom sedan alla hans efterträdare har gjort ändå fram till Drottning Kristina som endast brukade Sverige och Göta rikets forna och nyare Vapen och avlägsnade vasen, som hon begagnade sig av enbar i Kammarsigillet, och under de sista åren brukade hon rentav bara de tre Kronorna, men efter att ha givit Riket till Karl Gustav tog hon vasen för egen del för att skilja sig från alla de andra Kungarna, då detta Vapen var endast hennes, och det med de tre Kronorna på den tiden var gemensamt för både Sverige och Polen och Danmark.
Och detta gjorde hon för att vasen ej skulle övertagas av andra, då hon ju ända sedan tidig ålder varit fast besluten att omvända sig till den sanna tron och att aldrig ingå äktenskap, om hon också sorgligt nog ej skulle ha omvänt sig.
Drottningen hade kunnat låta Kung Karl Gustav antaga hennes Vapen och hennes efternamn, men då hon alltid hyst det största förakt för dylika bagateller, reflekterade hon aldrig därpå och trots att Kungen själv bönföll henne om att göra honom den äran, vägrade hon att ge sitt samtycke och sade till honom att när han varit Kung i 24 timmar, skulle efternamnet och den Pfalziska Ätten kunna mäta sig med den Gustavianska, och att hennes Kungahus ej betydde något för henne; men att hon förvisso önskade att han om möjligt gav hennes Sverige evig framgång och ära, ty hon visste ej av någon annan Boning i denna värld.
De tre Kronorna har alltid varit på blå grund förutom en gång vid en uppdelning av Riket, om vilket det streds i ett val med dubbel utgång, där båda Parter tog de tre Kronorna som Vapen; men den ene på röd grund, och den andre på blå, och man tror att dessa var av det Gustavianska Kungahuset men man vet ej säkert besked; dock finns det de som säger att det före Gustav har funnits andra Kungar av denna Ätt; och icke minst finns det de som tror att Kung Erik den Helige var av samma ätt, vilket må vara osagt.
Den som anammade Kronorna på röd grund jagades bort från Riket och drog åstad och intog England, där dessa Kronor på röd grund var förhärskande en tid.
Det är likaledes sant att vapnet före de tre Kronorna och före vasen hade tre snedbjälkar i guld och ej i silver på blå grund, ty Sveriges urgamla och beständiga tinkturer har alltid varit blått och guld, och det är skälet till att man ser dessa snedbjälkar med lejonen och med vasen, vilka sedan ändrats till silver förmodligen med hänsyn till Heraldikens Regler, som icke tillåter guld på guld; åter andra säger för att återspegla de tre vittbekanta sjöarna i Sverige; men den som för pennan tror att utlänningar och i synnerhet Tyskar och Polacker har fördärvat Vapnet genom att ändra tinkturerna efter eget skön och ej gjort sig stort samvete av att anbringa guld på guld, då det tycktes dem att det aldrig kunde vara för mycket guld.
Somliga säger att vasen består av sädesax, andra säger av ogräs, somliga säger av palmkvistar, andra av linblommor etc. men helt visst är att den alltid varit en Vase i guld.
Kung Gustav tillkallades ej av Folket som Författaren förmodar, ty efter att ha hållits som gisslan i danmark, flydde han till Tyskland, därifrån återvände han efter lång tid sjövägen till Sverige och undvek på så vis danmark som det ofrånkomligen skulle ha varit mest gynnsamt att passera genom om han hade rest från Tyskland till Sverige till lands. Han höll sig gömd en tid i Landskapet Dalarna, där han gjorde sig till Ledare för missnöjda personer av alla de sorter, därifrån begynte han efter hand att ge sig på Danskarna med stor framgång, och hans anhängare tilltog så mycket i antal att han till slut befriade sitt Fädernesland från Danskarnas förtryck och jagade bort Kung Kristian, som i Sverige kallades Tyrann, från Riket. Därigenom rönte han så stor uppskattning av sitt folk att han enhälligt utropades till Kung, och det var han, och icke Johan, som gjorde landet till arvrike på manssidan av ätten, av honom kallad den Gustavianska. Han skänkte till minne av denna sin ära och framgång högst speciella privilegier åt Landskapet Dalarna, vilka det har åtnjutit så länge som hans efterträdare har härskat och de utökades av King Gustav Adolf och av Drottning Kristina.
Efter att ha fördrivit sin Brorson Kung Sigismund ur Riket gjorde Kung Karl IX, Fader till nyss nämnde Kung Gustav Adolf, landet ärftligt även på kvinnosidan i avsaknad av en manlig linje, dock med undantag av de förmälda och deras ättlingar, och denna Arvförening fastslogs av densamme Kung Karl IX i Norrköping år 1604 och är en av Rikets Grundlagar.
Detta blev fallet i och med Kristinas person, som blev Tronföljare efter Kung Gustav Adolf hennes Fars död, vilken redan under sin levnad låtit ständerna erkänna Henne som tronarvinge år 1627, så som Författaren säger i kraft av Kung Karl IX:s, hans Fars, ovannämnda Arvförening.
Man bör dock påpeka för författaren att det är helt och hållet falskt att det år 1633 utfärdades ett dekret till förmån för Kristina, ty alltsedan hon hyllats av ständerna medan Kungen hennes Far levde, var hon erkänd som Arvtagare och efter hans död som Drottning av hela Riket, vilket skedde år 1633.
Ännu mer falskt är det att det detta år beslöts att den Pfalziska Ätten, och barnen till Prins Johan Kasimir av Pfalz, skulle överta tronen i det fall Drottning Kristina ej stod till buds, enär man aldrig haft en tanke på något sådant i Sverige, och den som hade dristat sig att drömma slikt skulle ha blivit stenad, det gick ej att vare sig begå eller tänka sig ett sådant illdåd; detta antagande är tvärtom ytterst långt ifrån sanningen, ty åtskilliga gånger under omyndigheten har Rådet och Förmyndarregeringen i Sverige stått i begrepp att jaga bort Pfalzaren med alla hans barn ur Riket, vilket tills vidare ej blev genomfört eftersom Kronan var skyldig honom en stor summa pengar för makans hemgift, och krigen ej tillät dem att betala honom den då.
När Drottning Kristina uppnått Myndig ålder, förklarade hon genast krig mot danmark, men hon fick det avklarat tämligen snabbt vilket var henne till stor heder och glädje, och hon konsoliderade de Erövringar hon gjort i kriget mot nämnda Krona med en fred som var ärofull och fördelaktig för henne och för hennes Rike. Det var detta krig som gav hennes Kusin, den Pfalziske Prinsen Karl Gustav, tillfälle att visa prov på sin tapperhet och låta Drottningen få kännedom om hans begåvning, ty när han tjänstgjorde i hennes Armé i Tyskland som Kapten i Kavalleriet sändes han av Torstenson, som då ledde den som Fältmarskalk och Drottningens ståthållare, för att redogöra för Hennes Majestät om krigets förlopp samt mottaga hennes order. När Drottningen hört Prinsens rapporter och kommit till insikt om Hans begåvning och duglighet, fann hon honom vara rätt person för hennes plan att införa en ny tronföljd i Riket, ty man kunde icke hoppas på henne alldenstund hon var fast besluten att aldrig någonsin ingå äktenskap som ovan nämnts.
Varför hon sände honom tillbaka med de nödvändiga orderna till samme Torstenson, och tilldelade honom i denna Armé ett Tyskt Kavalleriregemente som hette Kurland och skänkte honom många andra ynnestbevis.
En viss tid därefter, då nämnde Prins fortsatte att göra sig bemärkt, utnämnde hon honom i hans frånvaro till sin efterträdare för den händelse att hon skulle avlida, en tronföljd Drottningen hade stora svårigheter att genomdriva hos Rådet och ständerna och detta skedde år 1647.
Då Prinsen åter befann sig i Sverige för att tacka Drottningen för den stora ynnest hon beviljat honom, sände hon honom på nytt tillbaka till Tyskland med tolvtusen man, och utnämnde honom till Ståthållare och Generalissimus i Tyskland, varifrån hon redan hade kallat tillbaka Torstenson till Sverige, vilket skedde år 1648 på våren. Men Freden som ingicks med Riket avslutade denna expedition.
Därefter fick Prinsen order och Fullmakt av Drottningen att förhandla och sluta fördrag om verkställighet för Hennes Majestäts räkning med Kejsarens Fullmaktshavare Prins Piccolomini, och på så vis blev han utan annan kommendering.
År 1650 kallade Drottningen honom tillbaka till Sverige, utnämnde honom till Arvfurste, och gav honom titeln A. R., som aldrig senare använts i Sverige, varvid hon stötte på många svårigheter, men Hennes Majestät som städse önskade bli åtlydd, såg till att så skedde även vid detta tillfälle.
Detta är enda grunden till Prins Karl Gustavs framgång, och den trappa, uppför vilken Drottningen så att säga med fast arm ledde honom till Tronen, till Sveriges och hela Världens stora förundran, som i ... betraktade detta stora mirakel.
Drottningen fortsatte sedan att regera som tidigare och behöll ända in i det sista den högsta makten, som hos henne var större, och mer oinskränkt än hos någon annan Kung före henne, vilket är allmänt bekant i hela Sverige, som genom Hennes Majestäts försorg på den tiden framstod som ärofullt, triumferande och fruktat till sjöss och till lands inför hela Europa. Hon erövrade åtskilliga betydande Provinser, som hennes Rike ej varit i besittning av, och som aldrig erövrats av Kungen hennes Far, och för att konsolidera sina erövringar i Tyskland, likt dem i Danmark, ingick hon till slut freden i Osnabrück som var så ärorik för henne och för hennes Rike, vilket var och en känner till. Varvid hon genom Riksdekret erhöll tillnamnet Augusta och Triumfbågen med följande inskription
Opt: Max: Princ:
Reginae X.[Christ]inae Aug:
Suecia sua felix, Victrix
Triumphans
D. D.
Upptagen av dessa ärofulla handlingar och med Guds vägledning kom hon slutligen att med Salomo erfara quod omnia vanitas, och då hon kände sig utvald att till varje pris bekänna den Katolska trons Sanning och fullfölja ett sådant storverk och ej handla orätt mot vare sig Gud eller sig själv eller sitt Rike, förklarade hon Prins Karl Gustav och dennes ättlingar på manssidan Sveriges Kungar och hennes Efterträdare år 1654, vilket räknat efter hennes Myndighet var det tionde året av hennes Regering, i blomman av sin ålder och på höjden av ära och framgång, alltjämt med den oinskränkta och intakta suveräniteten i behåll, i vilken Gud hade låtit henne födas, för att i frihet utan att åsamka sitt Rike oro, kunna bekänna sanningen hos vår Heliga tro såsom hon sedan gjorde när hon anlände till Rom, etc.
För att ge bevis på sin oändliga tacksamhetsskuld till Drottning Kristina lät Kung Karl Gustav prägla en medalj, som var hans första med detta motto
A Deo, et Christina
samt lät inskriva i sina första Urkunder Carolus Gustavus, Dei et Christinae gratia Rex, etc. och han kunde säga detta med all rätt då han mycket väl visste hur mycket svett och möda det hade kostat Drottningen att sätta honom på Tronen, ty detta stordåd utfördes i strid med den allmänna viljan, då Rådet och alla Rikets Ständer opponerade sig ända till sista ögonblicket, och det var som om hela Helvetet brutit ut vid det tillfället mot Drottningens beslut, varvid mot varandra ställdes å ena sidan det förnämligaste som Ambition, Ära, och framgång kan forma i en stor och ädel själ, och å andra sidan skräckan för det oerhörda man av mänsklig försiktighet och förtänksamhet kan och bör frukta vid ett sådant fruktansvärt risktagande, där det handlade om ... att offra sin gloria, sitt öde, och så att säga ... hela sin varelse. Men Gud skänkte henne styrka för denna uppgift med sin nåd, så att hon med heroisk uthållighet övervann alla hindren och blev åtlydd för sista gången, varvid det behagade Hans Gudomliga Majestät att i sin allvishet låta kröna Kung Karl Gustav genom Drottning Kristinas hand, vilket han själv medgivit vid många tillfällen, och den som förtäljer denna händelse på annat vis förolämpar själva sanningen.
English translation (my own):
Explanation of the Coat of Arms of Sweden.
The Golden Sheaf is certainly the ancient Arms of Sweden, and whoever says it is not mistaken; but it is also true that it is the ancient Arms of the Royal Gustavian House, so called in Sweden, from then that kings came out of it, since before this families, according to the ancient custom of Sweden, had no surname, but they were called This of That, the Gustavian one being from time immemorial of a pure Swedish nation and not a foreign one, as are many other Swedish families.
The surname of Vasa was then imposed by the Germans and Poles in more modern times, which means "sheaf".
This family, as well as others that fortune has exalted, has not lacked fabulous genealogies, but without entering the rigmaroles, it can be said with truth that it was among the most ancient and most noble in Sweden long before they became kings, and that even in a private state it shared the Arms with the Kingdom, as can be proven by many ancient monuments left in Sweden in the graves of the ancient members of the same Gustavian House in many places; whether this is by grace, or concession, or otherwise, is not known.
However, there are those who believe that the ancient Arms of this Royal House were the three Crowns, and that the Golden Sheaf was more modern; but, on the contrary, it is certain that the three Crowns are the most modern Arms, and the Golden Sheaf is older than the Crown. In any case, however, there is no doubt that both insignia were used reciprocally by the King of Sweden and by the Gustavian family, being still in a private state, as can be proven with very ancient documents.
It is well believed that as Sweden was previously an elective kingdom, it has varied its Arms many times, and is also confused with those of the Goths, which have never separated from Sweden for many centuries. But as this Nation has always made more profession of Arms than of letters, it has therefore neglected many things of this sort. Hence we do not have clear or certain information, especially that many revolutions of dominions and diversity of governments, to which it was subjected at a time when the Kingdom was elective, have caused various mutations not only in the Arms, but also in the laws and in the customs, until the time that the Gustavian House began to reign, which was before it possessed jure hæreditario of this Kingdom. Therefore it is no wonder that so many varieties are seen in the authors, whose times and centuries they do not always distinguish, making, however, great errors in many things even more essential than the information of arms and their colours.
In addition, as this Kingdom was so divided from the rest of the world, its affairs and interests were separated from other nations, which hardly made themselves known, and this was only by way of Arms, with which they inquieted themselves and the others in such a way that the information of their affairs has been either scarce, or for the most part greatly altered by their Rivals and Enemies, by whom the Swedes have often been surpassed with words but rarely with deeds.
However, speaking of the wars waged between Sweden and Denmark for the pretension of the three Crowns in the last centuries, the author says that they caused great damage to these two Crowns; but whoever reads the histories of the North will find that the Danes, with the exception of the tyranny they exercised over Sweden in the time of King Christian, called the Tyrant, have never had any advantage over the Swedes; indeed, that the latter have always triumphed over the Danes. Nor is there any other King of Denmark than the present Christian V who can boast of having ever gained any advantage over Sweden. The arbitration of which the author speaks was then placed in the hands of the Hanseatic Cities, to the eternal shame of the two Crowns of the North, the simplicity and barbarism of which he caused to allow both to consent to such a cowardice. But then these poor Cities paid for it, because in this our century they have almost all been brought under the obedience of Sweden, and whoever still lives will remember when they were occupied.
Returning to the Arms, it is certain that Sweden has used that of the Golden Sheaf, and also that of the three Crowns, in different centuries.
The Sheaf, however, is believed to be Sweden's real Arm.
The Lion of the two Gothias.
There is also another Lion quartered by King Johan III which is of Finland, but it is not known for sure which one really belongs to each one. But there is no doubt that the Golden Sheaf and the three Crowns are common, as has been said, to the Kingdom and to the Gustavian family, even before it began to reign; and this is most certain.
The Golden Sheaf was formerly on a field sable, and Gustav changed it to azure when he was made King, who united and quartered the three Crowns and the Golden Sheaf in his Arms, as his Successors continued to do up until Queen Kristina, who used only the modern Arms of Sweden and Gothia, and raised the Sheaf, using it only in the Seal of the Chamber, and in the last years of her Reign she also used the three Crowns alone. And after having given the Kingdom to Karl Gustav, she took the Sheaf for herself, to distinguish herself from all the other Kings, this Arm being uniquely hers, and that of the three Crowns at that time common to both Sweden, Poland and Denmark; and she did this so that the Sheaf would not be removed from the others, having had from her earliest years the resolute thought of changing her religion, and therefore never marrying.
The Queen could have had her Arms and her surname taken by King Karl Gustav, but having always had the utmost contempt for such trifles, she never thought of it; and although she was begged by the King himself to do him this honour, she did not want to consent, the Queen telling him that when he was King for twenty-four hours, his surname and the Palatine House would be as good as the Gustavian one, and that she cared nothing of his House; that she desired, rather, that it would make eternal, if it were possible, the glory and happiness of the Kingdom, as she knew of no other House in this world but that alone.
The three Crowns have always been on a field azure, except that once in a division of the Kingdom, which was disputed by double election, and both the elected took the three Crowns for Arms, but one on a field gules and the other in azure, and believed to be from the Royal Gustavian House; but without certain information. However, there are those who say that before Gustav there were other Kings of this House, and particularly there are those who believe that the King Saint Eric was of the same family, of which, however, the truth is left in place of him.
The Elected who took the three Crowns, and before the Sheaf, had on the field azure three Fesses of or, not of argent, because the ancient and immemorial colours of Sweden have always been azure and or; and this is the reason why we see these fesses and the Lions with the Sheaf, which were then transmuted into argent, perhaps due to the scruple of the Armoury rules, which do not allow or on or. Others say it represents the three famous lakes of Sweden, but the author believes that foreigners, and particularly the Poles, have spoiled the Arms by changing the colours at their whim.
The material of the Sheaf, some say it is of ears, some of grass, some of palms, some of flax, and it is that it is expressed differently; but it is certain that it has always been the Golden Sheaf.
King Gustav was not called by the People, as the Author supposes, since, him being a hostage in Denmark, he fled to Germany from there; after a long time, he returned to Sweden by sea, thus fleeing Denmark, for which it would have been necessary to pass if he had gone from Germany to Sweden by land. He kept himself hidden for some time in the province of Dalarna, where he made himself commander of the malcontents of all sorts of people, then he began little by little to fight the Danes with his great fortune, and his party grew so much that at last he freed his country from the oppression of the Danes, and expelled from the kingdom King Christian, called in Sweden the Tyrant. Hence he acquired so much merit with his nation that by common consent he was declared King; and it was he, and not Johan, who made the Realm hereditary in his masculine family, called by him Gustavian. In memory of his glory and fortune, he granted great special privileges to the province of Dalarna, which it enjoyed as long as his successors lasted, and which were increased by King Gustav Adolf and Queen Kristina.
King Karl IX, Father of the aforementioned King Gustav Adolf, after having driven King Sigismund, his Nephew, from the Kingdom, made it hereditary also in the female in the absence of the male line, however excluding the merited females and their descendants; and this Constitution was made by the same King Karl IX in Norrköping in the year 1604, which is one of the fundamental laws of the Kingdom.
The case then took place in the person of Kristina, who succeeded to the Crown after the death of King Gustav Adolf, her Father, who had already, during his life, made her be paid homage in 1627, as the Author says, by virtue of the aforementioned Constitution of the King Karl IX, his Father.
However, the Author must be warned that it is very false that a decree was made in the year 1633 in favour of Kristina, as from the time that homage was paid to her, while her Father the King was alive, she was recognised as Heir, and after his death as Queen from all over the Kingdom; which was done in 1633.
Much more false is that in that year it had been determined that in the absence of Queen Kristina, the Palatine House and the sons of the Prince Palatine Johan Kasimir had to succeed, as such a thing had never been thought of in Sweden, and he would have been stoned who had the audacity to either dream or think about such an attack being carried out during the minority; indeed, this support is so far from the truth, that many times, in the minority, the Senate and the Regency of Sweden were on the point of expelling from the Prince Palatine and all his children from the Kingdom; which in the meantime was not carried out, as the Crown owed him a large sum of money for his wife's dowry and the wars did not allow him to pay it at the time.
When Queen Kristina entered into her majority, she immediately declared war on Denmark, but she quickly dealt with it to her greatest glory and happiness, and she established her conquests made over that Crown with a glorious and advantageous peace for herself and for her Kingdom. It was this war that gave the Prince Palatine Karl Gustav, her Cousin, the field to signal his valour and make his talents known to the Queen, as he served in her army in Germany as Captain of Cavalry. He was sent by Torstensson, who commanded it then as Marshal and Lieutenant of the Queen, to give an account of his work to Her Majesty and to receive her orders.
Having heard the reports of the Prince, and having known his talents and valour, the Queen set her sights on him as a subject which seemed to her adequate for the plan she had to establish a new succession for the Kingdom in his person, since it could not be hoped from her, for she was resolved never to marry, as was said above. Whereupon she sent him back with necessary orders to the same Torstensson and gave him a regiment of German Cavalry in the same army and did him many other favours.
After a space of time, the said Prince continuing to point out his worth, she declared him, in her absence, her Successor, in the event of her death, and she had great difficulty in getting the Senate and the States to consent to this succession. This was done in the year 1649.
The Prince being back in Sweden to thank the Queen for the favour she had done him, he sent him back again to Germany with twelve thousand men and declared him her Lieutenant General Generalissimus in Germany, calling Torstensson back to Sweden, and this was done in the spring of 1648; but the peace made with the Empire ended this expedition. The aforementioned Prince had the order and plenipotence from the Queen to negotiate and conclude the Treaty of the Execution on behalf of the Queen with Prince Piccolomini, the Emperor's Plenipotentiary, to this effect, and so he was left without any other command.
The Queen then continued to govern as before, preserving up to the last moment her supreme authority, which was possessed by her greater and more absolute than that which any other King, her Predecessor, had ever had, which is known to all Sweden, that Her Majesty rendered herself in that time glorious, triumphant, and formidable by sea and by land to all of Europe, and finally concluded that Peace of Westphalia is as glorious to her, and to her Kingdom, as any one knows. Whence from her Kingdom the surname of Augusta was decreed to her, and the triumphal arch with the following Inscription:
OPT. MAX. PRINC.
REGINÆ. CHRISTINÆ. AUG.
SUECIA SUA. FELIX; VICTRIX, TRIUMPHANS.
D. D.
In the midst of these glorious actions, enlightened by God, she came to know with Solomon quod omnia vanitas; and feeling herself called to the glory of professing the truth of the Catholic faith at such a cost, in order to carry out such a great thought, and not failing either to God, to herself, or to her Kingdom, she declared Prince Karl Gustav and his masculine Descendants King of Sweden and her Successors in the year 1654 which, counting after her Majority, was the tenth of her Reign, and the apogee of her glory and fortune, reserving to herself the Sovereignty, whole and unharmed, in which God had made her be born, for to be able freely, without disturbing her Kingdom, to profess the truth of our Holy faith, as she did when she came to Rome.
King Karl Gustav, to give some proof of his immense obligation towards Queen Kristina, had a Medal printed, which was his first, with this motto: "A Deo et Christinæ", and included in his first Diplomas: "Carolus Gustavus, Dei et Christinæ gratia Rex, etc.", and he could say it with great reason and truth, knowing very well how much sweat and effort it had cost the Queen to put him on the Throne; and in the first steps that Her Majesty took in favour of the said Prince, God knows, and all Sweden knows, how much sweat and effort it cost the Queen to complete this great Work, as it was carried out against the will of all the Estates of the Realm almost right up to the last moment, and all of Hell armed itself on that occasion against the Queen's resolution and opposed on the one hand as much flattery as ambition, glory and fortune could form in a great and noble soul; and on the other, fear with all that formidable human prudence can and must fear in such a terrible ordeal, where it was a question of the entire sacrifice of her glory, of her fortune, and, so to speak, of all her being.
But the blessed God fortified her to such a sign with His grace that, with a more heroic constancy, she overcame all difficulties and obstacles and made herself obeyed for the last time. "And a particular providence of the Lord God is considered, who wanted by the hand of Queen Kristina to crown King Karl Gustav, as she confessed on many occasions; and whoever tells this fact differently offends God, who is the truth itself, and does wrong to both Kings, Kristina and Karl Gustav."
One would like to remove those ancient coins of Sweden that the Author mentions, and in particular the Medal of Queen Kristina, Mother of King Gustav the Great, mentioned by the author, because they are barbarous and useless.
It should be noted that the titles of King or Queen designated that are found on the coins of King Gustav and Queen Kristina are terms used anciently in the time of the Minority, and this must be known by the author, as well as that the present King's name is not Karl Gustav, but simply Karl.
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