Sources:
Descrizione del primo viaggio fatto a Roma dalla regina di Svezia, Cristina Maria, convertita alla religione cattolica e delle accoglienze quivi avute sino alla sua partenza, pages 74 to 88, by Cardinal Sforza Pallavicino, published in 1838
Vita di Alessandro VII, volume 1, pages 379 to 386, by Cardinal Sforza Pallavicino, published in 1839
Kristina's mentioned letter to Karl Gustav is here:
Above: Kristina.
The account:
I discorsi tenuti con la reina, e mentre ella dimorò nel Vaticano, e di poi, recarono al pontefice molta allegrezza, ma non sincera da molta sollecitudine. Nasceva la prima dall'aver scorta in lei una saldezza immobile nella fede in cui era tanto più fissa, quanto più gli spiriti grandi si stringono alle sentenze da essi abbracciate con l'intelletto proprio, che alle opinioni loro appiccate dalle autorità degli educatori. Ed a me avvenne di udirla dire: che arebbesi recato a molta vergogna se il papa, quantunque riputato da lei uomo santo, ed impareggiabile nelle altre virtù, in questa della fede l'avesse avanzata: che il resto delle lodi a lei dato dagli amorevoli, era lor cortesia; questa per quanto ne predicassero, era pura giustizia. Quindi sperava il pontefice, che movendosi i più degli uomini, non tanto dalle ragioni quanto dagli essempii, dovesse questo grand'atto corroborato dalla perseveranza trarre altri molti alla religione ortodossa ne' paesi boreali, dove più signoreggiava la rea, ed era maggiore l'estimazione e l'autorità di quella principessa. Alla quale speranza bentosto rispose qualche notabile effetto. Indi a poche settimane Cristano Augusto principe di Sulzback de' palatini del Reno, e primo chiamato alla ducea di Neuburgh, e di Giuliers, tirato, com'egli scrisse, da un tal essempio, si rendette cattolico: dove prima, quantunque scorgesse la falsità della setta propria, stava ritroso dall'approvar la verità della nostra. Vide anche il papa nella reina un animo generoso, candido, forte, nemico della vanità, e dell'ostentazione, amator dell'onesto per la pura onestà; si che una volta ella disse con quella espressione di voce e di volto, la quale non si può falsare dalla simulazione, che non arebbe fatta un'opera disconveniente, quando anche fosse stata invisibile a Dio; bastandole per freno il considerare che ne sarebbe spettatore l'animo proprio. L'intelletto poi fu sperimentato dal papa maraviglioso per verità, e non, come in sì fatti personaggi interviene, per amplificazione della fama, e ciò che glien'accrebbe la stima fu il conoscerlo maggiore, che nel resto, nelle materie agibili, a cui l'età e 'l sesso parea che la rendessero manco idonea, penetrando ella sì a dentro i fini, e le qualità buone, o cattive di tutti i principi viventi, e di tutti i loro dominanti ministri, come se ogni corte fosse stata per lei la Svezia. E della romana fra l'altre, con la quale innanzi non aveva tenuto commerzio, ed allora vi si era appena accostata, già intendeva lo stato, discernava le fazioni, e di coloro, con cui successivamente andava parlando, subito pesava i cervelli, e conosceva gli affetti con tal finezza, come arebbe potuto fare dopo molti anni d'ambasceria ogni gran senatore. Questo vigor d'intendimento accompagnato da tante doti, e in un animo sì cattolico, era materia di letizia al pontefice, come istromento efficace per opere santamente grandi.
In contrario gli apportavano ansietà non leggiera due cose: l'una lo star tanto al bujo intorno alle ferme entrate della reina: perciocchè quantunque si fosse egli tenuto lungi, nel trattato con lei di Svezia e di Fiandra, da ogni cenno di promessa, per una regola inviolabilmente da lui osservata, che niuno potesse opporre in simili casi, la conversione degli eretici comperarsi da noi, e vendersi da lor a prezzo: tuttavia nè la sua carità, nè il suo zelo gli arebbon permesso di lasciar in abbandono chi tutto avea abbandonato per Dio. Or egli sapea di non potersi fondare, com'era opinion della gente, nell'ajuto che la reina riceverebbe dagli Spagnuoli, perch'ella ed assente col mezzo del Nickel, e presente per se stessa era venuta con lui ad aperte dichiarazioni; che se avea lasciata la grandezza di reina, era ben pronta di sostener le incommodità di mendica; ma non intendeva già di abbassarsi alla viltà di serva: onde non voleva un soldo da verun principe secolare, le provvisioni de' quali sono in effetto vincoli di servaggio. Piacerle di passar maniere di cortesie con gli Spagnuoli, ma come libera, non come obbligata: imperocchè fin' a quell'ora si trovava creditrice con essi per servigj lor fatti, nell'ultimo tempo della sua dominazione, assai più importanti di ciò, che ne aveva, ricevuto in corrispondenza nello splendido accoglimento di Fiandra, e nell'onorevole accompagnamento di Roma. Anzi era in lei sì gran ripugnanza ad ogni ombra di soggezione verso qualunque principe, eccetto quello a cui soggiacciono tutti i fedeli, che a me disse una volta: quando non avesse potuto abitar in Roma, non veder ella per sè alcun angolo della terra: senza che insin dalla prima giunta, anzi nello stesso viaggio contrasse intrinsichezza co' cardinali, che si chiamavano dello squadrone (parte di essi stava in Roma, parte nella città, ov'ella passò, chi per ufficio di legazione, chi di vescovado) nome perpetuato in loro dopo il conclave dall'ambasciador di Spagna insieme con la perpetuazione dell'odio; e per contrario pigliò in estremo abborrimento il cardinal Gian Carlo capo della fazione Spagnuola, dalla cui bocca si stimò lacerata, ed abbominò insieme l'ambasciadore, parendole, che tendesse ad alienarla dal papa a fin de torle ogni altro refugio, che nelle braccia degli Spagnuoli. Onde con alte parole die' rifiuto alle sue istanze di lasciar sì la confidenza co' mentovati cardinali, quantunque a lei rappresentati da esso per odiosi al re cattolico; sì la conservazione di Pompeo Colonna principe di Gallicano, cavalier letterato, e avvenente, ma sospetto agli Spagnuoli nelle rivolte di Napoli, tanto che ne avevano proibito il commerzio a tutti quelli di lor divisa; sì finalmente a vantaggiar sopra gli altri baroni i grandi di Spagna con permetter loro in sua presenza il coprir la testa. Sopra che ben ella intendeva, che il negarlo a tutti le arebbe tolto il corteggio solamente di que' pochi, i quali si attribuivano special maggioranza; dove il concederlo a que' pochi sarebbe stato un bandire dalla sua casa tutti gli altri, i quali in gran copia con assidui ossequii la frequentavano. Anzi che il restarne ciascuno privo non era intollerabile, nè meno a primi, non essendo ciò confessione di parità, e potendo un medesimo privilegio venir negato egualmente a molti ineguali, come vedesi pur del coprire innanzi al papa. Ma il farlo godere ad alcuni, mentre gli altri ne rimanevano esclusi, sarebbe stato ne' secondi manifesto segno di minorità, la quale se non è grande e palese, non consente l'uomo per quanto può, che sia dichiarati. E benchè la reina si fosse studiata, che 'l papa stesso le proibisse l'usare tal differenza a titolo, che non fosse da lui comportabile nella sua reggia, come non fatta da se tra i baroni suoi vassalli, a cui l'esser grandi in Ispagna non dava prerogativa in Roma; con tutto ciò ricusando egli prudentemente d'uscir da' limiti del consiglio, e d'addossarsi questa querela degli Spagnuoli, e perciò dicendo che non avea fatto mai a veruno il maestro delle cerimonie, ella finalmente non dubitò di prender con l'ambasciadore a suo carico la ripulsa.
Non potendosi dunque fondare il sostegno della reina negli Spagnuoli, tutta la speranza per francarne il pontefice rimanea nell'entrate di Svezia, la quale speranza in vero parea sicurezza, secondo le regole del diritto; poichè statuendo le leggi di quel paese che 'l re in divenir cattolico sia privo della corona, e il suddito di tutti i beni, ella avea negoziato sì accortamente, che non era divenuta cattolica in tempo del suo dominio, e così l'avea lasciato per volontà di contratto, e non perduto come pena di delitto. Il contratto poi era tale, ch'ella in ricompensa della cessione si aveva riserbata la sovranità, e i dugento mila talleri annui menzionati davanti: stipulando, che per niun accidente di qualsisia natura, e quantunque impossibile a prevedersi, o imaginarsi, le potessero venir contesi. Dal che si traevano due conseguenze. La prima, ch'essendo ella non suddita, ma sovrana, restava esente dalla già detta legge penale, la quale non parlava se non de' sudditi. La seconda, che dovendole il regno le entrate sue per contratto, il quale s'era costuito inviolabile per tutti gli eventi, eziandio non possibili a cadere in testa d'uomo, assai più il contratto restava illeso dalla contravvenzione alla premostrata legge, il quale è un evento agevole al pensiero, e non insolito nell'effetto. E questa ferma ragione della reina pareva che acquistasse forza quanto all'esecuzione per la dovuta gratitudine del nuovo re, il quale da lei riconosceva il reame. Ed a lui essa fin da Inspruck avea scritta una breve lettera con dargli conto d'aver cambiata religione, e con mostrare di ritener l'antica amorevolezza verso di lui, e verso la Svezia. Ma di questa lettera non potevasi aver risposta, se non tarda, essendo il re passato nella Polonia, e stando quivi sempre in moto.
Per altra parte sapendosi l'odio di quella gente contra i cattolici, la molta avidità naturale del re (passione che suole ostare e prevalere all'affetto della gratitudine) e la proprietà universale dell'eresie, tutte originate e nutrite principalmente dalla rapacità, dubitavasi che 'l re col favore del popolo troverebbe ragioni per dispogliarla, le quali non mancano mai a chi può salariar molte penne per sostenerle. Or in questo caso il papa si vedeva a duro partito: perciocchè le gravezze da lui trovate ne' sudditi, e i bisogni straordinarii sopravvenuti di custodire i confini per le guerre propinque, di sovvenire a' poveri nella penuria del frumento, di mandar soccorsi a' cattolici assaltati dagli eretici nell'Elvezia, e nelle valli di Lucerna, l'obbligavano ad esser, come già scrisse quell'antico, publice avarus. Oltre a che essendo la reina d'animo vasto, e profuso, e avendo una spesa, la qual raddoppia tutte le altre, cioè la trascuraggine d'ogni economia, anche il molto per lei sarebbe riuscito poco.
Più anche dava pensier al pontefice il mirar nella reina rimasti in gran parte quegli stessi difetti da noi già rammemorati per argomento de' biasimi contra di lei sparsi in Fiandra, i quali difetti siccome davano assai nella vista, così erano potenti ad oscurar lo splendore del suo generoso rifiuto, e ad indorare per zelo la detrazione. E più che in Fiandra le disdicevano in Roma, sì per la minor libertà conceduta alle donne in questo paese caldo, che nella freddezza delle provincie aquilonari, sì perchè la dichiarazione di cattolica ricercava in lei ora operazioni di tal modestia, e di tal pietà, quali questa religione o prescrive, o consiglia. Parea dunque assai sconcio il vederla trattar sì liberamente, e facetamente con giovani, senza più di ritegno, che fosse stato per avervi un altro uomo di loro età. E maggiormente offendeva il non veder in lei quella divozione, la quale con una fede viva suol andar sempre congiunta; non ragionamenti di spirito, non lezioni di libri pii, non frequente o visitazione di chiese, o uso di sacramenti, molto meno penitenze di corpo, ed assiduità d'orazione. Alcune delle quali cose procedevano in lei da un tal suo principio, che la virtù dovesse star lungi dall'apparenza per esser pura, ad indirizzata all'ossequio di Dio, non all'applauso degli uomini; nel che si mescolava forse celatamente qualche spirito di alterigia, quasi spregiando come inferiori a se ogni altro, che Dio. Or il papa scorgendo questi mancamenti non piccioli per verità, ed amplificati dalla moltitudine, parte per indiscrezione, parte per astio, ne bramava l'emendazione, e nondimeno si tratteneva dall'ammonizione; sapendo che sì fatto medicamento con le persone d'alto affare convien che sia raro per esser efficace: altrimente o lo stomaco lo rigetta come a leggiero. Contennesi però in quel genere d'ammonizione coperta, ch'esorta al futuro senza toccar il passato, e perciò non ha seco l'amaro della riprensione, istillandole concetti pii, mostrandole a quale espettazione di se avesse ella eccitato il mondo, donandole alcuni libri spirituali piccioli di mole, ma pieni di sugo, e facendole conoscere in tutti i discorsi, che niuna gratitudine delle cortesie a lei fatte gli sarebbe stata più cara di questa, la qual risultasse in tanto pro, ed onor di lei stessa, ed insieme rendesse lodevole come da lei meritato ciò ch'egli avea fatto, ed era per fare in suo servigio. E perchè questi medesimi sì descritti concetti eran a lei dal papa accennati più tosto, ch'espressi; ed oltre a ciò egli per la sua narrata circospezione andava parco in darle audienza, valevasi d'alcune persone a lei gradite; le quali più assiduamente, e con quella libertà, che spesso è maggiore nella minor condizione, le predicasser lo stesso; e specialmente le dimostrassero eziandio come senso del papa, che in lei non sarebbe vizio di vana ipocrisia, anzi virtù di fruttuosa esemplarità il far apparir la divozione in ogni opera; purchè ordinasse ciò sempre con l'intenzione non a gloria sua, ma di Dio; col quale arebbe maggior merito dicendo un'ave Maria in palese, che recidando un rosario in secreto. E nel vero si scorgeva infinita la riverenza, e la dipendenza della reina verso la volontà del pontefice, affetto insolito nell'altura del suo cervello, ma prodotto dalla cognizione de' beneficii, e dalla estimazione della santità; onde un cenno a nome di lui bastava per fermarla, o per muoverla in ogni cosa. Incominciò dunque a visitar più spesso le chiese, e quivi massimamente nella celebrazione del sacrificio a non coprir que' divoti sensi, i quali ben si vedeva, che le scaturivan dal cuore in viso. E là dove aveva introdotta un'accademia per suo diporto, non solo fe' mostrar al pontefice e le regole statuite d'esercitarla, e i nomi delle persone d'ammettervi, affine di riformare il tutto a sua voglia; ma soppravvenendo la quaresima cambiò per quel sacro tempo le funzioni letterarie in trattenimenti spirituali, facendo musiche sacre, e mescolandovi qualche sermone de' più reputati predicatori.
Ma nella libertà del trattare s'emendava con gran lentezza, sì perchè di materia tanto dilicata non osavano gli altri d'avvertirla così espressamente, come del resto, sì perchè nel suo animo tutto maschile, e sincero non potevano entrare nè il debito del contegno donnesco, nè le cautele degli Italiani. Ed ultimamente nulla frenava d'una sua focosa vanità naturale, che le rendeva impossibile lo star lungamente ferma, ed usar quelle gravi maniere di voce, di volto, di concetti, senza le quali non si può conservar la venerazione, nè quasi schifare il disprezzo. Ma il pontefice veggendo che il frutto era di buona condizione, quantunque acerbo, confidava che 'l tempo con la maturità gli darebbe la perfezione.
With modernised spelling:
I discorsi tenuti con la re[g]ina e mentre ella dimorò nel Vaticano, e di poi, recarono al pontefice molta allegrezza, ma non sincera da molta sollecitudine. Nasceva la prima dall'aver scorta in lei una saldezza immobile nella fede in cui era tanto più fissa, quanto più gli spiriti grandi si stringono alle sentenze da essi abbracciate con l'intelletto proprio, che alle opinioni loro appiccate dalle autorità degli educatori. Ed a me avvenne di udirla dire che arebbesi recato a molta vergogna se il papa, quantunque riputato da lei uomo santo ed impareggiabile nelle altre virtù, in questa della fede l'avesse avanzata; che il resto delle lodi a lei dato dagli amorevoli, era lor cortesia; questa per quanto ne predicassero, era pura giustizia.
Quindi sperava il pontefice che, movendosi i più degli uomini, non tanto dalle ragioni quanto dagli esempi, dovesse questo grand'atto corroborato dalla perseveranza trarre altri molti alla religione ortodossa ne' paesi boreali, dove più signoreggiava la rea ed era maggiore l'estimazione e l'autorità di quella principessa. Alla quale speranza bentosto rispose qualche notabile effetto. Indi a poche settimane Cristano Augusto, principe di Sulzbach de' palatini del Reno, e primo chiamato alla ducea di Neuburg e di Giuliers, tirato, com'egli scrisse, da un tal esempio, si rendette cattolico; dove prima, quantunque scorgesse la falsità della setta propria, stava ritroso dall'approvar la verità della nostra.
Vide anche il papa nella re[g]ina un animo generoso, candido, forte, nemico della vanità e dell'ostentazione, amator dell'onesto per la pura onestà; si che una volta ella disse con quella espressione di voce e di volto, la quale non si può falsare dalla simulazione, che non arebbe fatta un'opera disconveniente, quando anche fosse stata invisibile a Dio; bastandole per freno il considerare che ne sarebbe spettatore l'animo proprio.
L'intelletto poi fu sperimentato dal papa maraviglioso per verità, e non, come in sì fatti personaggi interviene, per amplificazione della fama; e ciò che glien'accrebbe la stima fu il conoscerlo maggiore, che nel resto, nelle materie agibili, a cui l'età e 'l sesso parea che la rendessero manco idonea, penetrando ella sì a dentro i fini e le qualità buone, o cattive, di tutti i principi viventi e di tutti i loro dominanti ministri, come se ogni corte fosse stata per lei la Svezia.
E della romana fra l'altre, con la quale innanzi non aveva tenuto commerzio, ed allora vi si era appena accostata, già intendeva lo stato, discernava le fazioni; e di coloro, con cui successivamente andava parlando, subito pesava i cervelli e conosceva gli affetti con tal finezza, come arebbe potuto fare dopo molti anni d'ambasceria ogni gran senatore. Questo vigor d'intendimento accompagnato da tante doti, e in un animo sì cattolico, era materia di letizia al pontefice, come istromento efficace per opere santamente grandi.
In contrario gli apportavano ansietà non leggiera due cose: l'una lo star tanto al buio intorno alle ferme entrate della reina, perciocché quantunque si fosse egli tenuto lungi, nel trattato con lei di Svezia e di Fiandra, da ogni cenno di promessa, per una regola inviolabilmente da lui osservata, che niuno potesse opporre in simili casi, la conversione degli eretici comperarsi da noi, e vendersi da lor a prezzo. Tuttavia nè la sua carità, nè il suo zelo gli arebbon permesso di lasciar in abbandono chi tutto avea abbandonato per Dio.
Or egli sapea di non potersi fondare, com'era opinion della gente nell'aiuto che la re[g]ina riceverebbe dagli spagnuoli, perch'ella ed assente col mezzo del Nickel e presente per se stessa era venuta con lui ad aperte dichiarazioni; che se avea lasciata la grandezza di re[g]ina, era ben pronta di sostener le incommodità di mendica; ma non intendeva già di abbassarsi alla viltà di serva; onde non voleva un soldo da verun principe secolare, le provvisioni de' quali sono in effetto vincoli di servaggio.
Piacerle di passar maniere di cortesie con gli spagnuoli, ma come libera, non come obbligata; imperocché fin' a quell'ora si trovava creditrice con essi per servigi lor fatti nell'ultimo tempo della sua dominazione, assai più importanti di ciò che ne aveva ricevuto in corrispondenza nello splendido accoglimento di Fiandra e nell'onorevole accompagnamento di Roma.
Anzi era in lei sì gran ripugnanza ad ogni ombra di soggezione verso qualunque principe, eccetto quello a cui soggiacciono tutti i fedeli, che a me disse una volta. Quando non avesse potuto abitar in Roma, non veder ella per sè alcun angolo della terra; senza che insin dalla prima giunta, anzi nello stesso viaggio contrasse intrinsichezza co' cardinali che si chiamavano dello Squadrone (parte di essi stava in Roma, parte nella città, ov'ella passò, chi per uffizio di legazione, chi di vescovato) nome perpetuato in loro dopo il conclave dall'ambasciator di Spagna insieme con la perpetuazione dell'odio.
E, per contrario, pigliò in estremo abborrimento il cardinal Gian Carlo capo della fazione Spagnuola, dalla cui bocca si stimò lacerata, ed abbominò insieme l'ambasciadore, parendole, che tendesse ad alienarla dal papa a fin de torle ogni altro refugio, che nelle braccia degli Spagnuoli.
Onde con alte parole die' rifiuto alle sue istanze di lasciar sì la confidenza co' mentovati cardinali — quantunque a lei rappresentati da esso per odiosi al re cattolico — sì la conservazione di Pompeo Colonna, principe di Gallicano, cavalier letterato e avvenente, ma sospetto agli spagnuoli nelle rivolte di Napoli, tanto che ne avevano proibito il commerzio a tutti quelli di lor divisa; sì finalmente a vantaggiar sopra gli altri baroni i grandi di Spagna con permetter loro in sua presenza il coprir la testa.
Sopra che ben ella intendeva che il negarlo a tutti le arebbe tolto il corteggio solamente di que' pochi, i quali si attribuivano special maggioranza; dove il concederlo a que' pochi sarebbe stato un bandire dalla sua casa tutti gli altri, i quali in gran copia con assidui ossequi la frequentavano. Anzi che il restarne ciascuno privo non era intollerabile, nè meno a primi, non essendo ciò confessione di parità, e potendo un medesimo privilegio venir negato egualmente a molti ineguali, come vedesi pur del coprire innanzi al papa. Ma il farlo godere ad alcuni, mentre gli altri ne rimanevano esclusi, sarebbe stato ne' secondi manifesto segno di minorità, la quale se non è grande e palese, non consente l'uomo per quanto può che sia dichiarati.
E benché la re[g]ina si fosse studiata che 'l papa stesso le proibisse l'usare tal differenza a titolo che non fosse da lui comportabile nella sua reggia, come non fatta da se tra i baroni suoi vassalli, a cui l'esser grandi in Ispagna non dava prerogativa in Roma; con tutto ciò, ricusando egli prudentemente d'uscir da' limiti del consiglio e d'addossarsi questa querela degli Spagnuoli, e perciò, dicendo che non avea fatto mai a veruno il maestro delle cerimonie, ella finalmente non dubitò di prender con l'ambasciadore a suo carico la ripulsa.
Non potendosi dunque fondare il sostegno della re[g]ina negli spagnuoli, tutta la speranza per francarne il pontefice rimanea nell'entrate di Svezia, la quale speranza in vero parea sicurezza, secondo le regole del diritto; poiché, statuendo le leggi di quel paese che 'l re in divenir cattolico sia privo della Corona e il suddito di tutti i beni, ella avea negoziato sì accortamente che non era divenuta cattolica in tempo del suo dominio, e così l'avea lasciato per volontà di contratto e non perduto come pena di delitto.
Il contratto poi era tale ch'ella in ricompensa della cessione si aveva riserbata la sovranità e i dugento mila talleri annui menzionati davanti, stipulando che per niun accidente di qualsisia natura e quantunque impossibile a prevedersi, o imaginarsi, le potessero venir contesi, dal che si traevano due conseguenze. La prima, ch'essendo ella non suddita, ma sovrana, restava esente dalla già detta legge penale, la quale non parlava se non de' sudditi. La seconda, che dovendole il regno le entrate sue per contratto, il quale s'era costuito inviolabile per tutti gli eventi, eziandio non possibili a cadere in testa d'uomo, assai più il contratto restava illeso dalla contravvenzione alla premostrata legge, il quale è un evento agevole al pensiero e non insolito nell'effetto.
E questa ferma ragione della re[g]ina pareva che acquistasse forza quanto all'esecuzione per la dovuta gratitudine del nuovo re, il quale da lei riconosceva il reame. Ed a lui essa fin da Innsbruck avea scritta una breve lettera con dargli conto d'aver cambiata religione, e con mostrare di ritener l'antica amorevolezza verso di lui, e verso la Svezia. Ma di questa lettera non potevasi aver risposta, se non tarda, essendo il re passato nella Polonia e stando quivi sempre in moto.
Per altra parte, sapendosi l'odio di quella gente contra i cattolici, la molta avidità naturale del re (passione che suole ostare e prevalere all'affetto della gratitudine), e la proprietà universale dell'eresie, tutte originate e nutrite principalmente dalla rapacità, dubitavasi che 'l re col favore del popolo troverebbe ragioni per dispogliarla, le quali non mancano mai a chi può salariar molte penne per sostenerle.
Or, in questo caso il papa si vedeva a duro partito, perciocché le gravezze da lui trovate ne' sudditi, e i bisogni straordinari sopravvenuti di custodire i confini per le guerre propinque, di sovvenire a' poveri nella penuria del frumento, di mandar soccorsi a' cattolici assaltati dagli eretici nell'Elvezia, e nelle valli di Lucerna, l'obbligavano ad esser, come già scrisse quell'antico, publice avarus. Oltre a che essendo la re[g]ina d'animo vasto e profuso, e avendo una spesa, la qual raddoppia tutte le altre, cioè la trascuraggine d'ogni economia, anche il molto per lei sarebbe riuscito poco.
Più anche dava pensier al pontefice il mirar nella re[g]ina rimasti in gran parte quegli stessi difetti da noi già rammemorati per argomento de' biasimi contra di lei sparsi in Fiandra, i quali difetti siccome davano assai nella vista, così erano potenti ad oscurar lo splendore del suo generoso rifiuto, e ad indorare per zelo la detrazione. E più che in Fiandra le disdicevano in Roma, sì per la minor libertà conceduta alle donne in questo paese caldo, che nella freddezza delle provincie aquilonari, sì perché la dichiarazione di cattolica ricercava in lei ora operazioni di tal modestia e di tal pietà quali questa religione o prescrive, o consiglia.
Parea dunque assai sconcio il vederla trattar sì liberamente e facetamente con giovani, senza più di ritegno che fosse stato per avervi un altro uomo di loro età. E maggiormente offendeva il non veder in lei quella divozione, la quale con una fede viva suol andar sempre congiunta; non ragionamenti di spirito, non lezioni di libri pii, non frequente o visitazione di chiese, o uso di sacramenti, molto meno penitenze di corpo ed assiduità d'orazione. Alcune delle quali cose procedevano in lei da un tal suo principio che la virtù dovesse star lungi dall'apparenza per esser pura ad indirizzata all'ossequio di Dio, non all'applauso degli uomini, nel che si mescolava forse celatamente qualche spirito di alterigia, quasi spregiando come inferiori a se ogni altro che Dio.
Or, il papa, scorgendo questi mancamenti non piccioli per verità ed amplificati dalla moltitudine, parte per indiscrezione, parte per astio, ne bramava l'emendazione, e nondimeno si tratteneva dall'ammonizione; sapendo che sì fatto medicamento con le persone d'alto affare convien che sia raro per esser efficace, altrimente o lo stomaco lo rigetta come a leggero.
Contennesi però in quel genere d'ammonizione coperta, ch'esorta al futuro senza toccar il passato, e perciò non ha seco l'amaro della riprensione, istillandole concetti pii, mostrandole a quale espettazione di se avesse ella eccitato il mondo, donandole alcuni libri spirituali piccioli di mole, ma pieni di sugo, e facendole conoscere in tutti i discorsi che niuna gratitudine delle cortesie a lei fatte gli sarebbe stata più cara di questa, la qual risultasse in tanto pro, ed onor di lei stessa, ed insieme rendesse lodevole come da lei meritato ciò ch'egli avea fatto, ed era per fare in suo servigio.
E perché questi medesimi sì descritti concetti eran a lei dal papa accennati più tosto ch'espressi; ed oltre a ciò egli per la sua narrata circospezione andava parco in darle udienza, valevasi d'alcune persone a lei gradite, le quali più assiduamente, e con quella libertà che spesso è maggiore nella minor condizione, le predicasser lo stesso; e specialmente le dimostrassero eziandio come senso del papa che in lei non sarebbe vizio di vana ipocrisia, anzi virtù di fruttuosa esemplarità il far apparir la divozione in ogni opera; purché ordinasse ciò sempre con l'intenzione non a gloria sua, ma di Dio, col quale arebbe maggior merito dicendo un'ave Maria in palese che recidando un rosario in segreto.
E nel vero si scorgeva infinita la riverenza e la dipendenza della re[g]ina verso la volontà del pontefice, affetto insolito nell'altura del suo cervello, ma prodotto dalla cognizione de' benefici e dalla estimazione della santità, onde un cenno a nome di lui bastava per fermarla o per muoverla in ogni cosa. Incominciò dunque a visitar più spesso le chiese, e quivi massimamente nella celebrazione del sacrificio a non coprir que' divoti sensi, i quali ben si vedeva che le scaturivan dal cuore in viso.
E là dove aveva introdotta un'Accademia per suo diporto, non solo fe' mostrar al pontefice e le regole statuite d'esercitarla, e i nomi delle persone d'ammettervi, affine di riformare il tutto a sua voglia; ma, sopravvenendo la Quaresima, cambiò per quel sacro tempo le funzioni letterarie in trattenimenti spirituali, facendo musiche sacre, e mescolandovi qualche sermone de' più reputati predicatori.
Ma nella libertà del trattare s'emendava con gran lentezza, sì perché di materia tanto delicata non osavano gli altri d'avvertirla così espressamente come del resto, sì perché nel suo animo tutto maschile e sincero non potevano entrare nè il debito del contegno donnesco, nè le cautele degli italiani. Ed, ultimamente, nulla frenava d'una sua focosa vanità naturale che le rendeva impossibile lo star lungamente ferma ed usar quelle gravi maniere di voce, di volto, di concetti, senza le quali non si può conservar la venerazione, nè quasi schifare il disprezzo. Ma il pontefice, veggendo che il frutto era di buona condizione, quantunque acerbo, confidava che 'l tempo con la maturità gli darebbe la perfezione.
French translation (my own):
Les entretiens qu'il eut avec la reine, tant pendant son séjour au Vatican qu'après, causèrent le pontife beaucoup de joie, mais sans grande inquiétude. La première était qu'il avait vu en elle une fermeté inébranlable dans la foi, dans laquelle elle était d'autant plus ferme que les grands esprits s'attachent plus aux sentences qu'ils ont embrassées avec leur propre intelligence qu'aux opinions que leur attache l'autorité de leurs éducateurs.
Et il m'est arrivé de l'entendre dire qu'elle se serait fait une grande honte si le pape, quoique considéré par elle comme un saint homme et sans égal dans les autres vertus, l'eût surpassée dans cette vertu de la foi; que le reste des éloges que lui faisaient les gens aimants était leur courtoisie; ceci, quoiqu'ils en prêchaient beaucoup, était pure justice.
Le pontife espérait donc que, comme la plupart des hommes étaient mus moins par la raison que par l'exemple, ce grand acte, corroboré par la persévérance, en attirerait beaucoup d'autres à la religion orthodoxe dans les terres boréales, où les méchants régnaient davantage, et où l'estime et l'autorité de cette princesse étaient plus grandes. Cette espérance ne tarda pas à produire un effet notable. Quelques semaines plus tard, Christian-Auguste, prince de Sulzbach des Palatins du Rhin, et appelé pour la première fois dans le duché de Neubourg et de Juliers, attiré, comme il l'écrit, par un tel exemple, devint catholique; alors qu'auparavant, bien qu'il s'aperçut de la fausseté de sa propre secte, il hésitait à approuver la vérité de la nôtre.
Le pape voyait aussi dans la reine une âme généreuse, candide, forte, ennemie de la vanité et de l'ostentation, amoureuse de l'honnêteté pour sa pure honnêteté; à tel point qu'elle dit un jour avec cette expression de voix et de visage, qui ne peut être falsifiée par la simulation, qu'elle ne ferait pas une œuvre inconvenante, même si elle était invisible à Dieu. Il lui suffisait d'être retenue par la considération que sa propre âme en serait le spectateur.
Le pape trouva alors son intelligence merveilleuse pour la vérité, et non, comme il arrive à de telles personnes, pour l'amplification de la renommée; et ce qui augmentait son estime pour elle, c'était qu'elle en connaissait plus que dans le reste des choses pratiques, pour lesquelles son âge et son sexe semblaient la rendre moins apte, pénétrant si profondément dans les buts et les bonnes ou mauvaises qualités de tous les princes vivants et de tous leurs ministres dominants, comme si chaque cour eût été la Suède pour elle.
Et parmi les autres, parmi ceux avec lesquels elle n'avait eu jusqu'alors aucun rapport et qui venaient à peine de l'approcher, elle comprenait déjà l'état des choses, discernait les factions; et de ceux avec qui elle parlait ensuite, elle pesait immédiatement les esprits et connaissait les affections avec la finesse qu'aurait pu faire un grand sénateur après de nombreuses années d'ambassade. Cette vigueur d'intelligence, accompagnée de tant de qualités et dans une âme si catholique, était pour le pontife un sujet de joie, comme un instrument efficace pour de grandes œuvres saintes.
Au contraire, deux choses lui causaient beaucoup d'inquiétude. La première était qu'il était si obscur sur les revenus fixes de la reine, car, bien qu'il se fût tenu loin de toute promesse dans le traité avec elle de Suède et de Flandre, selon une règle inviolable par lui observée que personne ne pouvait s'opposer en pareil cas, la conversion des hérétiques pouvait être achetée par nous et vendue par eux à un prix. Cependant, ni sa charité ni son zèle ne lui auraient permis d'abandonner celui qui avait tout abandonné pour Dieu.
Or il savait qu'il ne pouvait compter, comme le pensait le peuple, sur le secours que la reine recevrait des Espagnols, car elle, absente par l'intermédiaire de Nickel et présente par elle-même, était venue lui déclarer ouvertement que si elle avait abandonné la grandeur de reine, elle était très prête à supporter les inconvénients d'une mendiante. Mais elle n'avait pas l'intention de s'abaisser à la bassesse d'une servante; c'est pourquoi elle ne voulait pas un sou d'aucun prince séculier, dont les provisions sont en réalité des liens de servitude.
Elle se plaisait à témoigner de la courtoisie aux Espagnols, mais en personne libre, non en personne obligée; car jusqu'alors elle leur avait été redevable de services rendus pendant la dernière période de sa domination, bien plus importants que ceux qu'elle avait reçus en retour dans le splendide accueil de la Flandre et dans l'honorable accompagnement de Rome.
En effet, elle avait une si grande répugnance pour toute ombre de soumission à quelque prince que ce soit — excepté celui auquel tous les fidèles sont soumis — qu'elle me dit un jour que si elle ne pouvait vivre à Rome, elle ne verrait aucun coin de la terre pour elle-même; et dès la première arrivée, même pendant le voyage, elle contracta une intimité avec les cardinaux qui s'appelaient l'Escadron (les uns étaient à Rome, les autres dans la ville où elle passait, les uns pour la fonction de légation, les autres pour la fonction d'évêque), nom perpétué en eux après le conclave par l'ambassadeur d'Espagne, en même temps que la perpétuation de la haine.
Et, au contraire, elle prenait avec une extrême horreur le cardinal Jean-Charles, chef de la faction espagnole, par la bouche duquel elle se sentait lacérée; et elle abhorrait aussi l'ambassadeur, lui semblant qu'il cherchait à l'éloigner du pape pour lui ôter tout autre refuge que les bras des Espagnols.
Sur quoi, à grands cris, elle repoussa ses demandes de quitter la confiance desdits cardinaux — bien qu'il les représentât comme odieux au roi catholique — et de garder Pompée Colonne, prince de Gallicano, beau et savant cavalier, mais suspecté par les Espagnols dans les révoltes de Naples, à tel point qu'ils avaient interdit le commerce avec lui à tous ceux de leur parti; et, enfin, de donner aux grands d'Espagne un avantage sur les autres barons en leur permettant de se couvrir la tête en sa présence.
De plus, elle comprenait bien que le leur refuser à tous, c'eût été la priver du cortège de ceux seulement qui prétendaient avoir une majorité spéciale, tandis que l'accorder à ces quelques-uns, c'eût été bannir de sa maison tous les autres qui en grand nombre la fréquentaient avec des obsèques assidues. Il n'était en effet pas intolérable que quelqu'un en soit privé, et encore moins le premier, car ce n'était pas là une confession d'égalité, et le même privilège pouvait être aussi refusé à de nombreux inégaux, comme on le voit aussi dans le cas de se couvrir devant le pape. Mais laisser certains en jouir tandis que d'autres en resteraient exclus aurait été un signe manifeste de minorité dans ce dernier, qui, s'il n'est pas grand et évident, ne permet pas à un homme de le déclarer, si grand qu'il soit.
Et quoique la reine eût tâché de faire défendre par le pape lui-même d'user d'une telle distinction sous un titre qu'il ne pût tolérer dans son palais, comme si elle n'eût pas été faite par elle-même parmi ses barons vassaux, à qui le fait d'être grand en Espagne ne donnait pas de prérogative à Rome, il refusa néanmoins prudemment de sortir des limites des conseils et de prendre sur lui cette plainte des Espagnols, et c'est pourquoi, disant qu'il n'avait jamais agi comme maître de cérémonies envers personne, elle n'hésita pas enfin à porter ce refus à son compte auprès de l'ambassadeur.
Comme l'appui de la reine ne pouvait pas être basé sur les Espagnols, tout espérance d'affranchir le pontife reposait sur les revenus de la Suède, espérance qui, à la vérité, semblait certaine, selon les règles du droit, puisque les lois de ce pays décrétaient que le roi, en devenant catholique, serait privé de la Couronne et sujet de tous ses biens, elle avait si habilement négocié qu'elle n'était pas devenue catholique pendant le temps de sa dominion et l'avait ainsi quittée par volonté de contrat et ne l'avait pas perdue comme peine de crime.
Le contrat était tel qu'en retour de la cession elle s'était réservé la souveraineté et les deux cent mille dalers annuels ci-dessus mentionnés, stipulant que pour aucun accident de quelque nature que ce soit, et si impossible à prévoir ou à imaginer, ils ne pouvaient lui être contestés, d'où l'on tirait deux conséquences. La première, que parce qu'elle n'était pas sujette, mais souveraine, elle restait exempte de ladite loi pénale, qui ne parlait que de sujets. La seconde, que parce que le royaume lui devait ses revenus par contrat, qui avait été rendu inviolable pour tous les événements, même ceux qui ne pouvaient tomber dans la tête d'un homme, le contrat restait beaucoup plus indemne de la contravention de ladite loi, qui est un événement facile à penser et pas inhabituel dans son effet.
Cette la ferme raison de la reine semblait se renforcer dans son exécution, grâce à la reconnaissance du nouveau roi, qui avait reconnu le royaume par sa reconnaissance. Elle lui avait écrit d'Innsbruck une courte lettre dans laquelle elle expliquait qu'elle avait changé de religion et lui montrait qu'elle conservait son ancienne affection pour lui et pour la Suède. Mais cette lettre ne pouvait recevoir de réponse que tardive, car le roi était passé en Pologne et y était toujours en déplacement.
D'un autre côté, connaissant la haine de ce peuple contre les catholiques, la grande avidité naturelle du roi (passion qui d'ordinaire entrave et prévaut sur l'affection de la reconnaissance), et la convenance universelle des hérésies, toutes nées et nourries principalement par la rapacité, il était douteux que le roi, avec la faveur du peuple, trouvât des raisons pour le dépouiller, qui ne manquent jamais à ceux qui peuvent louer plusieurs plumes pour le soutenir.
Or, dans ce cas, le pape se trouvait dans une position difficile, car les charges qu'il rencontrait parmi ses sujets, et les besoins extraordinaires qui surgissaient pour garder les frontières à cause des guerres voisines, pour aider les pauvres qui manquaient de blé, pour envoyer des secours aux catholiques attaqués par les hérétiques en Helvétie et dans les vallées de Lucerne, l'obligeaient à être, comme l'écrit déjà cet ancien écrivain, publice avarus. En outre, comme la reine avait une âme vaste et prodigue et avait des dépenses qui doublent toutes les autres, c'est-à-dire la négligence de toute économie, même beaucoup se serait avéré peu pour elle.
Ce qui inquiétait le plus le pontife, c'était de voir la reine encore en grande partie porter ces mêmes défauts que nous avons déjà rappelés comme la cause des reproches qu'on répandait contre elle en Flandre, défauts qui, tout en étant très visibles, étaient si puissants pour obscurcir l'éclat de son généreux refus et pour dorer de zèle la médisance. Et, plus qu'en Flandre, on la désapprouvait à Rome, soit à cause de la moindre liberté accordée aux femmes dans ce pays chaud que dans la froideur des provinces aquilonaires, soit parce que la déclaration du catholicisme exigeait maintenant dans ses opérations la modestie et la piété que cette religion prescrit ou conseille.
Il lui semblait donc très honteux de la voir traiter les jeunes gens avec tant de liberté et de facétie, sans plus de retenue qu'avec un homme de leur âge. Et il était encore plus choquant de ne pas voir en elle cette dévotion qui s'unit ordinairement à une foi vivante: pas de discussions spirituelles, pas d'études dans les livres pieux, pas de fréquentes visites aux églises ni d'usage des sacrements, encore moins de pénitence corporelle et d'assiduité à la prière. Certaines de ces choses provenaient en elle d'un principe tel que la vertu devait s'éloigner des apparences pour être pure et orientée vers l'hommage de Dieu, non vers les applaudissements des hommes, dans lesquels se mêlait peut-être quelque esprit de hauteur secrète, presque comme si elle méprisait comme inférieurs à elle tous les autres, excepté Dieu.
Or, le pape, s'apercevant de ces défauts, qui en vérité n'étaient pas petits, et qui étaient amplifiés par la multitude, en partie par indiscrétion et en partie par haine, désira leur amendement, et cependant il s'abstint de les avertir, sachant qu'un tel médicament doit être rare pour être efficace auprès des personnes de haute fonction, autrement l'estomac le rejette comme s'il s'agissait d'une chose légère.
Mais il se borna à cette sorte d'avertissement secret qui exhorte à l'avenir sans toucher au passé, et qui par conséquent n'a pas avec lui l'amertume du reproche, lui inculquant des idées pieuses, lui montrant à quelle attente d'elle-même elle avait excité le monde, lui donnant quelques livres spirituels, peu volumineux mais pleins de substance, et lui faisant savoir dans toutes leurs conversations qu'aucune reconnaissance pour les courtoisies qui lui étaient témoignées ne lui aurait été plus chère que celle-ci, qui lui ferait tant de bien et d'honneur, et en même temps rendrait louable, comme mérité par elle, ce qu'il avait fait et ce qu'il allait faire à son service.
Et comme ces mêmes idées décrites ci-dessus lui furent plutôt suggérées par le pape qu'exprimées, et qu'outre que, par sa circonspection, il fut avare de lui donner audience, il se servit de quelques personnes qui lui étaient agréables, qui le lui prêchèrent avec plus d'assiduité et avec cette liberté qui est souvent plus grande dans la condition inférieure; et surtout ils lui démontrèrent aussi le sentiment du pape que ce ne serait pas chez elle un vice de vaine hypocrisie, mais plutôt une vertu de qualité exemplaire et féconde de faire apparaître la dévotion dans toutes ses œuvres, pourvu qu'elle ordonne toujours cela dans l'intention, non de sa propre gloire, mais de celle de Dieu, auprès duquel elle aurait plus de mérite en disant un Ave Maria en public qu'en récitant un rosaire en privé.
Et, en vérité, on pouvait voir dans la reine une révérence infinie et une dépendance à l'égard de la volonté du pontife, affection inhabituelle dans la hauteur de son esprit, mais produite par la connaissance des bienfaits et l'estimation de la sainteté, de sorte qu'un signe en son nom suffisait pour l'arrêter ou l'émouvoir en tout. Elle commença donc à fréquenter plus souvent les églises, et là surtout au moment de la célébration du sacrifice, pour ne pas cacher ces sentiments de dévotion qu'on voyait clairement couler de son cœur sur son visage.
Et là où elle avait introduit une Académie pour son propre divertissement, non seulement elle se fit montrer par le pontife les règles établies pour son exercice et les noms des personnes qui y étaient admises, afin de réformer tout à sa guise, mais, quand le Carême arriva, elle changea les fonctions littéraires en divertissements spirituels pour ce temps sacré, exécutant de la musique sacrée et y mêlant quelques sermons des prédicateurs les plus réputés.
Mais dans la liberté de traiter, elle se corrigea très lentement, soit parce que les autres n'osaient pas la prévenir aussi expressément sur une question aussi délicate qu'ils le faisaient sur le reste, soit parce que dans son âme toute virile et sincère, ni le comportement convenable d'une femme ni la prudence des Italiens ne pouvaient entrer. Et enfin, rien de sa vanité ardente et naturelle ne la retenait, ce qui l'empêchait de rester ferme longtemps et d'utiliser ces manières sérieuses de voix, de visage et d'opinions, sans lesquelles on ne peut conserver la vénération ni presque éviter le mépris. Mais le pontife, voyant que le fruit était en bon état, bien qu'acerbe, était confiant que le temps, avec la maturité, lui donnerait la perfection.
Swedish translation (my own):
De samtal som hölls med drottningen, både när hon vistades i Vatikanen och efteråt, gav påven mycket glädje, men inte uppriktig av stor oro. Den första uppstod av att ha sett i henne en orubblig fasthet i den tro, i vilken hon var desto mer fixerad, ju fler stora sinnen klamrar sig fast vid de meningar de har antagit med sitt eget intellekt än vid de åsikter som är knutna till dem genom deras pedagogers auktoritet.
Och jag råkade höra henne säga att hon skulle ha gjort sig själv till stor skam om påven, även om påven av henne ansågs vara en helig man och sakna motstycke i de andra dygderna, hade överträffat henne i denna trosdygd; att resten av det beröm som gavs henne av kärleksfulla människor var deras artighet; detta, hur mycket de än predikade om det, var ren rättvisa.
Påven hoppades därför att eftersom de flesta män inte flyttades inte så mycket av anledning som till exempel, denna stora handling, bekräftad av uthållighet, skulle dra många andra till den ortodoxa religionen i de nordliga länderna, där de onda regerade mer, och där denna prinsessas uppskattning och myndighet var större. Till detta hopp svarade någon anmärkningsvärd effekt snart. Sedan, några veckor senare, blev Christian Augustus, pfalzgreve av Sulzbach och av Rhen, och först kallad till hertigdömet Neuburg och Gülich, som han skrev av ett sådant exempel, katolik; medan han tidigare, även om han insåg falskheten i sin egen sekt, var ovillig att godkänna vår sanning.
Påven såg också i drottningen en generös, uppriktig, stark själ, en fiende av fåfänga och prålighet, en älskare av ärlighet för dess rena ärlighet; så mycket att hon en gång sade med det uttrycket av röst och ansikte som inte kan förfalskas genom simulering att hon inte skulle göra ett oanständigt arbete, även om det vore osynligt för Gud. Det räckte för henne att hållas tillbaka av hänsynen till att hennes egen själ skulle bli åskådare av det.
Påven fann då hennes intellekt underbart för sanning och inte, som händer hos sådana personer, för att förstärka berömmelsen; och vad som ökade hans aktning för det var hennes större kunskap därom än i resten av praktiska frågor, för vilka hennes ålder och kön tycktes göra henne mindre lämpad, tränga så djupt in i alla levande furstars syften och goda eller dåliga egenskaper och in i dem hos alla deras dominerande ministrar, som om varje hov hade varit Sverige för henne.
Och bland de andra, bland dem som hon tidigare inte haft något att göra med, och som då bara hade närmat sig henne, förstod hon redan staten, urskiljde fraktionerna; och av dem som hon därefter talade med, vägde hon omedelbart deras sinnen och kände till deras tillgivenhet med sådan finess som vilken stor senator som helst kunde ha gjort efter många års ambassad. Denna kraft av förståelse, åtföljd av så många egenskaper, och i en sådan katolsk själ, var en glädjefråga för påven, som ett effektivt instrument för stora heliga gärningar.
Tvärtom vållade två saker honom ingen ringa oro: den första var att han var så i mörkret om drottningens fasta inkomst, emedan han hållit sig långt ifrån något löfte i fördraget med henne om Sverige och Flandern, genom en av honom okränkbar regel, som ingen kunde motsätta sig i sådana fall, kunde kättares omvändelse köpas av oss och säljas av dem till ett pris. Icke desto mindre skulle varken hans välgörenhet eller hans iver ha tillåtit honom att överge en som hade övergivit allt för Gud.
Nu visste han att han inte kunde förlita sig, som folkets åsikt var, på den hjälp som drottningen skulle få av spanjorerna, eftersom hon, både frånvarande genom nickel och närvarande i sig själv, hade kommit till honom med öppenhet. deklarationer; att om hon hade övergivit drottningens storhet, var hon mycket redo att stödja en tiggares olägenheter. Men hon hade inte för avsikt att sänka sig till en tjänarens vedervärdighet; därför ville hon inte ha ett öre av någon världslig furste, vars bestämmelser i själva verket är träldomsband.
Hon var glad över att visa hövlighet mot spanjorerna, men som en fri person, inte som en skyldig; ty fram till den tiden hade hon stått i skuld till dem för tjänster, som under den sista tiden av hennes herradöme gjorts åt dem, långt viktigare än vad hon fått i gengäld i det praktfulla mottagandet av Flandern och i Roms hedervärda ackompanjemang.
Hon hade verkligen en så stor avsky för varje skugga av att underordna sig någon furste som helst — utom den som alla de troende är underkastade — att hon en gång sa till mig att om hon inte kunde bo i Rom, så skulle hon inte se något hörn av jorden för sig själv; och från den första ankomsten, egentligen under själva resan, fick hon intimitet med kardinalerna som kallade sig Skvadronen (några av dem var i Rom, några i staden där hon passerade, några för legationsämbetet, några för att biskopsämbete) ett namn som förevigats i dem efter konklaven av Spaniens ambassadör, tillsammans med hatets förevigande.
Och tvärtom tog hon med yttersta avsky kardinal Gian Carlo, chef för den spanska fraktionen, genom vars mun hon kände sig sårad; och hon avskydde också ambassadören, det föreföll henne som om han hade för avsikt att alienera henne från påven för att ta ifrån henne någon annan tillflyktsort än i spanjorernas armar.
Varpå hon med högljudda ord vägrade hans förfrågningar om att lämna de ovannämnda kardinalernas förtroende — fastän de av honom representerades som hatiska mot den katolske konungen — och att behålla Pompeo Colonna, prins av Gallicano, en stilig och lärd kavaljer, men misstänkt av spanjorerna i Neapels revolter, så mycket att de hade förbjudit kommers med honom för alla i deras parti; och slutligen att ge Spaniens stormän en fördel framför de andra baronerna genom att låta dem täcka sina huvuden i hennes närvaro.
Dessutom förstod hon väl att om man nekade dem alla den skulle ha berövat henne kortegen av endast de få som påstod sig ha en särskild majoritet, medan att ge den till de få skulle ha varit att förvisa alla andra från hennes hus som i stort antal besökte henne med flitiga hedersbetygelser. Det var faktiskt inte outhärdligt för någon att bli berövad den, allra minst till de första, eftersom detta inte var en bekännelse om jämbördighet, och samma privilegium kunde lika förvägras många ojämlika, vilket också kan ses i fallet att täcka sig inför påven. Men att låta vissa njuta av den medan andra förblev utestängda skulle ha varit ett uppenbart tecken på minoritet i den senare, som, om den inte är stor och uppenbar, inte tillåter en man att deklarera det, hur mycket han än kan.
Och även om drottningen hade strävat efter att få påven själv att förbjuda henne att använda en sådan distinktion under någon titel som han inte kunde tolerera i sitt palats, som om den inte hade gjorts av henne själv bland hennes vasallbaroner, för vilka var stor i Spanien inte gav prerogativ i Rom, vägrade han ändå försiktigt att gå utanför rådets gränser och ta på sig detta klagomål från spanjorerna, och därför, eftersom hon sa att han aldrig hade agerat som ceremonimästare för någon, gjorde hon slutligen inte tveka att ta vägran till hennes egen räkning med ambassadören.
Då drottningens stöd inte kunde grundas på spanjorerna, vilade allt hopp om att befria påven på Sveriges inkomster, vilket hopp i sanning syntes visst, enligt lagarnas regler, eftersom det landets lagar förordnade, att konungen, när hon blev katolik, skulle berövas Kronan och subjektet för alla hans gods, hade hon förhandlat så skickligt att hon inte hade blivit katolik under hennes regeringstid och så hade lämnat det genom egen vilja och inte förlorat det som en straff för brott.
Kontraktet var sådant att hon i utbyte mot överlåtelsen hade förbehållit sig själv suveräniteten och de tvåhundratusen årliga daler som nämnts ovan, stadgat att för ingen olycka av något slag som helst, och hur omöjlig att förutse eller föreställa sig, kunde de bestridas från henne, varav två konsekvenser drogs. Den första, att eftersom hon inte var ett undersåte, utan en suverän, förblev hon befriad från nämnda strafflag, som bara talade om undersåtar. Den andra, att emedan riket var skyldig henne sina inkomster genom kontrakt, som gjorts okränkbara för alla händelser, även de som inte var möjliga att falla i en mans huvud, förblev kontraktet mycket mer oskadat genom överträdelsen av nämnda lag, som är en händelse lätt att tänka på och inte ovanlig i effekt.
Och detta drottningens bestämda skäl tycktes få styrka beträffande dess genomförande genom den nye konungens vederbörliga tacksamhet, som erkände riket från henne. Och hon hade skrivit ett kort brev till honom från Innsbruck och förklarat att hon hade bytt religion och visat att hon behöll sin gamla tillgivenhet för honom och för Sverige. Men på detta brev kunde det inte finnas något svar om det inte var ett sent, ty konungen hade gått in i Polen och var alltid på väg dit.
Å andra sidan, med kännedom om dessa människors hat mot katolikerna, konungens stora naturliga girighet (en passion som vanligtvis hindrar och råder över tacksamhetens tillgivenhet), och den universella anständigheten hos kätterier, som alla har sitt ursprung och näring huvudsakligen av rovgirighet, var det tveksamt om konungen med folkets gunst skulle finna skäl att plundra dem, som aldrig saknas för dem som kan hyra många pennor att stödja dem.
Nu, i detta fall befann sig påven i en svår situation, eftersom bördorna han fann bland sina undersåtar och de extraordinära behov som uppstod för att bevaka gränserna på grund av de närliggande krigen, för att hjälpa de fattiga i bristen på spannmål, att skicka hjälp till katolikerna som attackerades av kättare i Schweiz och i Luzerns dalar, tvingade honom att vara, som den antika författaren redan hade skrivit, publice avarus. Utöver detta fanns det faktum att eftersom drottningen var av en stor och rik själ och hade en kostnad som fördubblar alla andra — det vill säga försummelsen av varje ekonomi — skulle till och med mycket ha visat sig vara lite för henne.
Ännu mer oroande för påven var åsynen av att drottningen fortfarande till stor del hade samma defekter som vi redan har erinrat om som orsaken till de förebråelser som spreds mot henne i Flandern, vilka defekter, precis som de var mycket synliga, var så mäktig i att fördunkla glansen av hennes generösa vägran och förgylla neddragningen med iver. Och, mer än i Flandern, ogillade de henne i Rom, både på grund av den mindre frihet som ges kvinnor i detta varma land än i kylan i de norra provinserna, och på grund av att katolicismens förklaring nu krävde i hennes verksamhet sådan blygsamhet och sådan fromhet som denna religion antingen föreskriver eller råder.
Det verkade därför mycket skamligt att se henne traktera så fritt och skämtsamt med unga män utan någon mer återhållsamhet än det skulle ha varit med en annan man i deras ålder. Och det var ännu mer stötande att inte se i henne den hängivenhet som vanligtvis kombineras med en levande tro: inga andliga diskussioner, inga lärdomar från fromma böcker, inga frekventa besök i kyrkor eller användning av sakramenten, än mindre kroppslig bot och envishet i bön. En del av dessa ting utgick hos henne från en sådan princip att dygden borde vara långt ifrån skenet för att vara ren och riktad till Guds hyllning, inte till människors applåder, i vilken kanske någon ande av högmod i hemlighet blandades, nästan som om hon föraktade som underlägsna henne alla andra utom Gud.
Nu påven, som förstod dessa brister, som i sanning inte var små och som förstärktes av mängden, dels genom indiskretion och dels genom hat, önskade deras rättelse, och ändå avstod han från att förmana dem; han visste att ett sådant läkemedel måste vara sällsynt för att vara effektivt med personer med högt ämbete, annars avvisar magen det som om det vore något lätt.
Men han inskränkte sig till den sortens förtäckta förmaning, som förmanar en till framtiden utan att beröra det förflutna, och därför inte har med sig tillrättavisningens bitterhet, ingjutande i hennes fromma begrepp, visar henne till vilken förväntan av sig själv hon hade väckt världen, och gav henne några andliga böcker, små i bulk men fulla av innehåll, och gjorde det känt för henne i alla deras samtal att ingen tacksamhet för den artighet som hon visades skulle ha varit kärare för honom än detta, som skulle resultera i så mycket nytta och ära för henne, och på samma gång skulle göra berömvärt, som förtjänt av henne, vad han gjort och vad han skulle göra i hennes tjänst.
Och eftersom samma begrepp som beskrivits ovan antyddes för henne av påven snarare än uttrycktes, och förutom att han, på grund av sin förutnämnda försiktighet, var sparsam med att ge henne en audiens, använde han sig av några personer som behagade henne, som mera ihärdigt och med den frihet, som ofta är större i det mindre tillståndet, predikade detsamma för henne; och särskilt visade de också för henne påvens känsla att det i henne inte skulle vara en last av fåfängt hyckleri, utan snarare en dygd av fruktbar exemplarisk kvalitet att få hängivenhet att synas i varje verk, förutsatt att hon alltid beordrade detta med avsikt inte av hennes egen ära, men av Guds, med vilken hon skulle ha större förtjänst genom att säga en Ave Maria offentligt än genom att recitera en rosenkransbön privat.
Och i sanning kunde man se drottningens oändliga vördnad för och beroende av påvens vilja, en tillgivenhet ovanlig i hennes hjärnas höghet, men framkallad av kunskapen om fördelarna och uppskattningen av helighet, så att ett tecken i hans namn var tillräckligt för att stoppa eller för att röra henne i allt. Hon började därför besöka kyrkorna oftare, och där särskilt i offrets firande, för att inte dölja de andaktsfulla känslor som man tydligt kunde se strömma från hennes hjärta till hennes ansikte.
Och där hon hade infört en Akademi för sin egen nöje, lät hon inte bara påven visa henne reglerna för dess utövande och namnen på de personer som skulle antas för att reformera allt efter hans smak, utan, när fastan kom, ändrade hon de litterära funktionerna till andlig underhållning för den heliga tiden, framförde helig musik och blandade in några predikningar av de mest välrenommerade predikanterna.
Men i friheten i att traktera ändrade hon sig mycket långsamt, både för att andra inte vågade varna henne så uttryckligen för en så ömtålig sak som de gjorde för resten, och för att i hennes fullständigt manliga och uppriktiga själ varken en kvinnas tillbörliga uppförandet eller italienarnas försiktighet kunde komma in. Och slutligen var det ingenting av hennes eldiga och naturliga fåfänga som hindrade henne, som gjorde det omöjligt för henne att förbli fast länge och att använda dessa allvarliga sätt hos rösten, ansiktet och åsikterna, utan vilka man inte kan bevara vördnad eller nästan undvika förakt. Men påven, som såg att frukten var i gott skick, även om den var omogen, var övertygad om att tiden med mognad skulle ge den perfektion.
English translation (my own):
The discourses held with the Queen, both while she stayed in the Vatican and afterwards, brought the Pontiff much joy, but not sincere from much concern. The first arose from having seen in her an immovable firmness in the faith in which she was all the more fixed, the more great minds cling to the sentences they have embraced with their own intellect than to the opinions attached to them by the authority of their educators.
And I happened to hear her say that she would have brought herself to great shame if the Pope, although considered by her to be a holy man and unparalleled in the other virtues, had surpassed her in this virtue of faith; that the rest of the praise given to her by loving people was their courtesy; this, however much they preached about it, was pure justice.
The Pontiff therefore hoped that, as most men were moved not so much by reason as by example, this great act, corroborated by perseverance, would draw many others to the orthodox religion in the boreal lands, where the wicked reigned more, and where the esteem and authority of that princess was greater. To this hope some notable effect soon responded. Then, a few weeks later, Christian Augustus, Prince of Sulzbach of the Palatines of the Rhine, and first called to the duchy of Neuburg and Gülich, drawn, as he wrote, by such an example, became a Catholic; whereas before, although he perceived the falsity of his own sect, he was reluctant to approve the truth of ours.
The Pope also saw in the Queen a generous, candid, strong soul, an enemy of vanity and ostentation, a lover of honesty for its pure honesty; so much so that she once said with that expression of voice and face, which cannot be falsified by simulation, that she would not do an unseemly work, even if it were invisible to God. It was enough for her to be restrained by the consideration that her own soul would be the spectator of it.
The Pope then found her intellect marvellous for truth, and not, as happens in such persons, for the amplification of fame; and what increased his esteem for it was her greater knowledge of it, than in the rest, of practicable matters, for which her age and sex seemed to make her less suited, penetrating so deeply into the aims and the good or bad qualities of all living princes and of all their dominant ministers, as if every court had been Sweden for her.
And among the others, among those with whom she had not previously had any dealings, and who had then only just approached her, she already understood the state, discerned the factions; and of those with whom she subsequently spoke, she immediately weighed their minds and knew their affections with such finesse as any great senator could have done after many years of embassy. This vigour of understanding, accompanied by so many qualities, and in such a Catholic soul, was a matter of joy to the Pontiff, as an effective instrument for great holy works.
On the contrary, two things caused him no small anxiety: the first was that he was so in the dark about the Queen's firm income, because, although he had kept himself far from any promise in the treaty with her of Sweden and Flanders, by a rule inviolably observed by him that no one could oppose in such cases, the conversion of heretics could be bought by us and sold by them at a price. Nevertheless, neither his charity nor his zeal would have permitted him to abandon one who had abandoned everything for God.
Now he knew that he could not rely, as was the opinion of the people, on the help that the Queen would receive from the Spanish, because she, both absent through the means of Nickel and present in herself, had come to him with open declarations; that if she had abandoned the greatness of queen, she was very ready to support the inconveniences of a beggar. But she did not intend to lower herself to the vileness of a servant; therefore she did not want a penny from any secular prince, whose provisions are in effect bonds of servitude.
She was pleased to show courtesy to the Spaniards, but as a free person, not as an obligated one; for up to that time she had been in debt to them for services rendered to them during the last period of her dominion, far more important than what she had received in return in the splendid reception of Flanders and in the honourable accompaniment of Rome.
Indeed, she had such a great repugnance for any shadow of subjection to any prince — except the one to whom all the faithful are subject — that she once said to me that if she could not live in Rome, she would not see any corner of the earth for herself; and from the first arrival, indeed during the very journey, she contracted intimacy with the cardinals who called themselves the Squadron (some of them were in Rome, some in the city, where she passed, some for the office of legation, some for the office of bishop) a name perpetuated in them after the conclave by the ambassador of Spain, together with the perpetuation of odium.
And, on the contrary, she took with extreme abhorrence Cardinal Gian Carlo, head of the Spanish faction, by whose mouth she felt wounded; and she also abhorred the ambassador, it seeming to her that he was intending to alienate her from the Pope in order to take away from her any other refuge than in the arms of the Spaniards.
Whereupon, with loud words, she refused his requests to leave the confidence of the aforementioned cardinals — although they were represented by him as hateful to the Catholic King — and to keep Pompeo Colonna, Prince of Gallicano, a handsome and learned cavaliere, but suspected by the Spaniards in the revolts of Naples, so much so that they had forbidden commerce with him to all those of their party; and, finally, to give the grandees of Spain an advantage over the other barons by allowing them to cover their heads in her presence.
Moreover, she well understood that to deny it to all of them would have deprived her of the cortège of only those few who claimed to have a special majority, whereas to grant it to those few would have been to banish from her house all the others who in great numbers frequented her with assiduous obsequies. Indeed, it was not intolerable for anyone to be deprived of it, least of all to the first, as this was not a confession of equality, and the same privilege could be equally denied to many unequals, as can also be seen in the case of covering oneself before the Pope. But to let some enjoy it while others remained excluded would have been a manifest sign of minority in the latter, which, if it is not great and evident, does not allow a man to declare it, however much he can.
And although the Queen had endeavoured to have the Pope himself forbid her to use such a distinction under any title that he could not tolerate in his palace, as if it had not been made by herself among her vassal barons, to whom being great in Spain did not give prerogative in Rome, he nevertheless prudently refused to go beyond the limits of counsel and to take upon himself this complaint of the Spaniards, and therefore, saying that he had never acted as master of ceremonies to anyone, she finally did not hesitate to take the refusal to her own account with the ambassador.
Since the Queen's support could not be based on the Spaniards, all hope for freeing the Pontiff rested on the revenues of Sweden, which hope in truth seemed certain, according to the rules of law, since the laws of that country decreed that the King, on becoming Catholic, should be deprived of the Crown and the subject of all his estates, she had negotiated so cleverly that she had not become Catholic during the time of her dominion and so had left it by will of contract and not lost it as a penalty for crime.
The contract was such that in return for the cession she had reserved for herself the sovereignty and the two hundred thousand annual dalers mentioned above, stipulating that for no accident of any nature whatsoever, and however impossible to foresee or imagine, could they be contested from her, from which two consequences were drawn. The first, that because she was not a subject, but a sovereign, she remained exempt from the said penal law, which spoke only of subjects. The second, that because the kingdom owed its revenues to her by contract, which had been made inviolable for all events, even those not possible to fall into a man's head, the contract remained much more unharmed by the contravention of the said law, which is an event easy to think of and not unusual in effect.
And this the Queen's firm reason seemed to gain strength as to its execution through the due gratitude of the new King, who recognised the kingdom from her. And she had written him a short letter from Innsbruck, explaining that she had changed her religion, and showing that she retained her old affection for him and for Sweden. But to this letter there could be no answer unless it were a late one, for the King had passed into Poland and was always on the move there.
On the other hand, knowing the hatred of those people against the Catholics, the great natural avidity of the King (a passion which usually hinders and prevails over the affection of gratitude), and the universal propriety of heresies, all originating and nourished principally by rapacity, it was doubtful whether the King, with the favour of the people, would find reasons to despoil them, which are never lacking to those who can hire many pens to support them.
Now, in this case the Pope found himself in a difficult position, because the burdens he found among his subjects, and the extraordinary needs that arose to guard the borders because of the nearby wars, to help the poor in the shortage of grain, to send aid to the Catholics attacked by heretics in Switzerland, and in the valleys of Lucerne, obliged him to be, as that ancient writer had already written, publice avarus. Besides this, there was the fact that because the Queen was of a vast and profuse soul and had an expense which doubles all the others — that is to say, the neglect of every economy, — even much would have turned out to be little for her.
Even more worrying to the Pontiff was the sight of the Queen still having in large part those same defects that we have already recalled as the reason for the reproaches spread against her in Flanders, the which defects, just as they were very visible, were so powerful in obscuring the splendour of her generous refusal, and in gilding the detraction with zeal. And, more than in Flanders, they disapproved of her in Rome, both because of the lesser freedom granted to women in this warm country than in the coldness of the northern provinces, and because the declaration of Catholicism now required in her operations such modesty and such piety as this religion either prescribes or advises.
It seemed very shameful, then, to see her treating so freely and facetiously with young men without any more restraint than there would have been in having another man of their age. And it was even more offensive not to see in her that devotion which is usually combined with a living faith: no spiritual discussions, no lessons from pious books, no frequent visits to churches or use of the sacraments, much less bodily penance and assiduity in prayer. Some of these things proceeded in her from such a principle that virtue should be far from appearances in order to be pure and directed to the homage of God, not to the applause of men, in which perhaps some spirit of haughtiness was secretly mixed, almost as if she scorned as inferior to herself all others but God.
Now, the Pope, perceiving these shortcomings, which in truth were not small, and which were amplified by the multitude, partly through indiscretion and partly through hatred, desired their amendment, and yet he refrained from admonishing them; knowing that such a medicament must be rare in order to be effective with persons of high office, otherwise the stomach rejects it as if it were something light.
But he confined himself to that kind of covert admonition which exhorts one to the future without touching on the past, and therefore does not have with it the bitterness of rebuke, instilling in her pious concepts, showing her to what expectation of herself she had excited the world, giving her some spiritual books, small in bulk but full of substance, and making it known to her in all their conversations that no gratitude for the courtesies shown to her would have been dearer to him than this, which would result in so much benefit and honour to her, and at the same time would make praiseworthy, as deserved by her, what he had done and what he was about to do in her service.
And because these same concepts described above were hinted to her by the Pope rather than expressed, and besides that, he, because of his aforementioned circumspection, was sparing in giving her an audience, he availed himself of some persons who were pleasing to her, who more assiduously, and with that freedom which is often greater in the lesser condition, preached the same to her; and especially they also demonstrated to her the Pope's sense that in her it would not be a vice of vain hypocrisy, but rather a virtue of fruitful exemplary quality to make devotion appear in every work, provided that she always ordered this with the intention not of her own glory, but of that of God, with whom she would have greater merit by saying an Ave Maria in public than by reciting a rosary in private.
And, in truth, one could see the Queen's infinite reverence for and dependence on the will of the Pontiff, an affection unusual in the loftiness of her brain, but produced by the knowledge of the benefits and the estimation of sanctity, so that a sign in his name was enough to stop or to move her in everything. She therefore began to visit the churches more often, and there especially in the celebration of the sacrifice, so as not to hide those devout feelings, which one could clearly see flowing from her heart to her face.
And where she had introduced an Academy for her own amusement, she not only had the Pontiff show her the rules established for its exercise and the names of the persons to be admitted, in order to reform everything to his liking, but, when Lent came, she changed the literary functions into spiritual entertainments for that sacred time, performing sacred music and mixing in some sermons of the most reputed preachers.
But in the freedom of treating, she amended herself very slowly, both because others did not dare to warn her so expressly about such a delicate matter as they did about the rest, and because in her completely masculine and sincere soul neither the due demeanour of a woman nor the caution of the Italians could enter. And, finally, nothing of her fiery and natural vanity restrained her, which made it impossible for her to remain firm for long and to use those serious manners of voice, of face and of opinions, without which one cannot preserve veneration nor almost avoid contempt. But the Pontiff, seeing that the fruit was of good condition, although unripe, was confident that time, with maturity, would give it perfection.
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