Sources:
Una viragine regina: il virilismo di Cristina di Svezia, article written by Guglielmo Bilancioni for Rassegni di studi sessuali e di eugenica: anno IV, pages 315 to 318, published by Aldo Mieli, 1924
Aldo Mieli at WikiPink - L'Enciclopedia LGBT+ italiana
Rassegni di studi sessuali at WikiPink - L'Enciclopedia LGBT+ italiana
The article:
Cristina trascorse dunque la prima giovinezza in un'atmosfera domestica strana, che doveva avere influsso incancellabile sulla sua mentalità. Ricevette un'educazione virile in cui gli esercizi del corpo si alternavano con gli studi letterari e di politica. Dotata di pronta e acuta intelligenza, s'ingolfò in studi di ogni e più disparata disciplina, divenendo quasi enciclopedica: certo ella si mostrò, ancor giovane, sapiente di scultura, architettura, pittura e archeologia e conosceva undici lingue. Visse di continuo in un desiderio di moto e di instabilità, quasi a essere il contario di ciò che realmente era, riuscendo a divenire leggendaria e persino oggetto di una tragedia lirica di Felice Romani.
A diciotto anni prese le redini del governo e si mostrò indipendente dai suoi consiglieri. Ma deluse i voti della nazione, che avrebbe desiderato un erede del trono da un matrimonio regale; e soleva dire: «No, può nascere da me un Nerone come un Augusto».
Designò e fece riconoscere dagli Stati quale erede suo cugino Carlo Gustavo (1649) e si fece coronare l'anno seguente come re.
Ben presto cominciò lo scandalo dei favoriti. Il medico francese Bourdelot, il conte Marius Gabriel de la Gardie, Steinberg, A. Pimentel, ambasciatore di Spagna, ed altri si succedettero nel favore della sovrana, che mise pubblicamente in pratica una grossolana morale epicurea, prodigò i titoli, le dignità e i tesori dello stato. Lo ius murmurandi sfociò in mille clamori. Dilapidava talmente il denaro, che una volta non convocò il consiglio, temendo che la notizia dei suoi debiti lo scandalizzasse. D'altra parte aveva sinceramente a noia le cure dello stato, agitata dalla passione di libertà e d'indipendenza.
Nel giugno del 1654 depose la corona in favore del cugino Carlo Gustavo, dinanzi ai dignitari raccolti a Upsala. All'abdicazione seguì l'abiura del luteranismo, atto magnificato dai cattolici — prese il nome di Alessandra — come una conquista della chiesa romana. A ciò si deve il benevolo giudizio che della Regina hanno dati alcuni autori, come l'abate Ladvocat, nel suo Dizionario Storico portatile, ove scriveva: «Questa principessa aveva uno spirito vivo, e penetrante, una aria virile, fattezzi grandi, la vita un poco irregolare. Era generosa, affabile, di un carattere libero e sciolto».
Una memoria inedita del tempo traccia così bene la sua vita e il suo carattere che la riportiamo quasi integralmente:
«.... si vede fra gli homini un sogetto tanto singolare, che ha del soprahumano. Ogni lingua così ne discorre et sebene la compositione delle membra è più tosto piccola che mediocre, non di meno in essa rinchiude spirito sublime. La fronte spatiosa, occhi grandi e vivaci che molto allettano, naso aquilino, bocca piccola, ma però proportionata e bella, la voce, il modo di favellare, l'andare, i gesti tutti sono pieni di viril maestà; non ha di donna che il sesso e la gonna. Se cavalca sembra huomo perchè con l'ardire e con la disciplina inganna da lontano gli occhi di chi la mira, e tal volta incitando il destriero alla carriera pare che non si possa dar giuditio se lo faccia correre o volare. Il Re di Spagna ha voluto il suo ritratto in atto di cavalcare. Veste modestamente e aborre ogni ornamento in modo che quasi in tutto abbandona la cura di se stessa in ordine a i lussi: una volta la settimana e forsi più di rado concede il pettine alla chioma. Nel giorno di domenica spende mezz'hora in rassettare la persona, ne gli altri giorni apena un quarto. Alcuna volta consigliata di avanzare l'ornamenti di se stessa rispose che l'abbellirsi è l'istesso che perder tempo. Al sonno concede solo tre hore o quattro, al più cinque hore. Ordinariamente spende nel giorno nella lettura di varij libri. Dice soffrire il martirio quando si espone a pubblica mensa. Beve solamente acqua, non si duole giamai delle vivande, quantunque mal conditionate si siano. Qualsivoglia asprezza di freddo o rigore di caldo, incommodo di vigilie o altro più noioso disagio non l'infastidisce. Non suole mai burlarsi per infortunio alcuno, nè puol essere disgratia così grande che offuschi la quiete del suo cuore. Stima il sonno come la morte. L'intrepidità del suo genio non ha terrore che l'abbatta et in ogni occasione si mostra superiore all'accidente. Suole nel più rigido dell'inverno nella profonda notte circolare sopra li giacci per cinque o sei hore. Impiega il tempo matutino ne gli affari politici assisa giornalmente a i congressi del senato, nè ha voluto dispensarsene talhora travagliata di febre. Sovrasta a tutte le pubbliche occorenze e col proprio consiglio l'incamina all'esito loro. Li Ambasciatori delle Potentie trattano con lei sola et ella sola risponde e matura li trattati. Vuole che venghino in sua notitia tutti gli emergenti del suo stato, non lasciandoli alla totale dispositione de suoi Ministri. E' zelantissima della giustitia e però non s'induce a condonare la morte a i rei. Ama ogni Natione et in ciascuna stima la virtù. Suol dire che nel mondo si trovano due specie de gente, una buona e l'altra scelerata; questa detesta, et a quella porta affetto. Sdegna il matrimonio a segno che nessuno ardisce consigliarla a maritarsi dicendo essere nata libera e tale voler morire; e pare che in se stessa odij il sesso femminile, amando di trattar sempre con l'homini, trattenendo le donne nella sua corte più tosto per congruenza della sua maestà, che per servitio della sua persona. Conversa affabilmente, ma volendo mostrare il suo sdegno diviene così formidabile che gli astanti mandano sotto il timore così pusillanimi che sembrano come bambini. Si vede bene spesso da una ineffabile familiarità trasportarsi in punto ad una strema gravità, in modo che restando il senso ingannato sta in forse se ella sia l'istessa opure da lei stessa mutata. Ha intelligenza di molte lingue; gradisce la scientia di molti filosofi rethorici, Poeti e Santi Padri. Memoria divina più che humana, per lo che in continente conosce se alcuno poeta moderno si sia valuto delle idee di poeti antichi. Pare che habbia intelligentia di ogni materia, nè di cosa nessuna perde la memoria; giornalmente tiene occupato buon numero di segretarij a' quali detta le sue lettere e la sua liberalità corre all'eccesso per che non ha misura nel donare. Ha chiamato molti letterati dall'Italia e Germania e Francia e nessuno di loro è partito senza suo regalo. Non stima la vanità de' Regni terreni proportionata alla grandezza dell'animo suo e però l'abbandona, e nel grembo di S:ta Chiesa brama ricercare et perchè ha saputo reggere li Popoli vole mostrare al mondo saper dominare se medesima. Hor che si toglie al retaggio di licentiosa religione così incammina a sottoporsi al suave giogo della Catholica fede».
La sua conversione in vero fu da molti tenuta più un atto di leggerezza, vaga di cose straordinarie, che non frutto di matura convinzione. Si narra che, occorsale in un libro una citazione sulla Conversione della Regina di Svezia, esse interlineasse queste parole e scrivesse in margine: «Chi ha scritto non ne sapeva nulla e quello che ne sapeva qualcosa non ha scritto nulla».
In una lettera conservata alla biblioteca Harlayese si giudica:
«Sa taille est tout à fait irregulière; elle est voûtée; elle a une hanche hors d'architecture; elle boite; elle a le nez plus long que le pied, les yeux assez beaux, mais elle n'a pas la vue bonne; elle rit de si mauvaise grâce, que son visage se ride comme un morceau de parchemin que l'on met sur des charbons ardents; elle a un teton plus bas que l'autre d'un demi-pied, et si enfoncé sous l'epaule, qu'il semble qu'elle ait la moitié de la gorge absolument plate; elle n'a pas la bouche laide, pourvu qu'elle ne rie point; elle n'a pas soin de ses dents; elle pue assez honnêtement pour obliger ceux qui s'approchent à se précautionner et à se parer de la main. Elle a pris une perruque noire. La manière dont elle est habillée n'est pas moins extraordinaire que celle de sa personne, car, pour se distinguer de son sexe, elle porte des jupes fort courtes, avec un justacorps, un chapeau, un collet d'homme, ou un mouchoir quell'elle noue comme un cavalier qui va en partie; et quand elle porte une cravate comme les dames, elle ne laisse pas de fermer sa chemise jusqu'au menton, et de porter un petit collet d'homme, avec des manchettes telles que nous les portons; en sorte que la voyant marcher avec sa perruque noire, sa jupe courte, sa gorge fermée et son epaule élevée, on dirait que c'est un visage deguisé.....».
Ella non dissimulava e si conosceva benissimo nell'intimo, tanto che non si peritò di scrivere di sè:
«J'ai une aversion et une antipathie invincibles pour tout ce que font et disent les femmes. Irascible, fière et railleuse, je ne fais grace à personne. Je suis incrédule, fort peu dévote, et mon tempérament ardent et impérieux ne m'a pas donné moins de penchant pour l'ambition; cependant j'ai toujours résisté, mais uniquement par fierté et pour ne me soumettre à personne».
English translation (my own):
Kristina therefore spent her early youth in a strange domestic atmosphere, which must have had an indelible influence on her mentality. She received a virile education in which physical exercises alternated with literary and political studies. Endowed with a prompt and acute intelligence, she immersed herself in studies of every and the most disparate discipline, becoming almost encyclopedic: certainly, while still young, she showed herself to be knowledgeable in sculpture, architecture, painting and archeology and knew eleven languages. She lived continuously in a desire for motion and instability, almost as if she were the opposite of what she really was, managing to become legendary and even the subject of a lyrical tragedy by Felice Romani.
At eighteen she took the reins of government and showed herself independent of her advisors. But she disappointed the votes of the nation, which would have desired an heir to the throne from a royal marriage; and she used to say: "No, I could just as well give birth to a Nero as an Augustus."
She designated and had her cousin Karl Gustav recognised as her heir by her Estates (1649) and had herself crowned the following year as king.
The scandal of the favourites soon began. The French doctor Bourdelot, Count Magnus Gabriel de la Gardie, Steinberg, A. Pimentel, ambassador of Spain, and others succeeded one another in the favour of the sovereign, who publicly put into practice a crude Epicurean morality, lavished titles, dignities and treasures of the state. The jus murmurandi resulted in a thousand outcries. She squandered her money so much that she once did not call the Council, fearing that the news of her debts would scandalise it. She, on the other hand, was sincerely bored by the cares of the State, agitated by the passion for freedom and independence.
In June 1654 she laid down the Crown in favour of her cousin Karl Gustav, before the dignitaries gathered in Uppsala. Her abdication was followed by her renunciation of Lutheranism, an act magnified by Catholics — she took the name Alexandra — as a conquest of the Roman Church. To this we owe the benevolent opinion that some authors have given of the Queen, such as Abbot Ladvocat, in his Dictionnaire historique portatif, where he wrote: "This princess had a lively and penetrating spirit, a virile air, large features, her life a little irregular. She was generous, affable, with a free and loose character."
An unpublished memoir of the time traces her life and character so well that we report it almost in its entirety:
".... One sees among men such a singular subject, which has something superhuman. Every language speaks of her like this, and although the composition of her members is rather small than mediocre, she nonetheless contains a sublime spirit. The spacious forehead, large and lively eyes that are very alluring, aquiline nose, small but nevertheless proportionate and beautiful mouth, the voice, her way of speaking, her gait, her gestures are all full of virile majesty; all she has as a woman is her sex and her skirt. If she rides, she seems like a man because with courage and discipline she deceives the eyes of those who look at her from afar, and sometimes by encouraging the steed to run it seems that it is not possible to judge whether she makes him run or fly. The King of Spain wanted a portrait of her riding.
She dresses modestly and abhors every ornament so much so that she almost always abandons self-care regarding luxuries: once a week and perhaps more rarely she allows her hair to be combed. On Sundays she spends half an hour getting dressed, on other days she spends barely a quarter of an hour on it. Once, when advised to adorn herself more, she replied that beautifying oneself is the same as wasting time. She allows herself only three or four hours, at the most five hours, for sleep. She usually spends the day reading various books.
She says she suffers martyrdom when she exposes herself to the public table. She only drinks water, she never complains about food, no matter how badly prepared it is. Any harshness of cold or severity of heat, inconvenience of evenings or other bothersome discomforts do not bother her. She never makes fun of any misfortune, nor can it be a misfortune so great that it clouds the peace of her heart. She esteems sleep as death. The intrepidity of her genius has no fear of demolishing her, and on every occasion she shows herself superior to accident. She usually lies in the harshest winter in the deep circular night above them for five or six hours.
She devotes her morning hours to political affairs, she attends conferences of the Senate daily, nor did she want to dispense with it when tormented by fever. She overlooks all public affairs and guides them to their outcome with her own advice. The ambassadors of the powers negotiate with her alone, and she alone responds to and finalises the treaties. She wants all the emerging information to come to her, not leaving them at the total disposal of her ministers.
She is very zealous for justice, and therefore she cannot bring herself to condone the death of the guilty. She loves every nation and esteems her virtue in each. She says that in the world there are two kinds of people, one good and the other wicked; she hates the one and has affection for the other. She disdains marriage to the point that no one dares advise her to get married, she says she was born free and wants to die as such; and it seems that she in herself hates the female sex, loving to always deal with men, keeping women in her court more out of congruence with her majesty than out of service to her person.
She converses affably, but by wanting to show her disdain she becomes so formidable that the bystanders are frightened so cowardly that they seem like children. It is often seen that an ineffable familiarity is transported to the point of extreme gravity, so that if the sense remains deceived, it remains in doubt whether it is the same or changed by itself. She has understanding of many languages; she appreciates the science of many rhetorical philosophers, poets and the Holy Fathers. Her memory is divine rather than human, so she immediately knows if any modern poet has valued the ideas of ancient poets. It seems that she has intelligence in every subject, nor does she lose memory of anything; she keeps a good number of secretaries busy on a daily basis to whom she dictates her letters and her generosity runs to excess so that she has no measure in giving.
She called many men of letters from Italy and Germany and France, and none of them left without her gift. She does not consider the vanity of earthly kingdoms proportionate to the greatness of her soul and therefore she abandons it, and in the bosom of the Holy Church she longs to seek it; and because she has been able to govern the people, she wants to show the world that she knows how to dominate herself. Now that she is freeing herself from the legacy of licentious religion, she is moving towards submitting to the gentle yoke of the Catholic faith."
Her conversion in truth was considered by many to be more of an act of levity, vague with extraordinary things, than the result of mature conviction. It is said that, having come across a quote on the Conversion of the Queen of Sweden in a book, she underlined these words and wrote in the margin: "Whoever wrote this knew nothing about her, and the one who knew something about her wrote nothing."
In a letter preserved in the Harleian Library she is judged thus:
"Her size is completely irregular. She is lopsided; she has a hip outside of architecture. She walks with a limp; her nose is longer than her foot, her eyes are quite beautiful, but her eyesight is not good. She laughs with such bad grace that her face wrinkles like a piece of parchment placed on hot coals; she has one nipple lower than the other by half a foot, and so deep under her shoulder that it seems as if she has half of her throat absolutely flat. She does not have an ugly mouth as long as she does not laugh; she does not take care of her teeth. She honestly stinks enough to force those who approach to take precautions and shield themselves with their hands.
She wore a black wig. The way in which she is dressed is no less extraordinary than that of her person, because, to distinguish herself from her sex, she wears very short skirts, with a justaucorps, a hat, a man's collar, or a handkerchief which she ties like a cavalier who goes en partie; and when she wears a cravat like the ladies, she does not fail to close her chemise up to the chin, and to wear a little man's collar, with cuffs such as we wear them; so that seeing her walking with her black wig, her short skirt, her throat closed and her shoulders raised, one would say that she is a disguised face.....".
She did not dissimulate and knew herself very well inside, so much so that she did not hesitate to write about herself:
"I have an invincible aversion and antipathy for everything women do and say. Irascible, proud and mocking, I spare no one. I am incredulous, very little devout, and my ardent and imperious temperament has not given me less of a penchant for ambition; however, I have always resisted, but only out of pride and not to submit to anyone."
Above: Kristina.
Note: The addition of the study of the evil "science" of eugenics to the title of this magazine is suggested to be a result of the gradual and direct interference with it of the newly-arisen fascism in Italy at the time. From 1924 to 1926 "Rassegni di studi sessuali" (founded in 1921) actually gave many forward-thinking and modern contributions to the topic of homosexuality, but the aforementioned interference froze its founder Aldo Mieli's attempts to use the scientific method to address the topic of sexuality. From 1924 the magazine's contributions on homosexuality began to decrease and disappeared completely by 1928, the same year that Mieli, who was Jewish and himself gay, quit the magazine, left Italy and headed to France for his own safety.
No comments:
Post a Comment