Sources:
Sulla psicologia de Cristina, regina di Svezia, pages 15 to 20, by Dr. Francesco de Sarlo, 1892
Psychology of Queen Christina of Sweden, translation made by Susanna P. Boyle, M. D., C. M., for Alienist and Neurologist: A Quarterly Journal of Scientific, Clinical and Forensic Psychiatry and Neurology, volume 14, pages 461 to 466, published by Charles Hamilton Hughes, M. D., 1893
The essay:
Dobbiamo convenire che la fisonomia psicologica di Cristina di Svezia non è tale da apparire completa ad un primo sguardo e dietro una considerazione superficiale; essa per contrario presenta molti aspetti, è come un poliedro a molte facce. Il fatto che si riesce subito a mettere in sodo è, che la sua intelligenza si trovava in antagonismo coll'ambiente in cui viveva (1[.] Una prova di ciò vien fornita dal fatto che Cristina, dopo aver istituito l'Accademia romana a cui fu dato il nome di Arcadia, mise per primo articolo dello statuto di questa: che era assolutamente vietato di rivolgere lodi a lei.); non sapeva, infatti, nè poteva adattarsi alle costumanze barocche, ai numerosi pregiudizi, alle vuote formalità che, specie in fatto di religione, avevano in quel periodo di tempo il predominio. Essa si sentiva a disagio in mezzo a quei cardinali ed a quei prelati che s'erano tanto allontanati dallo spirito del Cristianesimo. Anche la politica di quel tempo destava in lei di tanto in tanto nobili sdegni, e niente di più facile che vederla far plauso ad un'azione generosa da parte di qualche Stato, ovvero biasimare qualche atto indecoroso. E chi considerasse Cristina solamente in questi tratti non potrebbe far a meno di giudicarla una donna di genio che avanzava di molto il suo tempo. Ma accanto all'intelligenza svegliata, all'amore per gli studi classici, al gusto per le arti, alla cultura estesa e profonda ed agli scatti sublimi, si nota la tendenza all'intrigo, la tendenza a commettere delle bassezze, a trascendere in atti indegni non solo di una regina, ma di qualsiasi gentildonna, ad intromettersi in fatti che non la riguardavano; cose tutte codeste che non permettono più di classificarla tra i geni senz'altro. Sicchè la mancanza d'unità nei suoi pensieri e nelle sue azioni è il carattere fondamentale della psiche di Cristina; mancanza d'unità che sta a significare un grado notevole di debolezza di volontà e di energia, di quel potere appunto che costituisce il nocciolo della personalità umana. Senza di esso, infatti, non si ha quell'unificazione dei pensieri e degli atti che rende l'individuo ognora concorde con sè stesso. Cristina aveva la percezione normale (non ebbe mai visioni, nè allucinazioni), l'intelligenza lucida e pronta (come dimostrano i suoi scritti), ma la volontà fiacca.
E l'emotività? Riguardo a questa si ebbe in lei quello che si ha in tutti coloro che mancano di quei poteri inibitori, i quali mentre da una parte contribuiscono a dare unità al carattere, dall'altra, impedendo le reazioni continue e parziali alle singole impressioni ed essendo d'ostacolo al disperdimento incessante delle forze, fanno si che le emozioni si svolgano nell'animo in modo più lento e più ordinato, ma più intenso: si ebbe, cioè, la tendenza ad andare in cerca di tutti quei fatti straordinari, che per la loro singolarità fossero capaci di far vibrare tutt'intera la sua anima. A tale carattere si connette poi l'irrequietezza propria della regina, la quale non temendo nè sconfitte, nè ripulse si avventurava sempre a qualche cosa di nuovo, e la sua smania di andare sempre in cerca di casi eccezionali.
Fu detto che Cristina fosse oltremodo immaginosa e fantastica; e ciò è vero: a rendarla tale contribuirono massimamente la vastità della sua cultura, la svegliatezza della sua mente e le condizioni poco floride in cui fu condannata a vivere: il distacco notevole tra i suoi ideali e la vita reale dovevano naturalmente portarla ad inoltrarsi sempre più nel campo dei sogni.
Non ci dilunghiamo sugli altri caratteri psicologici di Cristina, giacchè essi rapresentano dei corollari di quelli a cui abbiamo già accennato. Così si comprende agevolmente che un carattere egoista e fornito di volontà fiacca non potesse non rivelarsi nella società come immorale.
A questo punto si affaccia la domanda: Il carattere di Cristina quale è stato delineato, va nel numero dei normali o degli anormali? Tutti hanno detto che essa, pur essendo fornita di un ingegno straordinario, avesse un temperamento balzano, strano, eccentrico, pazzesco ecc., e lo Stearn nel suo elaborato studio succitato la pone nella zona intermedia tra i sani e gli ammalati. A noi sembra però che tali definizioni siano troppo vaghe ed indeterminate e siano solamente una parafrasi di opinioni antiche e volgari. Se la psicologia patologica ha da prendere la parola allo scopo di lumeggiare una data figura storica, è necessario che scenda ai particolari, delimiti e precisi il più che può e lasci da parte quelle generalità, che potevano passare solamente in tempi in cui si trattava di mettere una data figura nel numero delle divine o delle umane, delle celesti o delle terrenne. Al presente si vuole prima di tutto la diagnosi dell'affezione morbosa e dipoi, trattandosi di individualità storiche, occorre determinare fino a che punto la malattia abbia avuto parte nella produzione degli avvenimenti dal personaggio in questione compiuti durante la vita. Ora nel caso di Cristina è possibile la determinazione della sua malattia mentale? È possibile far la diagnosi della sua affezione? Noi francamente crediamo di si e diciamo subito che i caratteri psicologici riscontrati in lei ci autorizzano a formulare il nostro giudizio che Cristina fosse un'isterica. La patologia nervosa ammette, infatti, una forma morbosa a sè, caratterizzata da un complesso di fenomeni svariatissimi, dei quali si possono fissare taluni capaci di guidarci alla diagnosi sicuramente. Tali sono: l'egoismo, la vanità, la contraddittorietà, l'insensibilità morale, la tendenza a fantasticare e ad andar vagando, la leggerezza e la svegliatezza dell'intelligenza, fatti che per la più parte possono essere riguardati come conseguenze della debolezza di volontà.
E con questo la psicopatologia odierna avrebbe dato il suo responso. Ora a noi sembra che qui trovi posto l'indagine, se e fino a che punto la scienza odierna possa esser paga di tale responso. Per lo passato parve un gran progresso poter giudicare con una formula o poter inquadrare in uno schema una data figura storica che per lo innanzi si era presentata come qualchecosa di straordinario: e non si può negare a tal proposito che esser riusciti a porre fra gli stati morbosi dell'animo umano taluni di quelli che erano reputati «atti divini», abbia segnato un progresso nelle nostre conoscenze; ma ormai una nuova esigenza si presenta; non possiamo contentarci più di una semplice definizione dello stato mentale di un personaggio storico; ma si vuol sapere in che rapporto stia lo svolgimento di una data forma morbosa dello spirito coll'ambiente storico in cui l'individuo è vissuto, come dall'altro lato si vuol sapere la parte che abbia avuto lo stato morboso nello svolgersi degli avvenimenti dal medesimo individuo compiuti. È solamente dopo aver risposto a tali quesiti che si potrà dire di aver interpretato una figura storica al lume della psicopatologia. Se noi ci fossimo arrestati alla semplice definizione dello stato mentale di Cristina, caratterizzandola come isterica, che cosa avremmo fatto? Avremmo espresso complessivamente con una sola parola l'insieme dei caratteri psicologici da lei presentati, ma la scienza e la storia nulla ci avrebbero guadagnato. L'isterismo infatti esprime un aggruppamento di fenomeni svariatissimi, i quali possono essere determinati da numerose cause; e finchè non si sarà giunti a precisare queste ultime, colla parola isterismo non si sarà significato che una quantità di sintomi privi di un valore positivo. Nel caso di Cristina, per esempio, quel complesso di fatti (egoismo, vanità, leggerezza, debolezza di volontà ecc.) che noi abbiamo con una parola battezzato isterismo, riconosce ben altre cause ed anche un meccanismo di produzione ben diverso da quello di un'altra forma qualunque d'isterismo: e il cómpito della psicologia storica sta appunto nel mettere in evidenza le cause e l'evoluzione di una data forma morbosa in rapporto all'ambiente storico. Bisogna tenere a mente che gli stati morbosi dell'animo non sono come le malattie comuni di cui ciascuna ha causa, processo, sostrato anatomico, decorso ed esito stabile e fisso; in ogni caso di quelli per contrario si può dire che si trovi qualchecosa di proprio e di speciale, perchè ogni individuo ha una costituzione mentale differente, e vive in condizioni storiche e sociali diverse. E se noi riflettiamo al corso degli avvenimenti della vita di Cristina, subito ci persuadiamo che se essa fosse stata educata diversamente e avesse potuto applicare il suo ingegno e l'esuberanza della sua attività mentale in imprese grandi e gloriose, non sarebbe apparsa agli occhi nostri come un'isterica. L'isterismo insomma in lei non è qualche cosa di fatale che essa ebbe in retaggio dai suoi antenati, ovvero che le sopravvenne in seguito ad una o più cause determinate, ma sta a rappresentare l'epilogo di una grande lotta di elementi ed il risultato finale della grande opposizione, che la sua intelligenza incontrò nell'ambiente in cui visse.
L'isterismo cosi esprime l'esito, la conseguenza, i cui antecedenti possono essere diversissimi, e finchè non si saranno determinati questi ultimi non si potrà dire di aver interpretato psicologicamente una determinata pagina di storia, ma si sarà solamente espresso con una sola parola quello che prima si diceva con più. Che differenza fondamentale esiste tra l'affermare che Cristina fosse isterica e il dire che essa avesse un carattere balzano, egoistico, capriccioso, leggero, fiacco ecc., ecc.? Nessuna a noi pare: ma se per contrario si mostra in che modo la sua mente, di fronte a date condizioni si sia andata a grado a grado svolgendo, se si cerca di mettere in chiaro come la sua intelligenza in parte per le influenze ereditarie sia stata costretta a modellarsi in una data guisa, e se infine si segue l'azione che lo spirito del suo secolo e i vari avvenimenti del tempo hanno dovuto esercitare sulla sua volontà, allora sì che si sarà ricostruita in modo scientifico la figura storica. In tal caso la diagnosi d'isterismo diviene un fatto accessorio, perchè figura come l'esito di una lunga serie di fatti veramente importanti e degni di essere conosciuti. Non è già l'isterismo il fatto fondamentale, quello che determinò per primo il corso degli avvenimenti della vita di Cristina e le diede una propria fisonomia psicologica, ma è solamente l'espressione esterna o l'effetto di fattori interni profondi. È chiaro però che noi non intendiamo di escludere che molti atti della vita di Cristina vadano interpretati come effetti alla loro volta del temperamento isterico in lei svoltosi, ma essi son sempre qualchecosa di secondario, di accessorio e di sussecutivo.
Abbiamo già accennato di sopra che uno dei cómpiti della psicologia storica intesa in modo giusto, sia quello di indagare fino a che punto la forma morbosa abbia avuto parte nella produzione dei fatti, gloriosi o no, compiuti dal personaggio in esame; ed ora v'insistiamo ancora, perchè ci sembra un pregiudizio bell' e buono quello di voler fare tutto un fascio delle varie attività dello spirito e battezzarle tutte come morbose, sol perchè se ne è riscontrata una anormale.
Concluderemo, facendo notare come in seguito all'opinione emessa, che le forme morbose mentali vadano considerate quali complessi di fenomeni che presuppongono fattori genetici variabili e da determinarsi in ogni singolo caso (Del resto un concetto simile informa oggi quasi tutta intera la patologia del sistema nervoso. Le malattie nervose, invero, da insigni autori (Grasset, Lichtheim, Strümpell ecc. ecc.) sono considerate come semplici sintomi e localizzazioni di morbi costituzionali (sifilide, infezioni in genere, malattie costituzionali ecc.). Da tal punto di vista chi si limita a far la diagnosi, poniamo, d'isterismo, somiglia a colui che volendo definire un'affezione toracica dicesse tosse, dispnea ecc., le quali sono soltanto sintomi di processi morbosi diversi veramente essenziali e degni perciò di essere a fondo conosciuti.), venga a scemare di molto l'importanza della psichiatria nella storia. A noi pare, infatti, un'illusione quella di credere che una delle basi della storia sia la patologia della mente; questa, non lo neghiamo, qualche rara volta può portare un notevole sussidio, ma nella più parte dei casi essa non fa che sostituire delle parole ad altre parole, chiudendosi in un circolo vizioso vero e proprio. Il metodo positivo non si deve arrestare a battezzare con un nome tolto dalla patologia (spesso non si tratta che di semplici analogie) un insieme di fenomeni storici, ma deve andare in traccia della genesi e del modo di svolgimento dei medesimi fenomeni che, morbosi o no, vogliono essere indagati nelle loro cause e nella loro natura.
English translation (by Dr. Boyle):
It must be agreed that the psychological physiognomy of Christina of Sweden is not one that appears complete at first sight and on a superficial examination; on the contrary[,] it presents many aspects, and like a polyhedron, has many faces. The fact that she succeeded so soon, if finding her level is a proof that her intelligence found itself in antagonism with the surroundings in which she lived (A proof of this is furnished by the fact that Christina, after having founded the Roman Academy, to which the name of "Arcadia" was given, placed as the first article on its statutes, that it was absolutely forbidden to return to thanks to her.), she did not understand, in fact, could not adapt herself to the knavish customs, to the numerous prejudices, to the empty formalities, which, especially in matters of religion, at that time predominated. She felt herself at a disadvantage in the midst of those cardinals and prelates whose lives were so at variance with the spirit of Christianity. The politics of the time also aroused her anger, and nothing was more common than to see her applaud a generous act on the part of some State, or blame some indecorous action. Anyone considering Christina only from this point of view could do no less than judge her a woman of genius who was far in advance of her time. But besides her high intelligence, her love of classical studies, her taste for the arts, there must be noted her tendency to intrigue, to commit mean acts, to condescend to acts unworthy not only of a queen, but of any gentlewoman, and to push herself into matters which did not concern her. All these things prevent her from being placed in any ordinary classification. Thus, the lack of uniformity in her thoughts and in her actions is the fundamental characteristic of Christina's mind, a lack of uniformity which shows a weakness of will-power and energy and of that particular power which constitutes the nucleus of a human personality. Without this, indeed, it is impossible to have unity of thought and act which makes an individual at harmony with himself. Christina had normal perceptions (she never had visions nor hallucinations), a lucid, quick intelligence (as shown by her writings), but a weak will.
And emotivity? Regarding this we find in her what is present in all those who lack those inhibitory powers which contribute, on the one hand, to give unity to the character, and on the other, impeding, continuous and partial reactions to single impressions and being an obstacle to incessant loss of energy, cause the emotions to develop in the mind in a slower and more orderly but more intense manner; she had also a tendency to go in search of all those extraordinary facts which, by their singularity, were capable of stirring up her whole nature. In such a character is linked the restlessness peculiar to the queen, which[,] fearing neither discomfiture nor repulse, ventured always on something new, and also her mania for going in search of exceptional cases.
It has been said that Christina was exceedingly imaginative and fantastic, and this is so. The vastness of her culture, the brightness of her mind and the uninteresting surroundings in which she lived, all contributed to make her so. The great difference between her ideals and her real life would naturally carry her away and advance her further into the realm of dreams.
We shall not delay longer on the other psychological characteristics of Christina, as they represent the corollaries of those already mentioned. Hence, it is easily understood how an egotistic character — one with so weak a will could not do otherwise than reveal itself to society as immoral.
At this point one is met by the question: Is Christina's character, as it has just been delineated, to be placed among the normal or abnormal? It has always been said that she had an unbalanced, peculiar, eccentric, whimsical temperament, and Stearn, in the elaborate study before mentioned, places her in the intermediate zone between the sane and the insane. To us, however[,] it seems as if such a definition were too vague and indeterminate and that it is merely the paraphrase of an old, common opinion. If pathological psychology is to give us a term by means of which we can throw light on a given historical figure, it is necessary for it to descend to limited and precise minutiæ, the more so as we can now lay aside that generality which passed current only in the days of which we are writing, which placed a figure among the number of the divine or of the human, of the celestial or of the terrestrial. At present we wish, first of all, to diagnose the disease, then with regard to historic individuality, to note what part that disease played in the production of the events which occurred in the life of the personage in question. Now, in the case of Christina, is a definition of her mental disease possible? Is it possible to make a diagnose of her affection? We believe and frankly say that the psychological characteristics met with in her, authorize us to state that Christina in our judgment was the victim of hysteria. Nervous pathology, indeed, admits a peculiar disease, characterized by a complexity of the most varied phenomena, of which there are a few which are capable of leading us to a safe diagnosis. These are: egoism, vanity, contradictoriness, moral insensibility, a tendency to be fantastic and to wander, frivolity and a lively intelligence, all of which may for the most part be regarded as consequences of a weak will.
And with this the psychopathology of to-day would have made answer. Now it seems to us that there is room here for investigation, as to how far modern science can be benefited by such an answer. In the past it appeared quite an advancement to be able to judge by means of a formula or to incorporate in a scheme a given historical figure, which till then had been regarded as extraordinary; and it cannot be denied that thus on being successful in classifying among diseases of the human brain some of those which had been reputed "divine actions", we have shown a progress in knowledge. But now a new exigency presents itself; we may content ourselves with a simple definition of the mental state of a historical personage, but we wish to know in what relation the development of a given form of mental disease stands to the surroundings in which the person lived, as, on the other hand, it is necessary to know the part played by the disease in the accomplishment of the person's acts. It is only after having answered such questions that we can be said to have interpreted a historical individual by the light of psychopathology. If we had stopped at the simple definition of Christina's mental state, characterizing her as hysterical, what would we have done? We would have expressed comprehensively, in a single word, the whole of her psychological character, but science and history would have gained nothing. Hysteria, in fact, expresses a group of the most diverse phenomena, which may be determined by numerous causes, and until we have succeeded in ascertaining these we signify by the word hysteria only a number of symptoms deprived of any real value. In the case of Christina, for example, that assemblage of symptoms (egoism, vanity, frivolity, weakness of will), which we have called hysteria, may well have been due to other causes, and also have been produced very differently from those of any other form of hysteria; and the task of historical psychopathology is to exactly place en evidence the cause and evolution of a given pathological form in relation to historic surroundings. It must be borne in mind that morbid conditions of the mind are not like common diseases, each of which has a cause, progress, anatomical basis, course and fixed termination. In every case, on the other hand, it may be said that there is something peculiar and special, for each person has a different mental constitution and lives in a different historic and social conditions. And if we consider the events of Christina's life we are at once convinced that, had she been educated differently, and had she been able to apply her genius and excess of mental energy to great and glorious enterprises[,] she would not have appeared to us as hysterical. Hysteria, indeed, in her was not something decreed by fate which she had inherited from her ancestors, nor had it followed one or more definite causes, but it represented the epilogue of a great battle of elements and the final result of the great opposition which her intellect encountered in the surroundings in which she lived.
Hysteria, therefore, represents the termination, the consequence, the causes of which may be most diverse, and until we have determined these[,] we cannot be said to have interpreted psychologically a certain historical period, but only to have expressed[,] in a word, what was formerly done in more than one. What fundamental difference exists between saying Christina was hysterical and affirming that she was of a giddy, egotistical, capricious, fickle, weak character? None[,] it seems to us; but if, on the contrary[,] we can show in what way her mind, in given conditions, developed gradually; if we try to show clearly how her mind, partly by hereditary influence had been constrained to model itself into a certain shape, and if finally, we follow the action which the spirit of her century exercised over her will, then shall we have reconstructed, scientifically, a historical figure. In such a case the diagnosis of hysteria becomes an accessory fact to a long series of matters which are very important and worthy of recognition. Hysteria is not, therefore, the fundamental cause which determined the course of events of Christina's life, and gave to it its peculiar psychological physiognomy, but it is only the external expression or the effect of profound internal factors. It is clear, however, that we cannot deny that many of Christina's acts must be attributed to the hysterical turn of temperament which developed in her; but these are only secondary, accessory or subsequent.
We have already observed that one of the tasks of psychological history is to inquire up to what point the disease had taken part in the production of acts, famous or otherwise, which had been done by the person under examination; and now we must insist, because it seems to us a real danger, that of desiring to make a collection of the varied activities of the mind, and calling them morbid because there is one abnormal one met with.
We conclude that morbid mental conditions must be considered as complicated phenomena which presuppose variable genetic factors and by determining these in each case the importance of psychiatry in history is much diminished. Indeed[,] it appears to us a delusion to believe that one of the foundations of history may be the pathology of mind. We do not deny that in some rare instances it may be an important aid, but for the most part it only substitutes one word for others, enclosing itself in a faulty circle of its own. The positive method ought not to stop at calling by a name stolen from pathology (often considered only as simple analogy), a collection of historic phenomena, but must proceed to trace the genesis and mode of development of these phenomena, which[,] morbid or not, must have their causes and nature investigated[.]
Above: Kristina.
Above: Dr. Francesco de Sarlo.
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