Sunday, December 29, 2024

Don Famiano Michelini's letter to Kristina, written in the early 1660s

Source:

Notizie degli aggrandimenti delle scienze fisiche accaduti in Toscana nel corso di anni 60 del secolo 17., volume 3, pages 322 to 327, Giovanni Targioni Tozzetti, 1780


Famiano Michelini (1604-1665) was an Italian mathematician, mainly interested in hydraulics.

The letter:

Sereniss. Potentiss., e Sapientiss. Regina.
Nell'Università della Natura, si rappresentano all'Intelletto Speculativo, Sereniss. et Invittiss. Regina, infinite proposizioni ammirande utilissime all'Umana Repubblica, e di cibo suavissimo alli Spiriti elevati, e sublimi, che con sagacità curiosa per la mente rivolgano, et altamente contemplano l'immensa ricchezza di quella, e la sapienza, et onnipotenza del Creatore, in tutte le sue Opere grandi, piccole, e minime, se pur questi termini, o attributi possono adoprarsi nelle Divine Operazioni. Chi volesse poi tra tanti effetti tutti maravigliosi, distinguere gli più stupendi, sarebbe impressa più impossibile che il voler discernere i colori senza occhio, giudicare de i sapori senza palato, e sentenziare dell'Armonie, e della Musica, senza l'organo dell'udito.

Forse tutte le opere della gran Madre Natura, come fabbricate da Supremo, e Sapientissimo Artefice, sono ugualmente belle; che però non è maraviglia se tutti quelli che sono andati contemplando gli effetti ammirabili di essa, innalzino sopra modo quella parte, alli quale con più sollecito studio si sono applicati: vedendo non poter' esaltare a bastanza quella cosa, nella quale l'Artifizio miracoloso è senza termine, et infinito; e perchè tra gl'infiniti non competono per avventura gli attributi d'uguaglianza, o disuguaglianza, tanta lode forse puote attribuirsi alla fabbrica di piccola Formica, quanto è quella di tutto l'Universo insieme, conciosiacosache si mortali è tanto impossibile intendere la struttura di un simile animaletto, quanto la costruzione di tutto il creato dalla Divina Onnipotenza. Possono dunque esser compatiti quei Filosofi, che hanno avuto fortuna di ritrovare la dimostrazione di qualche piccolo effetto naturale, se nelle lodi di quello eccedessero, ingrandendolo sopra di ogni altro, poi che scorgono in esso così gran maraviglie, che ad altri non è permesso il vagheggiarle, non vedendo però le infinite, che sono in tutte le altre Operazioni della Natura sagacissima, anzi le infinitamente infinite.

Grande stima, a mio parere, si deve fare de i buoni Filosofi, benchè le loro speculazioni non siano molto bramate dal Comune degli Uomini, che solo riguardono ciò che si rappresenta di diletto, e di utile al senso. Chi trovasse v. g. la Quadratura del Cerchio, tutte le Medie Proporzionali tra due linee proposte, l'invenzione del lato esatto in qualunque Equazione Algebrica, e la vera Costituzione dell'Universo, con la determinazione esattissima dei periodi dei Corpi Mondani, con tanti, e tanti altri sintomi nella Geometria, nell'Algebra, e nell'Astronomia sommamente considerati dai Dotti, poco applauso averebbe veramente questo tale dal Volgo, che niuna di queste cose comprende, e desidera; ma di qual contento sarebbe all'Inventore, di quanto profitto a tutti i Mattematici, e quanta stima si sarebbe da i savi della curiosità virtuosa di un tanto Uomo!

Quanta gloria ha apportato ai Pittagorici la sola speculazione delle Quantità Razionali, et Irrazionali, Commensurabili, e[t] Incommensurabili, benchè dal Volgo in quei tempi fossero vilipesi, e come privi di giudizio disprezzati?

Non fa stima alcuna la Repubblica Letteraria delle vane dicerie del Volgo, che è più tosto brutale, che animale ragionevole, nè Apollo l'ammette all'udienze delle delizie maggiori dell'intelletto, come ben sa la Maestà Vostra, che per comun consenso di tutti i Letterari, è stata non solo ammessa alla Repubblica, come la più savia tra tutti i sapienti del nostro secolo, ma che il medesimo Apollo stupito della sublimità delle doti, che concorrono nella M. V., habbia stabilito non ammetter più alcuno alla detta Repubblica, senza l'espresso consenso della M. V., prudentissima determinazione di Apollo! poichè non si è da molti secoli in quà sentito, che Regina di Imperio sì potente, ancor Fanciulla, in tempo di tante turbolenze, ma per M. V. così gloriose, fusse tanto applicata alle dottrine, e[t] alle contemplazioni Filosofiche, e che tanto protegesse i Virtuosi. Felice secolo, al quale ha largito il Cielo fortuna sì propizia! ora comincio a sperare che il Mondo tutto sia per abbondare in breve di sapientissimi soggetti, e che si abbino a rinnovare e i Latii, e le Atene, con tanta, e così singolar Protezione.

In questo tempo è trascorso quà un grido, che la M. V. procuri per tutte le vie possibili, d'ingrandire, e ampliare la Repubblica Letteraria, et a me particolarmente è stata fatta Umanissima, e Clementissima Offerta della sua Grazia, forse per errore di chi portava questi felicissimi annunzi per il Mondo, già che io non sono nel numero dei meritevoli di sì alto favore, non avendo altro di buono, che l'essere stato sempre ammiratore, e devotissimo Servo dei Virtuosi, nè altro capitale mi trovo che uno sviscerato desiderio di sapere, e posso con più ragione, e più veridicamente di Socrate dire, che altro io non intendo, se non che nulla intendo; tutta via per non abusare le Grazie, che da sì Alta Mano mi vengono, e non mancare a me medesimo, con discostarmi dal prudentissimo consiglio degli Antichi, che dispingevano l'Occasione, o la Fortuna con la fronte chiomata, e calva nell'opposta parte, e senza Capelli, oserò proporre forse con troppa audacia alla M. V. quel poco che ho speculato, e che penso aver ritrovato per benefizio dell'Umana Natura, acciò Ella si compiaccia onorarmi far vedere, se posso essere ammesso, non fra il numero dei Letterati, conoscendomi di sì altro favore assai immeritevole, ma per discepolo, e Servo de i Servi di V. M.

Più volte fra me medesimo considerando il mio basso intelletto, e tuttavia ambizioso desiderando lasciare qualche vestigio del mio passaggio per questo Mondo, mi posi a considerare attentamente le materie non tocche da i Matematici (che delli altri poco avevasi da temere; o sperare) ne trovai innumerabili, tutte bellissime, da potermi fare aquistare qualche onore con la novità della materia, onde cercai di appigliarmi alla più facile, rispetto al mio poco talento (secondando il mio genio) et alla più utile, acciò l'opera di dimostrasse più universale, e fusse l'impresa tanto gradita da tutti i Mortali, quanto giovevole al comune degli Uomini, mentre non le ricchezze, non gli onori, e le dignità, ma la vita superiore in tutte queste cose potessi conservarli lungo tempo, con sicurezza evidente da quel Male, che senza perdonare a grado, nè a condizione alcuna di Principe, di Re, o Monarca, lima, taglia, e tronca affatto l'Umana Vita: questo è la Febbre, pessima tra tutti i mali. Viddi questa materia della Febbre non essere stata trattata, o esaminata con la debita, e necessaria scrupolosità Matematica, e che niuno delli Antichi, o Moderni, che io sappia, ha trovato non solo il guarir tal Male, ma nè meno penetrato che cosa sia la Febbre, o come si cagioni tale alterazione nel Corpo Umano, e molto meno l'effetto che faccia la Febbre negli Uomini, per la quale restino privi di vita.

Onde da venticinque anni in quà mi posi a speculare, con tutte le diligenze, la Notomia, per mezzo di cui prima trovai la cagione della Oppilazioni, e delle Idropisie, inoltre che cosa era quella che i Medici chiamano, con impropri vocaboli, Frigidità di Stomaco, e Calidità di Fegato, et il modo di guarire simili Infermità, con la quale occasione mi distesi in molte speculazioni Filosofiche, non meno utili che curiose; ultimamente spero aver ritrovato l'ignoto teorema della Febbre, cioè che cosa sia, o come si cagioni nel nostro Corpo sì strana alterazione, poi il non meno utile che difficile problema, del curarla sicuramente in pochi giorni, e finalmente penetrai come si adoperi la Febbre per privarlo di vita.

Queste sono le Speculazioni, che a me paiono le più principali in questa materia, o almeno le più universali, poichè per mezzo della Febbre la maggior parte degli Uomini perisce; e se bene in questo genere molte altre cose curiose mi sono venute a notizia, come ho detto di sopra, non sarà poco al mio basso intelletto, poter per adesso far toccar con mano la verità di questi ritrovamenti, in modo tale, che sia in poter di ognuno l'evitare, e guarire tanto pericoloso Male.

Paiono a me veramente, Serenissima, e Sapientissima Regina, l'imprese degli altri Matematici sottilissime tutte, et acutissime, et io sommamente invidio all'ingegno sublime di tanti, e tanto grandi Intelletti, nè so qual cagione, o qual fato abbia apportato, che niuno dei Matematici insigni si sia applicato a materia tanto importante, quanto è la Conservazione dell'Umana Vita, sino all'ultima vecchiaia, col preservare, e guarire se stessi, e la moltitudine da i Morbi Acuti, o se alcuno de i Matematici vi ha applicato, non abbia ritrovato cosa alcuna di questo importantissimo Negozio: non so dico veramente immaginarmi, perchè Ingegni così eminenti habbiano trascurato tanto necessaria Speculazione, se però tal disgrazia non fosse accaduta, per essere tutti incorsi nel comune errore della distinzione delle Naturali Scienze, e non aver mai compreso, nè penetrato, che ogni sapere è Matematica (come io dimostrai nel mio Ingresso alla Lettura delle Matematiche nel famosissimo Studio di Pisa) onde come cosa bassa, e non attenente alla loro sublime Professione, l'abbino poco apprezzata, e trascurata, o trasandata.

Che spesa non averebbe fatta il gran Diocleziano, se con oro si fosse potuto ritrovare medicina, che a Serena dilettissima et amatissima sua Consorte avesse resa la vita, mentre con tutta la sua potenza, et impero, non potè fare che nell'età più verde, non gli fosse da Maligna Febbre rapita?

Quanto averebbe stimata invenzione sì fortunata un Pico Mirandolano, veramente Fenice dell'Ingegni di sua età, se ai suoi tempi si fosse scoperta? e quanto frutto sarebbe proceduto al Mondo dalla sua eruditissima penna, se con tali ritrovamenti si fosse potuto toglier di mano la Falce all'implacabile Atropo, e prolungare i giorni della sua vita, che nel fiore della gioventà vidde il suo maturo fine.

Che hanno giovato le speculazioni a Renato des-Cartes (per trattar di soggetto già noto, e caro a V. M.) mentre una Febbre, nel più bello dell'età sua, ce l'ha tolto dal mondo con dolore de suoi coetanei Virtuosi? A che servitanno studii, et il sapere alli altri, se una simil cosa potrà, ad onta delle loro dottrine, privarli di vita? che varrebbe a Principe supremo, benchè ricchissimo, e sapientissimo, se dovesse vivere con questo melancolico, et importuno sospetto, che repentino assalto di Acuto Morbo potesse, anco nella più fiorita gioventù, metterlo a tal pericolo? Poca sodisfazione, e contentezza riceverebbe giudizioso Personaggio dall'esquisite delizie, da copiosi tesori, e da tutte le dottrine del Mondo.

Non è piaciuta al Cielo che la M. V. arricchita, et adornata sopra tutti gli altri Principi della Terra, fosse sottoposta a sì grave, e angoscioso travaglio, poichè il minimo della Nazione Italiana, che la M. V. con Eccesso di Benignità, e Gentilezza testifica di molto stimare, viene ora con tutte le reverenze a presentarle quella sicurezza, e felicità tanto da tutti desiderata, e tanto più volentieri, e più presto Le perverrà l'invenzione, quanto che il Sereniss. Leopoldo di Toscana mio Signore, non solo si contenta che io doni questa mia piccola fatica alla M. V., ma spronando la mia natural tardità, me lo comanda, ammirando Egli, e riverendo ossequiosamente la Regina di Svezia, come quella che per le Scienze, per la Generosità, per la Prudenza, e per ogni altra Virtude, sia nel mondo senza esempio, e per tale in ogni luogo a gran ragione la celebra.

Quanta sarà la mia contentezza, se la M. V. si degnerà gradire, come spero, questa mia devozione, non potrei con lingua umana esprimerla, poichè nel medesimo tempo che io servirò V. M., farò anco qualche giovamento alla Repubblica Letteraria, tanto a Lei cara, prolungando, e conservando la Vita a tanti gran Suggetti, in modo che gli elevatissimi Ingegni potranno con maggior quiete attendere alle invenzioni, et alle contemplazioni delle cose, massime senza questo travaglioso pensiero, che importuna Febbre possa in un momento torli il gusto, col privarli di vita, dei loro laboriosi, et ingegnosissimi ritrovamenti.

Inoltre se questo mio umilissimo, e devotissimo ossequio troverà Patrocinio appresso il suo Incomparabil Merito, proporrò altra fantasia peregrina in questo medesimo soggetto, con la quale spero fermamente di appagare in parte l'Ingegno sublime, et Esimio di V. M., alla quale umilmente, e devotissimamente prostrato, prego da Dio Onnipotente tutte le maggiori prosperità.

With modernised spelling:

Serenissima, Potentissima e Sapientissima Regina,
Nell'univerisità della natura si rappresentano all'intelletto speculativo, Serenissima ed Invittissima Regina, infinite proposizioni ammirande utilissime all'umana repubblica e di cibo suavissimo alli spiriti elevati e sublimi che con sagacità curiosa per la mente rivolgano ed altamente contemplano l'immensa ricchezza di quella, e la sapienza ed onnipotenza del Creatore, in tutte le sue opere grandi, piccole e minime, seppur questi termini o attributi possono adoprarsi nelle divine operazioni. Chi volesse poi tra tanti effetti tutti maravigliosi, distinguere gli più stupendi, sarebbe impressa più impossibile che il voler discernere i colori senza occhio, giudicare de i sapori senza palato, e sentenziare dell'armonie e della musica senza l'organo dell'udito.

Forse tutte le opere della gran Madre Natura, come fabbricate da supremo, e sapientissimo artefice, sono ugualmente belle; che però non è maraviglia se tutti quelli che sono andati contemplando gli effetti ammirabili di essa innalzino sopra modo quella parte, alli quale con più sollecito studio si sono applicati; vedendo non poter esaltare abbastanza quella cosa, nella quale l'artifizio miracoloso è senza termine ed infinito; e perché tra gl'infiniti non competono per avventura gli attributi d'uguaglianza o disuguaglianza, tanta lode forse puote attribuirsi alla fabbrica di piccola formica quanto è quella di tutto l'universo insieme, con ciò sia cosa che si mortali è tanto impossibile intendere la struttura di un simile animaletto quanto la costruzione di tutto il creato dalla Divina Onnipotenza.

Possono dunque esser compatiti quei filosofi che hanno avuto fortuna di ritrovare la dimostrazione di qualche piccolo effetto naturale se nelle lodi di quello eccedessero, ingrandendolo sopra di ogni altro, poiché scorgono in esso così gran maraviglie che ad altri non è permesso il vagheggiarle, non vedendo però le infinite che sono in tutte le altre operazioni della natura sagacissima, anzi le infinitamente infinite.

Grande stima, a mio parere, si deve fare de i buoni filosofi, benché le loro speculazioni non siano molto bramate dal comune degli uomini, che solo riguardono ciò che si rappresenta di diletto e di utile al senso. Chi trovasse v. g. la quadratura del cerchio, tutte le medie proporzionali tra due linee proposte, l'invenzione del lato esatto in qualunque equazione algebrica e la vera costituzione dell'universo con la determinazione esattissima dei periodi dei corpi mondani, con tanti, e tanti altri sintomi nella geometria, nell'algebra e nell'astronomia sommamente considerati dai dotti, poco applauso averebbe veramente questo tale dal volgo che niuna di queste cose comprende e desidera; ma di qual contento sarebbe all'inventore di quanto profitto a tutti i matematici, e quanta stima si sarebbe dai savi della curiosità virtuosa di un tanto uomo!

Quanta gloria ha apportato ai pittagorici la sola speculazione delle quantità razionali ed irrazionali, commensurabili ed incommensurabili, benché dal volgo in quei tempi fossero vilipesi e come privi di giudizio disprezzati?

Non fa stima alcuna la repubblica letteraria delle vane dicerie del volgo che è più tosto brutale, che animale ragionevole, nè Apollo l'ammette all'udienze delle delizie maggiori dell'intelletto, come ben sa la Maestà Vostra, che, per comun consenso di tutti i letterari, è stata non solo ammessa alla repubblica, come la più savia tra tutti i sapienti del nostro secolo, ma che il medesimo Apollo, stupito della sublimità delle doti che concorrono nella Maestà Vostra, abbia stabilito non ammetter più alcuno alla detta repubblica senza l'espresso consenso della Maestà Vostra. Prudentissima determinazione di Apollo!

Poiché non si è da molti secoli in qua sentito che regina di imperio sì potente, ancor fanciulla, in tempo di tante turbolenze, ma per Maestà Vostra così gloriose, fosse tanto applicata alle dottrine ed alle contemplazioni filosofiche, e che tanto protegesse i virtuosi. Felice secolo, al quale ha largito il cielo fortuna sì propizia! Ora comincio a sperare che il mondo tutto sia per abbondare in breve di sapientissimi soggetti, e che si abbino a rinnovare e i Latii e le Atene con tanta e così singolar protezione.

In questo tempo è trascorso qua un grido che la Maestà Vostra procuri per tutte le vie possibili, d'ingrandire, e ampliare la repubblica letteraria, ed a me particolarmente è stata fatta umanissima e clementissima offerta della sua grazia, forse per errore di chi portava questi felicissimi annunzi per il mondo, giacché io non sono nel numero dei meritevoli di sì alto favore, non avendo altro di buono che l'essere stato sempre ammiratore e devotissimo servo dei virtuosi, nè altro capitale mi trovo che uno sviscerato desiderio di sapere, e posso con più ragione e più veridicamente di Socrate dire che altro io non intendo se non che nulla intendo.

Tuttavia, per non abusare le grazie che da sì alta mano mi vengono, e non mancare a me medesimo con discostarmi dal prudentissimo consiglio degli antichi, che dispingevano l'Occasione o la Fortuna con la fronte chiomata e calva nell'opposta parte e senza capelli, oserò proporre forse con troppa audacia alla Maestà Vostra quel poco che ho speculato, e che penso aver ritrovato per benefizio dell'umana natura, acciò ella si compiaccia onorarmi far vedere, se posso essere ammesso, non fra il numero dei letterati, conoscendomi di sì altro favore assai immeritevole, ma per discepolo e servo dei servi di Vostra Maestà.

Più volte fra me medesimo considerando il mio basso intelletto, e tuttavia ambizioso desiderando lasciare qualche vestigio del mio passaggio per questo mondo, mi posi a considerare attentamente le materie non tocche dai matematici (che delli altri poco avevasi da temere o sperare) ne trovai innumerabili, tutte bellissime, da potermi fare acquistare qualche onore con la novità della materia, onde cercai di appigliarmi alla più facile, rispetto al mio poco talento (secondando il mio genio) ed alla più utile, acciò l'opera di dimostrasse più universale, e fosse l'impresa tanto gradita da tutti i mortali, quanto giovevole al comune degli uomini, mentre non le ricchezze, non gli onori e le dignità, ma la vita superiore in tutte queste cose potessi conservarli lungo tempo, con sicurezza evidente da quel male, che senza perdonare a grado, nè a condizione alcuna di principe, di re o monarca, lima, taglia e tronca affatto l'umana vita.

Questo è la febbre, pessima tra tutti i mali. Vidi questa materia della febbre non essere stata trattata o esaminata con la debita e necessaria scrupolosità matematica, e che niuno delli antichi o moderni che io sappia ha trovato non solo il guarir tal male, ma nè meno penetrato che cosa sia la febbre o come si cagioni tale alterazione nel corpo umano, e molto meno l'effetto che faccia la febbre negli uomini, per la quale restino privi di vita.

Onde da venticinque anni in qua mi posi a speculare con tutte le diligenze la notomia, per mezzo di cui prima trovai la cagione della oppilazioni e delle idropisie, inoltre che cosa era quella che i medici chiamano, con impropri vocaboli, frigidità di stomaco e calidità di fegato, ed il modo di guarire simili infermità, con la quale occasione mi distesi in molte speculazioni filosofiche, non meno utili che curiose; ultimamente spero aver ritrovato l'ignoto teorema della febbre, cioè che cosa sia, o come si cagioni nel nostro corpo sì strana alterazione, poi il non meno utile che difficile problema del curarla sicuramente in pochi giorni, e finalmente penetrai come si adoperi la febbre per privarlo di vita.

Queste sono le speculazioni che a me paiono le più principali in questa materia, o almeno le più universali, poiché per mezzo della febbre la maggior parte degli uomini perisce; e sebbene in questo genere molte altre cose curiose mi sono venute a notizia, come ho detto di sopra, non sarà poco al mio basso intelletto poter per adesso far toccar con mano la verità di questi ritrovamenti, in modo tale che sia in poter di ognuno l'evitare e guarire tanto pericoloso male.

Paiono a me veramente, Serenissima e Sapientissima Regina, l'imprese degli altri matematici sottilissime tutte ed acutissime, ed io sommamente invidio all'ingegno sublime di tanti, e tanto grandi intelletti, nè so qual cagione, o qual fato abbia apportato, che niuno dei matematici insigni si sia applicato a materia tanto importante quanto è la conservazione dell'umana vita, sino all'ultima vecchiaia, col preservare e guarire se stessi e la moltitudine dai morbi acuti, o se alcuno dei matematici vi ha applicato, non abbia ritrovato cosa alcuna di questo importantissimo negozio.

Non so dico veramente immaginarmi, perché ingegni così eminenti abbiano trascurato tanto necessaria speculazione se però tal disgrazia non fosse accaduta per essere tutti incorsi nel comune errore della distinzione delle naturali scienze e non aver mai compreso, nè penetrato che ogni sapere è matematica (come io dimostrai nel mio ingresso alla lettura delle matematiche nel famosissimo studio di Pisa) onde come cosa bassa, e non attenente alla loro sublime professione, l'abbino poco apprezzata e trascurata o trasandata.

Che spesa non avrebbe fatta il gran Diocleziano, se con oro si fosse potuto ritrovare medicina, che a Serena dilettissima ed amatissima sua consorte avesse resa la vita, mentre con tutta la sua potenza ed impero, non potè fare che nell'età più verde, non gli fosse da maligna febbre rapita?

Quanto avrebbe stimata invenzione sì fortunata un Pico Mirandolano, veramente fenice dell'ingegni di sua età se ai suoi tempi si fosse scoperta? E quanto frutto sarebbe proceduto al mondo dalla sua eruditissima penna se, con tali ritrovamenti, si fosse potuto toglier di mano la falce all'implacabile Atropo e prolungare i giorni della sua vita che, nel fiore della gioventà, vide il suo maturo fine?

Che hanno giovato le speculazioni a Renato Descartes (per trattar di soggetto già noto e caro a Vostra Maestà) mentre una febbre, nel più bello dell'età sua, ce l'ha tolto dal mondo con dolore de suoi coetanei virtuosi? A che servitanno studi ed il sapere alli altri se una simil cosa potrà, ad onta delle loro dottrine, privarli di vita?

Che varrebbe a principe supremo, benché ricchissimo e sapientissimo, se dovesse vivere con questo melancolico ed importuno sospetto che repentino assalto di acuto morbo potesse, anco nella più fiorita gioventù, metterlo a tal pericolo? Poca soddisfazione e contentezza riceverebbe giudizioso personaggio dall'esquisite delizie, da copiosi tesori, e da tutte le dottrine del mondo.

Non è piaciuta al cielo che la Maestà Vostra, arricchita ed adornata sopra tutti gli altri principi della terra, fosse sottoposta a sì grave e angoscioso travaglio, poiché il minimo della nazione italiana, che la Maestà Vostra con eccesso di benignità e gentilezza testifica di molto stimare, viene ora con tutte le riverenze a presentarle quella sicurezza e felicità tanto da tutti desiderata, e tanto più volentieri; e più presto le perverrà l'invenzione quanto che il serenissimo Leopoldo di Toscana, mio signore, non solo si contenta che io doni questa mia piccola fatica alla Maestà Vostra, ma spronando la mia natural tardità, me lo comanda, ammirando egli e riverendo ossequiosamente la regina di Svezia come quella che per le scienze, per la generosità, per la prudenza e per ogni altra virtute sia nel mondo senza esempio e per tale in ogni luogo a gran ragione la celebra.

Quanta sarà la mia contentezza se la Maestà Vostra si degnerà gradire, come spero, questa mia divozione! Non potrei con lingua umana esprimerla, poiché, nel medesimo tempo che io servirò Vostra Maestà, farò anco qualche giovamento alla repubblica letteraria, tanto a lei cara, prolungando e conservando la vita a tanti gran suggetti in modo che gli elevatissimi ingegni potranno con maggior quiete attendere alle invenzioni ed alle contemplazioni delle cose massime senza questo travaglioso pensiero che importuna febbre possa in un momento torli il gusto col privarli di vita, dei loro laboriosi ed ingegnosissimi ritrovamenti.

Inoltre se questo mio umilissimo e devotissimo ossequio troverà patrocinio appresso il suo incomparabil merito, proporrò altra fantasia peregrina in questo medesimo soggetto, con la quale spero fermamente di appagare in parte l'ingegno sublime ed esimio di Vostra Maestà, alla quale, umilmente e divotissimamente prostrato, prego da Dio Onnipotente tutte le maggiori prosperità.

French translation (my own):

Sérénissime, Très Puissante et Très Savante Reine,
Dans l'université de la nature sont représentées à l'intellect spéculatif, Sérénissime et Très Invaincue Reine, des propositions infinies, admirables, très utiles à la république humaine et d'une nourriture très douce pour les esprits élevés et sublimes qui, avec une sagacité curieuse, parcourent l'esprit et contemplent hautement l'immense richesse de celui-ci, et la sagesse et la omnipotence du Créateur, dans toutes ses œuvres grandes, petites et minimes, si ces termes ou attributs peuvent être employés dans les opérations divines. Alors, quiconque voudrait distinguer entre tant d'effets tous merveilleux, cela serait plus impossible que de vouloir discerner les couleurs sans l'œil, juger les saveurs sans le palais, et prononcer un jugement sur les harmonies et la musique sans l'organe de l'ouïe.

Peut-être que toutes les œuvres de la grande Mère Nature, comme créées par un artisan suprême et très sage, sont également belles; mais il n'est pas étonnant que tous ceux qui ont contemplé ses admirables effets exaltent au-dessus de tout ce à quoi ils se sont appliqués avec l'étude la plus attentive, vu qu'ils ne peuvent pas suffisamment exalter ce dans quoi l'artifice miraculeux est sans limite et infini; et parce que parmi l'infini les attributs de l'égalité ou de l'inégalité ne rivalisent peut-être pas, autant d'éloges peuvent peut-être être attribués à la structure d'une petite fourmi que celle de tout l'univers ensemble, car il est aussi impossible aux mortels de comprendre la structure d'un si petit animal que la construction de tout ce qui a été créé par la Omnipotence Divine.

Nous pouvons donc plaindre les philosophes qui ont eu le bonheur de découvrir la démonstration de quelque petit effet naturel, s'ils en font un éloge excessif, le grandissant au-dessus de tous les autres, car ils y voient de si grandes merveilles, qu'il n'est pas permis aux autres d'en songer, sans voir cependant les merveilles infinies qui sont dans toutes les autres opérations de la nature la plus sagace, et même infiniment infinies.

Il faut, à mon avis, rendre une grande estime aux bons philosophes, quoique leurs spéculations ne soient pas très recherchées par le peuple, qui ne s'occupe que de ce qui est agréable et utile aux sens. Quiconque trouverait, par exemple, la quadrature du cercle, toutes les proportions moyennes entre deux lignes proposées, l'invention du côté exact dans une équation algébrique quelconque, et la véritable constitution de l'univers avec la détermination la plus exacte des périodes des corps terrestres, avec tant, tant d'autres symptômes de géométrie, d'algèbre et d'astronomie hautement considérés par les savants, cet homme n'aurait vraiment que peu d'applaudissements de la part des masses qui ne comprennent et ne désirent rien de tout cela; mais combien heureux serait l'inventeur de quel profit à tous les mathématiciens, et quelle estime les sages auraient pour la vertueuse curiosité d'un tel homme!

Quelle gloire apportait aux pythagoriciens la simple spéculation sur les quantités rationnelles et irrationnelles, commensurables et incommensurables, bien qu'ils aient été vilipendés par le peuple de l'époque et méprisés comme manquant de jugement?

La république littéraire n'a aucun égard pour les vains bavardages du peuple, qui est plutôt une brute qu'un animal raisonnable, et Apollon ne les admet pas non plus au milieu des plus grandes délices de l'esprit, comme le sait bien Votre Majesté, qui, du consentement commun de tous les lettrés, a non seulement été admise dans la république comme la plus sage de tous les sages de notre siècle, mais que le même Apollon, étonné de la sublimité des qualités qui concourent à Votre Majesté, a décidé de ne plus admettre personne dans ladite république sans le consentement exprès de Votre Majesté. Détermination très prudente de la part d'Apollon!

Car il y a bien des siècles qu'on n'a pas entendu dire qu'une reine d'un empire aussi puissant, encore fillette, dans un temps de tant de turbulences, mais si glorieuse par Votre Majesté, se soit autant appliquée aux doctrines et aux contemplations philosophiques, et qu'elle ait autant protégé les vertueux. Heureux siècle, à qui le ciel a accordé une fortune si propice! Maintenant je commence à espérer que tout le monde abondera bientôt de sujets très sages, et que le Latium et Athènes seront renouvelés par une protection aussi grande et si singulière.

En ce temps-là, on a crié ici que Votre Majesté cherche par tous les moyens possibles à agrandir et à élargir la république littéraire, et à moi en particulier une offre très humaine et très clémente de votre grâce a été faite, peut-être par l'erreur de celui qui a porté ces très heureuses annonces dans le monde entier, car je ne suis pas de ceux qui méritent une si haute faveur, n'ayant rien d'autre de bon que d'avoir toujours été un admirateur et un serviteur très dévoué des vertueux, et je ne trouve pas d'autre capital qu'un désir viscéral de savoir, et je peux dire avec plus de raison et plus de vérité que Socrate que je ne comprends rien d'autre que que je ne comprends rien.

Cependant, pour ne pas abuser des grâces qui me viennent d'une si haute main, et ne pas me tromper en m'écartant du très prudent conseil des anciens, qui peignaient l'Occasion ou la Fortune avec une tête pleine de cheveux et chauve du côté opposé et sans cheveux, j'oserai proposer peut-être avec trop d'audace à Votre Majesté le peu que j'ai spéculé, et que je crois avoir découvert pour le bien de la nature humaine, afin qu'elle veuille bien m'honorer de me montrer, si je puis être admis, non au nombre des lettrés, sachant que je suis très indigne d'une telle autre faveur, mais comme disciple et serviteur des serviteurs de Votre Majesté.

Souvent, considérant en moi-même ma basse intelligence, et désirant cependant ambitieusement laisser quelque trace de mon passage dans ce monde, je me suis appliqué à considérer soigneusement les sujets non touchés par les mathématiciens (car des autres il n'y avait pas grand-chose à craindre ou à espérer), j'en ai trouvé d'innombrables, tous très beaux, assez pour pouvoir me faire quelque honneur par la nouveauté du sujet, aussi tâchais-je de m'attacher au plus facile, par rapport à mon petit talent (suivant mon génie) et au plus utile, afin que l'ouvrage fût plus universel, et que l'entreprise fût aussi bienvenue à tous les mortels qu'elle était utile à l'homme commun, tandis que non pas les richesses, non pas les honneurs et les dignités, mais la vie supérieure en toutes ces choses pouvait être conservée longtemps, avec une sécurité évidente contre ce mal qui, sans pardonner volontiers, ni sous aucune condition de prince, de roi ou de monarque, lime, coupe et tronque complètement la vie humaine.

C'est la fièvre, le pire de tous les maux. J'ai vu que cette matière de fièvre n'a pas été traitée ni examinée avec le scrupule mathématique qui convient et qui est nécessaire, et qu'aucun des anciens ou des modernes que je connais n'a non seulement trouvé un remède à ce mal, mais encore moins pénétré ce qu'est la fièvre ou comment se produit une telle altération dans le corps humain, et encore moins l'effet que la fièvre produit sur les hommes, par lequel ils restent privés de la vie.

Ainsi, depuis vingt-cinq ans, je me suis appliqué à faire des recherches sur l'anatomie, et j'ai découvert la cause de l'oppilation et de l'hydropisie, ce que les médecins appellent, avec des termes impropres, la frigidité de l'estomac et la calidité du foie, et le moyen de guérir de semblables infirmités. A cette occasion, je me suis lancé dans de nombreuses spéculations philosophiques, non moins utiles que curieuses; j'espère avoir ultimement découvert le théorème inconnu de la fièvre, c'est-à-dire ce qu'elle est, ou comment elle provoque dans notre corps une si étrange altération, puis le problème non moins utile que difficile de la guérir sans danger en quelques jours, et enfin j'ai pénétré comment la fièvre est utilisée pour priver le corps de la vie.

Ce sont là les spéculations qui me semblent les plus importantes en cette matière, ou du moins les plus universelles, car c'est par le moyen de la fièvre que périssent la plupart des hommes; et quoique dans ce genre beaucoup d'autres choses curieuses soient venues à ma connaissance, comme je l'ai dit plus haut, ce ne sera pas peu à ma basse intelligence de pouvoir pour le moment rendre tangible la vérité de ces découvertes, de telle manière qu'il soit au pouvoir de chacun d'éviter et de guérir une maladie si dangereuse.

En vérité, Sérénissime et Très Savante Reine, les entreprises des autres mathématiciens me paraissent toutes très subtiles et très aiguës, et j'envie extrêmement le génie sublime de tant de personnes et de si grandes intelligences, et je ne sais pas quelle raison ou quel destin a fait qu'aucun des éminents mathématiciens ne se soit appliqué à une matière aussi importante que la conservation de la vie humaine, jusqu'à la dernière vieillesse, en se préservant et en guérissant lui-même et la multitude des maladies aiguës, ou si quelqu'un des mathématiciens s'y est appliqué, n'a découvert quelque chose de cette affaire si importante.

Quelle dépense n'aurait pas fait le grand Dioclétien s'il avait pu, avec de l'or, trouver un remède qui aurait rendu la vie à sa femme très aimée Séréna, alors qu'avec tout son pouvoir et son empire il ne pouvait garantir qu'à son plus jeune âge elle ne soit pas emportée par une fièvre maligne?

Combien Pic de la Mirandole, véritable phénix des esprits de son temps, aurait-il estimé une invention aussi heureuse si elle avait été découverte de son temps? Et combien de fruits auraient été produits par sa plume très érudite si, avec de telles découvertes, il avait été possible d'arracher la faux des mains de l'implacable Atropos et de prolonger les jours de sa vie qui, dans la fleur de la jeunesse, vit sa fin mûre?

A quoi bon les spéculations à René Descartes (pour traiter d'un sujet déjà connu et cher à Votre Majesté) lorsqu'une fièvre, dans la fleur de l'âge, l'enleva du monde à la douleur de ses vertueux contemporains? A quoi serviraient les études et les connaissances à d'autres, si une telle chose pouvait, malgré leurs doctrines, les priver de la vie? 

A quoi servirait un prince suprême, si riche et si sage soit-il, s'il devait vivre avec ce soupçon mélancolique et importun qu'une attaque subite de maladie aiguë puisse, même dans la plus florissante jeunesse, le mettre dans un tel danger? Peu de satisfaction et de contentement un personnage judicieux tirerait des délices exquises, des trésors copieux et de toutes les doctrines du monde.

Il n'a pas plu au ciel que Votre Majesté, enrichie et ornée entre tous les autres princes de la terre, soit soumise à un travail si grave et si angoissant, comme les moindres de la nation italienne, que Votre Majesté témoigne estimer avec une extrême bienveillance et une extrême bonté, vient maintenant avec toute la révérence vous présenter cette sécurité et ce bonheur si désirés de tous; et l'invention vous parviendra d'autant plus volontiers et plus rapidement, que le sérénissime Léopold de Toscane, mon seigneur, est non seulement heureux que je fasse don de mon humble effort à Votre Majesté, mais, stimulant ma tardité naturelle, il me l'ordonne, admirant et vénérant obséquieusement la reine de Suède comme une personne qui par sa science, par sa générosité, par sa prudence et par toute autre vertu est sans exemple dans le monde et est célébrée comme telle partout avec grande raison.

Que je serai content si Votre Majesté daigne agréer, comme je l'espère, ce dévouement! Je ne puis l'exprimer en langage humain, car, en même temps que je sers Votre Majesté, je ferai aussi quelque bien à la république littéraire, qui lui est si chère, en prolongeant et en conservant la vie de tant de grands sujets, afin que les esprits les plus élevés puissent se livrer avec plus de tranquillité aux inventions et aux contemplations des plus grandes choses, sans cette pensée gênante qu'une fièvre importune peut dans un moment leur ôter leur plaisir en les privant de la vie, de leurs découvertes les plus laborieuses et les plus ingénieuses.

De plus, si cet hommage très humble et très dévoué que je l'adresse trouve protection par son incomparable mérite, je la proposerai sur ce même sujet une autre étrange fantaisie, par laquelle j'espère fermement satisfaire en partie le sublime et excellent génie de Votre Majesté, pour laquelle, humblement et très dévouement prosterné, je prie de Dieu Omnipotent toute la plus grande prospérité.

Swedish translation (my own):

Durchlauchtigste, Stormäktigaste och Allraklokaste Drottning,
I naturens universitet finns det representerade för det spekulativa intellektet, Durchlauchtigste och Oövervinnligaste Drottning, oändliga förslag som är beundransvärda mest användbara för den mänskliga republiken och av den mest söta näring för de upphöjda och sublima andar som med nyfiken klokhet vänder genom sinnet och begrunda högst den oerhörda rikedomen av det, och Skaparens visdom och allmakt, i alla hans verk, stora, små och minimala, om dessa termer eller attribut kan användas i gudomliga operationer. Sedan, den som ville särskilja så många effekter alla fantastiska, skulle det bli mer omöjligt imponerat än att vilja urskilja färger utan ögat, bedöma smaker utan gommen och uttala dom över harmonier och musik utan hörselorgan.

Kanske är alla verk av den stora Moder Natur, som om de skapats av en suverän och mest klok hantverkare, lika vackra; men det är inte konstigt att alla de som övervägt hennes beundransvärda verkningar upphöjer framför allt den del som de har använt sig till med det mest omsorgsfulla studium, eftersom de inte tillräckligt kan upphöja det där det mirakulösa konstverket är obegränsat och oändligt; och eftersom attributen för jämlikhet eller ojämlikhet kanske inte konkurrerar bland de oändliga, kan kanske lika mycket beröm tillskrivas en liten myras väv som hela universums sammansättning, för det är lika omöjligt för dödliga att förstå strukturen av ett så litet djur som konstruktionen av allt som har skapats av Gudomlig Allmakt.

Vi kan därför tycka synd om de filosofer som har haft turen att upptäcka påvisandet av någon liten naturlig effekt om de går överbord i sin lovprisning av den och förstorar den över alla andra, ty de ser i den så stora under att andra inte tillåts drömma om dem, utan att dock se de oändliga underverken som finns i alla andra operationer av den mest kloka naturen, ja de oändligt oändliga.

Stor aktning måste enligt min mening tillmätas goda filosofer, även om deras spekulationer inte är mycket önskade av allmogen, som bara sysslar med det som är förtjusande och nyttigt för sinnena. Den som till exempel skulle finna cirkelns kvadratur, alla medelproportioner mellan två föreslagna linjer, uppfinningen av den exakta sidan i någon algebraisk ekvation och universums sanna konstitution med den mest exakta bestämningen av världsliga kroppars perioder, med så många, så många andra symtom inom geometri, algebra och astronomi högt övervägda av de lärda, skulle denna man verkligen få lite applåder från massorna som förstår och önskar inget av dessa saker; men hur glad skulle uppfinnaren av hur mycket vinst för alla matematiker och hur mycket aktning de vise skulle ha för den dygdiga nyfikenheten hos en sådan man!

Hur mycket ära tillförde pytagoreerna blotta spekulationerna om rationella och irrationella, jämförbara och ojämförbara kvantiteter, fastän de förtalades av allmogen på den tiden och föraktades som bristande omdöme?

Den litterära republiken har ingen hänsyn till allmogens fåfänga skvaller, som snarare är brutala än rationella djur, inte heller tillåter Apollon dem för åhörarna av intellektets största njutningar, som Ers Majestät väl vet, som av det allmänna samtycke från alla litterära har icke allenast blivit upptagen till republiken som den klokaste kvinnan av alla vise män i vårt sekel, utan att samme Apollo, förvånad över upphöjdheten av de egenskaper som överensstämmer med Ers Majestät, har fastställt att inte längre släppa in någon i nämnda republik utan Ers Majestäts uttryckliga samtycke. Ett mycket försiktigt beslut från Apollo!

Ty det har ju inte hörts på många sekler att en drottning över ett så mäktigt imperium, fortfarande en flicka, i en tid av så mycket oro, men så härlig genom Ers Majestät, var ju så applicerad på filosofiska doktriner och betraktelser, och att hon så skyddade de dygdiga. Lyckligt sekel, som himlen har skänkt en sådan gynnsam fortun! Nu börjar jag hoppas att hela världen snart kommer att överflöda av mycket kloka ämnen, och att både Latium och Aten kommer att förnyas med så mycket och så enastående skydd.

I denna tid har här man utropat att Ers Majestät med alla möjliga medel skulle söka utvidga och vidga den litterära republiken, och till mig har i synnerhet ett högst humant och förnämligt erbjudande av Er nåd framställts, måhända genom misstaget av den som bar dessa mycket glada tillkännagivanden över hela världen, eftersom jag inte tillhör dem som förtjänar en sådan hög gunst, ty jag inte har något annat gott än att alltid ha varit en beundrare och mest hängiven tjänare av de dygdiga, och jag finner inte heller något annat kapital än en visceral önskan att veta, och jag kan med mer förnuft och mer sanningsenligt än Sokrates säga att jag inte förstår något annat än att jag inte förstår någonting.

Men för att inte missbruka de nåder som kommer till mig från en så hög hand, och inte svika mig själv genom att avvika från de gamlas mycket kloka råd, som målade Ockasion eller Fortun med fullt hår och skalligt på motsatt sida och utan hår, jag vågar kanske med för mycket fräckhet föreslå Ers Majestät det lilla som jag har spekulerat, och som jag tror mig ha upptäckt till förmån för den mänskliga naturen, så att Ni må behaga att hedra mig genom att visa mig, om jag kan antas, inte bland de litterära, med vetskap om att jag är mycket oförtjänt av en sådan annan ynnest, utan som en lärjunge och den störste tjänare bland Ers Majestäts tjänare.

Många gånger, med tanke på mitt låga intellekt inom mig, och ändå ambitiöst önskan att lämna några spår av min passage genom denna värld, satte jag mig för att noggrant överväga de ämnen som inte berörs av matematiker (för av de andra fanns det lite att frukta eller hoppas) och som jag fann otaliga, alla mycket vackra, tillräckligt för att kunna vinna mig lite ära med ämnets nyhet, så jag försökte hålla fast vid det lättaste, i förhållande till min ringa talang (efter mitt geni) och till de mest användbara, så att arbetet skulle visa sig mer allmängiltigt, och företaget skulle vara lika välkommet för alla dödliga som det var nyttigt för gemene man, medan inte rikedomarna, inte ärorna och värdigheterna, men det överlägsna livet i allt detta kunde bevaras under lång tid, med uppenbar säkerhet från det onda som, utan att gärna tillåta, inte heller under något villkor av furste, konung eller monark, filar, skär och helt trunkerar människolivet.

Det här är febern, det värsta av allt ont. Jag såg att denna fråga om feber inte har behandlats eller undersökts med tillbörlig och nödvändig matematisk noggrannhet, och att ingen av de gamla eller moderna som jag känner till har funnit inte bara ett botemedel för detta onda, utan ännu mindre har trängt in i vilken feber är eller hur en sådan förändring i människokroppen orsakas, och mycket mindre effekten som febern har på män, varigenom de förblir berövade livet.

Så under de senaste tjugofem åren har jag spekulerat med all flit om anatomi, med hjälp av vilket jag först upptäckte orsaken till tarmobstruktion och vattusot, dessutom vad det var som läkarna kallar, med felaktiga termer, kyla i magen och hetta i levern och sättet att bota liknande sjukdomar, med vilket tillfälle jag har sträckt mig in i många filosofiska spekulationer, inte mindre användbara än kuriösa; i slutändan hoppas jag ha upptäckt det okända teoremet om feber, det vill säga vad den är, eller hur den orsakar en sådan konstig förändring i vår kropp, då det inte mindre användbara än svåra problemet att bota den på ett säkert sätt på några dagar, och äntligen penetrerade jag hur febern används för att beröva kroppen livet.

Dessa är de spekulationer som förefalla mig vara de viktigaste i denna fråga, eller åtminstone de mest allmängiltiga, då genom feber större delen av människorna förgås; och fastän i detta slag många andra märkliga saker har kommit till min kännedom, som jag har sagt ovan, så kommer det inte att vara lite för mitt låga intellekt att för närvarande kunna göra sanningen om dessa upptäckter påtaglig, på ett sådant sätt att det kommer att ligga i allas makt att undvika och bota en så farlig sjukdom.

Sannerligen, Durchlauchtigste och Allraklokaste Drottning, andra matematikers åtaganden förefaller mig alla vara mycket subtila och mycket akuta, och jag är extremt avundsjuk på det sublima genialitet hos så många och så stora intellekt, och jag vet inte heller vilken anledning eller vad ödet har åstadkommit så att ingen av de framstående matematikerna har använt sig till en så viktig fråga som bevarandet av mänskligt liv, fram till den sista ålderdomen, genom att bevara och bota sig själva och mängden från akuta sjukdomar, eller om någon av matematikerna har använt sig till det, har inte upptäckt något av denna viktigaste affär.

Vilken kostnad skulle inte den store Diocletianus ha gjort om han med guld kunde ha funnit en medicin som skulle ha återupprättat livet för hans mest älskade fru Serena, medan han med all sin makt och imperium inte kunde säkerställa att hon i hennes grönaste ålder inte tagits bort av en malign feber?

Hur mycket skulle Pico Mirandola, en sann fenix av sin tids sinnen, ha uppskattat en sådan lycklig uppfinning om den hade upptäckts på hans tid? Och hur mycket frukt skulle inte ha kommit till världen från hans mest lärda penna om det med sådana upptäckter hade varit möjligt att ta lieen ur den oförsonliga Atropos hand och förlänga sin livstid som i ungdomens blomma såg dess mogna slut?

Vad hjälpte spekulationer för René Descartes (för att behandla ett ämne som ju redan är känt och kärt för Ers Majestät) när en feber, i början av hans liv, förde honom från världen till smärtan för hans dygdiga samtida? Till vilken nytta skulle studier och kunskap vara för andra om något sådant kunde, trots deras doktriner, beröva dem livet?

Vad skulle en högste furste, hur rik och vis den än var, tjäna på om han måste leva med denna melankoliska och påtagliga misstanke om att ett plötsligt anfall av akut sjukdom även i den mest blomstrande ungdomen skulle kunna försätta honom i sådan fara? Lite tillfredsställelse och belåtenhet skulle en omdömesgill person få av utsökta nöjen, från rikliga skatter och från alla världens läror.

Det har inte behagat himlen att Ers Majestät, berikad och smyckad över alla andra jordens furstar, skulle utsättas för ett sådant gravt och ångestfyllt möda, som det minsta folket av den italienska nationen, som Ers Majestät betygar att högakta med överdriven godhet och vänlighet, kommer nu med all vördnad för att presentera för Er den trygghet och lycka som alla så önskar; och uppfinningen kommer att nå Er desto mer villigt och snabbare, för den durchlauchtigste Leopoldo av Toscana, min herre, är inte bara glad över att jag skänker denna min ringa ansträngning till Ers Majestät, utan han befaller mig, trots min naturliga långsamhet, att göra det, beundrande och respektfullt vördande Sveriges drottning som en som för hennes kunskap, för hennes generositet, för hennes försiktighet och för alla andra dygder är utan exempel i världen och firas som sådan överallt med stor anledning.

Hur nöjd jag blir om Ers Majestät värdar sig att, som jag hoppas, acceptera detta min hängivenhet! Jag kan inte uttrycka det på mänskligt språk, ty på samma gång som jag tjänar Ers Majestät, kommer jag också att göra något gott åt den litterära republiken, som är ju så kär för Er, genom att förlänga och bevara livet för så många stora ämnen så att de högsta sinnena kommer att kunna ägna sig med större lugn åt uppfinningar och betraktelser av de största tingen utan denna besvärliga tanke att en påfrestande feber om ett ögonblick kan ta bort deras njutning genom att beröva dem livet, deras mödosamma och mest geniala upptäckter.

Vidare, om denna min ödmjukaste och hängivnaste hyllning finner beskydd genom Er ojämförliga förtjänst, så kommer jag att föreslå en annan märklig fantasi i samma ämne, med vilken jag hoppas att delvis tillfredsställa Ers Majestäts sublima och utmärkta snille, för vilken, ödmjukt och högst andäktigt nedfallen, ber jag från den Allsmäktige Gud om allt största välstånd.

English translation (my own):

Most Serene, Most Powerful and Most Wise Queen,
In the university of nature there are represented to the speculative intellect, Most Serene and Most Invincible Queen, infinite propositions admirable most useful to the human republic and of most sweet nourishment to the elevated and sublime spirits who, with curious sagacity, turn through the mind and highly contemplate the immense richness of that, and the wisdom and omnipotence of the Creator, in all His works great, small and minimal, if these terms or attributes can be used in divine operations. Then, whoever wanted to distinguish among so many effects all marvellous, it would be impressed more impossible than wanting to discern colours without the eye, judge flavours without the palate, and pronounce judgement on harmonies and music without the organ of hearing.

Perhaps all the works of the great Mother Nature, as if created by a supreme and most wise craftsman, are equally beautiful; but it is no wonder that all those who have contemplated her admirable effects exalt above all that part to which they have applied themselves with the most solicitous study, seeing that they cannot sufficiently exalt that thing in which the miraculous artifice is without limit and infinite; and because among the infinite the attributes of equality or inequality do not perhaps compete, as much praise can perhaps be attributed to the fabric of a little ant as is that of the whole universe together, for it is as impossible for mortals to understand the structure of such a small animal as the construction of all that has been created by Divine Omnipotence.

We may therefore pity those philosophers who have had the fortune of discovering the demonstration of some small natural effect if they go overboard in their praise of it, magnifying it above all others, for they see in it such great wonders that others are not permitted to dream of them, without seeing, however, the infinite wonders that are in all the other operations of the most sagacious nature, indeed the infinitely infinite ones.

Great esteem, in my opinion, must be given to good philosophers, although their speculations are not much desired by the common people, who only concern themselves with what is delightful and useful to the senses. Whoever were to find, for example, the quadrature of the circle, all the mean proportions between two proposed lines, the invention of the exact side in any algebraic equation and the true constitution of the universe with the most exact determination of the periods of mundane bodies, with so many, so many other symptoms in geometry, algebra and astronomy highly considered by the learned, this man would truly have little applause from the masses who understand and desire none of these things; but how happy would be the inventor of how much profit to all mathematicians, and how much esteem would be held by the wise for the virtuous curiosity of such a man!

How much glory did the mere speculation on rational and irrational, commensurable and incommensurable quantities bring to the Pythagoreans, although they were vilified by the common people in those times and despised as lacking in judgement?

The literary republic has no regard for the vain gossip of the common people, who are rather brutes than rational animals, nor does Apollo admit them to the audience of the greatest delights of the intellect, as Your Majesty well knows, who, by the common consent of all literati, has not only been admitted to the republic as the wisest woman of all the wise men of our century, but that the same Apollo, amazed by the sublimity of the qualities that concur in Your Majesty, has established no longer to admit anyone to the said republic without Your Majesty's express consent. A most prudent determination from Apollo!

For it has not been heard for many centuries that a queen of such a powerful empire, still a girl, in a time of so many turbulences, but so glorious through Your Majesty, was so applied to philosophical doctrines and contemplations, and that she so protected the virtuous. Happy century, to which Heaven has bestowed such propitious fortune! Now I am beginning to hope that all the world will soon abound with very wise subjects, and that both Latium and Athens will be renewed with so much and so singular protection.

In this time a cry has been made here that Your Majesty should seek by all possible means to enlarge and broaden the literary republic, and to me in particular a most humane and most clement offer of your grace has been made, perhaps through the error of the one who carried these very happy announcements throughout the world, as I am not among those deserving of such high favour, having nothing else good than having always been an admirer and most devoted servant of the virtuous, nor do I find any other capital than a visceral desire to know, and I can say with more reason and more truthfully than Socrates that I understand nothing other than that I understand nothing.

However, in order not to abuse the graces that come to me from such a high hand, and not to fail myself by departing from the very prudent advice of the ancients, who painted Occasion or Fortune with a full head of hair and bald on the opposite side and without hair, I will dare to propose perhaps with too much audacity to Your Majesty that little that I have speculated, and that I think I have discovered for the benefit of human nature, so that you may be pleased to honour me by showing me, if I can be admitted, not among the number of the literati, knowing that I am very undeserving of such another favour, but as a disciple and servant of Your Majesty's servants.

Many times, considering within myself my low intellect, and yet ambitiously desiring to leave some trace of my passage through this world, I set myself to carefully consider the subjects not touched by mathematicians (for of the others there was little to fear or hope) I found innumerable, all very beautiful, enough to be able to gain myself some honour with the novelty of the subject, so I tried to cling to the easiest, in relation to my little talent (following my genius) and to the most useful, so that the work would prove more universal, and the enterprise would be as welcome to all mortals as it was useful to the common man, while not the riches, not the honours and dignities, but the life superior in all these things could be preserved for a long time, with evident safety from that evil which, without pardoning gladly, nor under any condition of prince, king or monarch, files, cuts and completely truncates human life.

This is the fever, the worst of all evils. I saw that this matter of fever has not been treated or examined with the due and necessary mathematical scrupulousness, and that none of the ancients or moderns that I know of has found not only a cure for this evil, but even less has penetrated what fever is or how such an alteration in the human body is caused, and much less the effect that fever has on men, by which they remain deprived of life.

So, for the past twenty-five years, I have been speculating with all diligence on anatomy, by means of which I first discovered the cause of oppilation and hydropsy, furthermore what that was which doctors call, with improper terms, frigidity of the stomach and calidity of the liver, and the way to cure similar infirmities, with which occasion I have stretched myself into many philosophical speculations, no less useful than curious; ultimately, I hope to have discovered the unknown theorem of fever, that is, what it is, or how it causes in our body such a strange alteration, then the no less useful than difficult problem of curing it safely in a few days, and finally I penetrated how fever is used to deprive the body of life.

These are the speculations which seem to me the most important in this matter, or at least the most universal, as by means of fever the greater part of men perish; and although in this kind many other curious things have come to my knowledge, as I have said above, it will not be a little for my low intellect to be able for the present to make the truth of these discoveries tangible, in such a way that it will be in the power of everyone to avoid and cure so dangerous an illness.

Truly, Most Serene and Most Wise Queen, the undertakings of other mathematicians appear to me to be all very subtle and very acute, and I am extremely envious of the sublime genius of so many and such great intellects, nor do I know what reason or what fate has brought about so that none of the eminent mathematicians has applied himself to a matter as important as the preservation of human life, up to the last old age, by preserving and curing themselves and the multitude from acute diseases, or if any of the mathematicians has applied himself to it, has not discovered something of this most important affair.

What expense would not the great Diocletian have made if with gold he could have found a medicine that would have restored the life of his most beloved wife Serena, while with all his power and empire he could not ensure that in her greenest age she was not taken away by a malignant fever?

How much would Pico Mirandola, a true phoenix of the minds of his age, have esteemed such a fortunate invention if it had been discovered in his time? And how much fruit would have come to the world from his most erudite pen if, with such discoveries, it had been possible to take the scythe from the hand of the implacable Atropos and prolong the days of his life which, in the flower of youth, saw its ripe end?

What good were speculations to René Descartes (to treat of a subject already known and dear to Your Majesty) when a fever, in the prime of his life, took him from the world to the pain of his virtuous contemporaries? Of what use would studies and knowledge be to others if such a thing could, in spite of their doctrines, deprive them of life?

What would be the use to a supreme prince, however rich and wise, if he had to live with this melancholy and importunate suspicion that a sudden attack of acute disease could, even in the most flourishing youth, put him in such danger? Little satisfaction and contentment would a judicious personage receive from exquisite delights, from copious treasures, and from all the doctrines of the world.

It has not pleased Heaven that Your Majesty, enriched and adorned above all other princes of the Earth, should be subjected to such grave and anguished toil, as the least people of the Italian nation, which Your Majesty testifies to greatly esteem with excessive benignity and kindness, now comes with all reverence to present to you that security and happiness so desired by all; and the invention will reach you all the more willingly and more quickly, for the Most Serene Leopoldo of Tuscany, my lord, is not only pleased that I donate this my lowly effort to Your Majesty, but, spurring on my natural slowness, he commands me to do so, admiring and obsequiously revering the Queen of Sweden as one who for her knowledge, for her generosity, for her prudence and for every other virtue is without example in the world and is celebrated as such everywhere with great reason.

How content I will be if Your Majesty deigns to accept, as I hope, this my devotion! I cannot express it in human language, for, at the same time that I serve Your Majesty, I will also do some good to the literary republic, which is so dear to you, by prolonging and preserving the life of so many great subjects so that the highest minds will be able to devote themselves with greater tranquility to the inventions and contemplations of the greatest things without this troublesome thought that an importunate fever may in a moment take away their pleasure by depriving them of life, of their laborious and most ingenious discoveries.

Furthermore, if this my most humble and most devoted homage finds patronage through your incomparable merit, I will propose another strange fantasy on this same subject, with which I firmly hope to satisfy in part the sublime and excellent genius of Your Majesty, for whom, humbly and most devoutly prostrate, I pray from Almighty God all the greatest prosperity.


Above: Kristina.

Notes: Giovanni Pico della Mirandola (1463-1494) was an Italian Renaissance nobleman and philosopher. He is famed for the events of 1486, when, at the age of 23, he proposed to defend 900 theses on religion, philosophy, natural philosophy, and magic against all comers, for which he wrote the Oration on the Dignity of Man (De hominis dignitate), which has been called the "Manifesto of the Renaissance", a key text of Renaissance humanism and of what has been called the "Hermetic Reformation". He was the founder of the tradition of Christian Kabbalah, a key tenet of Western esotericism in the early modern era. Mirandola's 900 Theses was the first book to be universally banned by the Catholic Church. He is sometimes seen as a proto-Protestant, because his 900 Theses anticipated many Protestant views. He passed away from acute arsenic poisoning on November 17, 1494, at just 31 years old.

Atropos = one of the Three Fates or Moirai, the third and eldest of the three sister goddesses of fate and destiny in Ancient Greek mythology. Her younger sisters who made up the rest of the trio were Klotho and Lachesis. Their Ancient Roman equivalents were the Parcae: Nona, Decima and Morta. It was Atropos who chose the manner of death and ended the life of mortals by cutting the thread that represented their life. She worked together with her sisters: Klotho would spin the thread and Lachesis would measure its length.

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