Tuesday, September 27, 2022

Kristina's letter to Francesco di Lemene, with a handwritten note for her/his/their secretary Matteo Santini, undated

Sources:

Bibliothèque interuniversitaire (Montpellier); Manuscrits de la reine Christine; Lettere a diversi; Varii lettere de suoi tempi; Lettres à Francesco De Lemene; Christine de Suède à Francesco De Lemene, [s. l.], [s. d.] (digitisation pages 126v-127r to 127v-128r)


Christine (1626-1689 ; reine de Suède), Manuscrits de la reine Christine: Lettere a diversi, 1601-1700.

The Foli@ online digital heritage library is here:


Copyright SCDI-UPV - Collections Université de Montpellier (shelfmark H 258).

Mémoires concernant Christine, reine de Suède, volume 4, page 44, compiled and edited by Johan Arckenholtz, 1760




The letter (with Kristina's handwriting and postscript in italics):

Vi rimando la v[ost]ra Dedicatoria, la quale mi parerebbe la più bella cosa del Mondo Se non fosse fatta p[er] mè; altri forse vi direbbe; «Tu m'aduli, mà mi piaci»; Jo però vi confesso che mi piacereste molto più, Se m'adulaste meno; Temo assai che la v[ost]ra Souerchia parzialità arriui à pregiudicarmi troppo più di quello, che voi non pensate, Se ogni comparatione è odiosa al Mondo, che Sarà di quella di mè con Alessandro? Chė Son' io p[er] esser messa in paragono con vn'Heroe Si grande, che al Mondo non hebbe mai pari, ne credo che l'hauerà: (perdonimi chi sel crede qual è tal ò sel tiene) e del quale di cui gl'istessi difetti vagliono quasi più che le Virtù degl'altri? Vero è che voi hauete fatta questa comparatione con tanto ingegno, e l'hauete vestita con tant'arte tanto arte, che l'hauete resa marauigliosa ad ogn'Huomo di gusto esquisito à tal Segno che Se io fossi capace di scordarmi di me m'hauereste quasi persuasa ch'io fossi qualche cosa; mà in questo caso hò sperimentata p[er] verissima quella mia massima che l'huomo può ingannar tutti, mà non Se stesso, et è pur vero che la propria conscienza non mentisce mente, ne adula mai nessuno veruno; io però v'assicuro che tutto l'ingegno, tutta l'arte vostra non arriveranno mai à far ch'io non conosca me Stessa, Ne mi par questa Scienza tanto pellegrina, quanto fù Stimata già ne i Secoli degl'Oracoli. E chi può far di meno di non conoscer se stesso? é conoscendosi chi può dubitar delle Sue miserie, e del Suo niente? Alessandro stesso disse che Sapendo qvesta verita verita hauerebbe voluto esser Diogene, se quando non fosse stato Alessandro, et à me pare vno de i Suoi più belli detti, ed vn pensiere degno di lui, benche in sostanza Diogene era vn facchino mal creato, che faceua, e diceua che diceua e faceua in faccia alle genti mille galanterie Vituperose senza vergognarsi ne' d'altri, ne di Se stesso: Nulladimeno vi era in lui non Sò che di grande che meritaua d'esser inuidiato anche da Alessandro, che cononscendo la vanità della Sua ambitione pure l'amò forse perche Sentiua con lo Spagnuolo Mala vida es, però nò hai otra. Alessandro volle conquistar quel Mondo che Diogene volle calpestare: ad Alessandro non riuscì il conquistarlo, ne a Diogene il calpestarlo, mentre è Vanità il pretender e l'uno, e l'altro; più Saggio però e più fortunato Sarebbe chi Sapesse adoprar questo Mondo à quel fine, p[er] il quale e stato creato Si bello al quale si bello e stato Creato; questo Solo non Sarebbe vanità, e Si potrebbe conseguire con la grazia di chi Sà render facile anchè l'impossibile. Mà povero Alessandro chi te l'hauesse detto mai quando Spargesto si gloriosamente tanto Sudor, e tanto Sangue che ti Si farebbe vn tal torto d'arriuar fin' à paragonarti meco? già però vi hà fatto il callo, morto all'immortal Suo nome; hà Sofferta quest'ingiustizia da molti, che non Si Sono vergognati di metter al Suo paragone certi Heroi, che à pena meritano quello del Suo Bucefalo. Mi pare veram[en]te che parlasse e operasse dal più Saggio Huomo del Mondo qual era che Si Sdegnò di faticar più Sotto il Sole, e chi nòl crede legga la v[ost]ra Dedicatoria con molte altre, e ne dubiti Se può. Prescindendo poi dalle Hiperboli vsate in proposito mio non posso se non confessarui che hauete fatta vna gran cosa, e che hauete meritata l'approvazione del sig[no]r Card[ina]le Azzolino Nostro, che deue bastarui: Egli solo ne non e minor ad Alessandro, fuor perche non sortì come lui la nascita Reale, ne l'occasioni, ne la fortuna; mà che Sarebbe mai Se non mancassero questi pregi à chi non hà alcun'altro difetto ne debolezza humana, ed hà in grado merito tutte le Virtù, e talenti, che constituiscono l'huomo grande? Dio che glie l'hà dati, glieli conserui mill'anni per gloria, e servizio Suo —
[...]

la mia ignoranza e la trasCuragine dambi duoi Vi fara [...] ricopiar di n[u]ovo questa lettera ma per lultima volta se non sballiate piu perche vorei haverla polita di gratia non saltate nissuna parola Che mi guaste Jl senso e non sbalgiate piu.

With modernised spelling:

Vi rimando la vostra dedicatoria, la quale mi parerebbe la più bella cosa del mondo se non fosse fatta per me; altri forse vi direbbe: «Tu m'aduli, ma mi piaci.» Io però vi confesso che mi piacereste molto più se m'adulaste meno. Temo assai che la vostra soverchia parzialità arrivi a pregiudicarmi troppo più di quello che voi non pensate, se ogni comparazione è odiosa al mondo, che sarà di quella di me con Alessandro? Chi son io per esser messa in paragono con un'eroe sì grande che al mondo non ebbe mai pari? Ne credo che l'avrà (perdonimi qual è tal o sel tiene), e di cui gl'istessi difetti vagliono quasi più che le virtù degl'altri?

Vero è che voi avete fatta questa comparazione con tanto ingegno, vestita con tanto [sic] arte che l'avete resa maravigliosa ad ogn'uomo di gusto esquisito a tal segno che se io fossi capace di scordarmi di me, m'avreste quasi persuasa ch'io fossi qualche cosa; ma in questo caso ho sperimentata per verissima quella mia massima che l'uomo può ingannar tutti. Ma non se stesso, ed è pur vero che la propria coscienza non mente, nè adula mai veruno.

Io però v'assicuro che tutto l'ingegno, tutta l'arte vostra, non arriveranno mai a far ch'io non conosca me stessa, nè mi par questa scienza tanto pellegrina, quanto fu stimata già nei secoli degl'oracoli. E chi può far di meno di non conoscer se stesso? E, conoscendosi, chi può dubitar delle sue miserie e del suo niente?

Alessandro stesso disse che, sapendo questa verità, avrebbe voluto esser Diogene quando non fosse stato Alessandro, ed a me pare uno dei suoi più belli detti ed un pensiere degno di lui, benché in sostanza Diogene era un facchino mal creato che diceva e faceva in faccia alle genti mille galanterie vituperose, senza vergognarsi nè d'altri, nè di se stesso. Nulladimeno vi era in lui non so che di grande che meritava d'esser invidiato anche da Alessandro che, cononscendo la vanità della sua ambizione pure, l'amò forse perché sentiva con lo Spagnuolo: Mala vida es, pero no hay otra.

Alessandro volle conquistar quel mondo che Diogene volle calpestare; ad Alessandro non riuscì il conquistarlo, nè a Diogene il calpestarlo, mentre è vanità il pretender e l'uno e l'altro. Più saggio però — e più fortunato — sarebbe chi sapesse adoprar questo mondo a quel fine, al quale si bello e stato creato; questo solo non sarebbe vanità e si potrebbe conseguire con la grazia di chi sa render facile anche l'impossibile. Ma povero Alessandro, chi te avesse detto mai quando spargestò sì gloriosamente tanto sudor, e tanto sangue che ti si farebbe un tal torto d'arrivar fin a paragonarti meco?

Già però vi ha fatto il callo, morto all'immortal suo nome; ha sofferta quest'ingiustizia da molti che non si sono vergognati di metter al suo paragone certi eroi, che appena meritano quello del suo Bucefalo. Mi pare veramente che parlasse e operasse dal più saggio uomo del mondo qual era che si sdegnò di faticar più sotto il sole, e chi nol crede legga la vostra dedicatoria con molte altre, e ne dubiti se può.

Prescindendo poi dalle iperboli usate in proposito mio, non posso se non confessarvi che avete fatta una gran cosa e che avete meritata l'approvazione del signor cardinale Azzolino nostro, che deve bastarvi. Egli solo ne minor ad Alessandro, perché non sortì come lui la nascita reale, nè l'occasioni, nè la fortuna; ma che sarebbe mai se non mancassero questi pregi a chi non ha alcun'altro difetto ne debolezza umana ed ha tutte le virtù e talenti che constituiscono l'uomo grande? Dio, che gliel'ha dati, glieli conservi mill'anni per gloria e servigio suo. —

La mia ignoranza e la trascuragine d'ambiduoi [sic] vi farà ricopiar di n[u]ovo questa lettera; ma, per l'ultima volta, se non sballiate [sic] più, perché vorrei averla polita, di grazia, non saltate nissuna parola che mi guaste [sic] il senso, e non sbalgiate [sic] più.

Arckenholtz's transcript of the letter:

Vi rimando la Vostra Dedicatoria, la quale mi parerebbe più bella cosa del mondo, se non fosse fatta per me: Altri forse vi direbbe, tu m'aduli, mà mi piaci; Io però vi confesso che mi piacereste molto più, se m'adulaste meno; Temo assai che la vostra soverchia parzialità arrivi a pregiudicarmi troppo più di quello, che voi non pensate, se ogni comparazione è odiosa al mondo, che sarà di quella di me con Alessandro? Chi son io per esser messa in paragono con un'Heroe si grande, che al mondo non hebbe mai pari, ne credo che l'havrà: (pardonimi chi se'l crede:) e del quale gl'istessi difetti vagliono quasi più che le virtù degli altri? Vero è, che voi havete fatto questa comparazione con tanto ingegno, e l'havete vestita con tal arte, che l'havete resa maravigliosa ad ogn'huomo di gusto esquisito, a tal segno, che se io fossi capace di dimenticarmi di me, m'havreste quasi persuasa ch'io fossi qualche cosa; Mà in questo caso hò sperimentato per verissima quella mia massima, che l'huomo può ingannar tutti, ma non se stesso: E' pur vero, che la propria conscienza non mentisce, ne adula mai nessuno; Io v'assicuro, che tutto l'ingegno, tutta l'arte vostra non arriveranno mai a far ch'io non conosca me stessa, ne mi pare questa scienza tanto pellegrina, quanto fù stimata già nei secoli degli Oracoli. E chi può far di meno di mon conoscer se stesso, e connoscendosi, chi può dubitar delle sue miserie, e del suo nulla? Alessandro stesso disse, che havrebbe voluto esser Diogene, se non fosse stato Alessandro, ed a me pare un de' suoi più belli detti, ed un pensiere degno di Lui, benche in sostanza Diogene era un guidone, che sputava in faccia alle genti, e faceva mille altre galanterie simili, e peggiori; Nulladimeno vi era in lui non so che di grande, che meritava d'esser invidiato anche d'Alessandro, che cononscendo la vanità della sua ambizione, pure l'amò forse perche sentiva con lo spagnuolo, che mala vida es, pero no hai otra. Alessandro volle conquistar quel Mondo, che Diogene volle calpestar; Ad Alessandro non riusci il conquistarlo, ne a Diogene il calpestarlo; mentre è vanità il pretender e l'uno e l'altro; piu savio però, e più felice sarebbe chi sapesse adoprar questo mondo a quel fine, per il quale è stato creato si bello; Questo solo non sarebbe vanità, e si potrebbe conseguir con la grazia di Chi sà render facile anche l'impossibile. Mà povero Alessandro chi te l'havrebbe detto mai, quando spargesti si gloriosamente tanto sudor, e tanto sangue, che ti si farebbe un tal torto d'arriva fin a paragonarti meco? Già però vi hà fatto il callo, morto all'immortal suo nome; Hà sofferto quest'ingiustizia da molti, che non si sono vergognati di metter al suo paragone certi Heroi, che a pena meritano quello del suo Bucefalo. Mi pare veramente che parlasse da più savio huomo del mondo qual era che si sdegnò di faticar più sotto il sole, e chi nol crede legga la vostra Dedicatoria con molte altre, e dubiti se può. Prescindendo poi dalle Hiperboli astute in proposito mio, non posso se non confessarvi che havete meritato l'approvazione del Signor Cardinal Azzolino nostro, che deve bastarvi. Egli solo non è minore ad Alessandro, fuor che nella nascita, nelle occasioni, e nella fortuna; Mà che sarebbe mai se non mancassero questi pregi a chi non hà alcun'altro difetto, nè debolezza humana, ed hà tutte le virtù, e talenti che constituiscano l'huomo grande? Dio che gliel'hà dati, glieli conservi mille anni per gloria, e servizio suo.

La mia ignoranza, e la trascuragine d'ambidue vi farà ricopiar di nuovo questa lettera, mà per l'ultima volta non sbagliate più, perche vorrei haverla polita; Di grazia non saltate nissuna parola che mi guasti il senso, e non sbagliate più.

With modernised spelling:

Vi rimando la vostra dedicatoria, la quale mi parerebbe più bella cosa del mondo, se non fosse fatta per me. Altri forse vi direbbe, «tu m'aduli, ma mi piaci.» Io però vi confesso che mi piacereste molto più, se m'adulaste meno; temo assai che la vostra soverchia parzialità arrivi a pregiudicarmi troppo più di quello che voi non pensate, se ogni comparazione è odiosa al mondo, che sarà di quella di me con Alessandro? Chi son io per esser messa in paragono con un'eroe si grande che al mondo non ebbe mai pari? Ne credo che l'avrà (perdonimi chi sel crede); e del quale gl'istessi difetti vagliono quasi più che le virtù degli altri. Vero è che voi avete fatto questa comparazione con tanto ingegno, e l'avete vestita con tal arte, che l'avete resa maravigliosa ad ogn'uomo di gusto esquisito a tal segno che se io fossi capace di dimenticarmi di me, m'avreste quasi persuasa ch'io fossi qualche cosa. Mà in questo caso ho sperimentato per verissima quella mia massima, che l'uomo può ingannar tutti, ma non se stesso. È pur vero che la propria conscienza non mentisce, ne adula mai nessuno; io v'assicuro che tutto l'ingegno, tutta l'arte vostra, non arriveranno. Mai a far ch'io non conosca me stessa, ne mi pare questa scienza tanto pellegrina, quanto fu stimata già nei secoli degli oracoli. E chi può far di meno di mon conoscer se stesso; e, conoscendosi, chi può dubitar delle sue miserie e del suo nulla?

Alessandro stesso disse ch'avrebbe voluto esser Diogene, se non fosse stato Alessandro, ed a me pare un de' suoi più belli detti ed un pensiere degno di lui, benché in sostanza Diogene era un guidone, che sputava in faccia alle genti e faceva mille altre galanterie simili e peggiori. Nulladimeno vi era in lui non so che di grande che meritava d'esser invidiato anche d'Alessandro, che, cononscendo la vanità della sua ambizione, pure l'amò forse perche sentiva con lo spagnuolo che mala vida es, pero no hay otra. Alessandro volle conquistar quel mondo che Diogene volle calpestar. Ad Alessandro non riusci il conquistarlo, ne a Diogene il calpestarlo; mentre è vanità il pretender e l'uno e l'altro; più savio però, e più felice sarebbe chi sapesse adoprar questo mondo a quel fine, per il quale è stato creato si bello. Questo solo non sarebbe vanità e si potrebbe conseguir con la grazia di chi sa render facile anche l'impossibile. Ma povero Alessandro, chi te l'avrebbe detto mai, quando spargesti si gloriosamente tanto sudor e tanto sangue, che ti si farebbe un tal torto d'arriva fin a paragonarti meco? Già però vi ha fatto il callo, morto all'immortal suo nome. Ha sofferto quest'ingiustizia da molti, che non si sono vergognati di metter al suo paragone certi eroi, che a pena meritano quello del suo Bucefalo. Mi pare veramente che parlasse da più savio uomo del mondo qual era che si sdegnò di faticar più sotto il sole, e chi nol crede legga la vostra dedicatoria con molte altre, e dubiti se può. Prescindendo poi dalle iperboli astute in proposito mio, non posso se non confessarvi ch'avete meritato l'approvazione del signor cardinal Azzolino nostro, che deve bastarvi. Egli solo non è minore ad Alessandro, fuor che nella nascita, nelle occasioni, e nella fortuna. Ma che sarebbe mai se non mancassero questi pregi a chi non ha alcun'altro difetto, nè debolezza umana, ed ha tutte le virtù e talenti che constituiscano l'uomo grande? Dio che gliel'ha dati, glieli conservi mille anni per gloria e servigio suo.

La mia ignoranza e la trascuraggine d'ambidue vi farà ricopiar di nuovo questa lettera, ma, per l'ultima volta, non sbagliate più, perché vorrei averla polita. Di grazia non saltate nissuna parola che mi guasti il senso, e non sbagliate più.

French translation (my own; I cannot tag it as such due to character limits in the tags):

Je retourne votre dédicace, qui me paraîtrait la plus belle chose du monde si elle n'était pas faite pour moi. D'autres vous diront peut-être «tu me flattes, mais tu me plais». Mais je vous avoue que vous me plaisiez beaucoup plus si tu me flattiez moins; je crains bien que votre excessive partialité ne m'affecte beaucoup plus que vous ne le pensez. Si toute comparaison est odieuse au monde, qu'adviendra-t-il de celle de moi avec Alexandre? Qui suis-je pour être mise en parangon d'un héros si grand que le monde n'a jamais eu d'égal pour lui? Je crois qu'il l'aura (qu'on pardonne à qui le croit); et dont les mêmes défauts valent presque plus que les vertus des autres. Il est vrai que vous avez fait cette comparaison avec tant d'ingéniosité, et que vous l'avez habillée avec tant d'art, que vous l'avez rendue merveilleuse à tout homme d'un goût exquis, à tel point que si je pouvais m'oublier, vous presque persuadé que j'étais quelque chose. Mais dans ce cas, j'ai expérimenté ma maxime, que l'homme peut tromper tout le monde, mais pas lui-même. Il est vrai que sa propre conscience ne ment pas, elle ne flatte jamais personne; je vous assure que tout votre génie, tout votre art ne me feront jamais méconnaître. Cette science me paraît si pèlerine qu'elle était déjà estimée dans les siècles d'oracles. Et qui peut faire moins que se connaître; et, se connaissant, qui peut douter de ses misères et de son néant?

Alexandre lui-même a dit qu'il aurait aimé être Diogène s'il n'avait pas été Alexandre, et il me semble que c'est une de ses plus belles paroles et une pensée digne de lui, bien qu'essentiellement Diogène était un guidon qui crachait au visage des gens et fait mille autres galanteries semblables et pires. Pourtant, il y avait en lui quelque chose de si grand qu'il méritait d'être envié même d'Alexandre, qui, connaissant la vanité de son ambition, l'aimait aussi peut-être parce qu'il sentait avec l'Espagnol que mala vida es, pero non hay otra. Alexandre voulait conquérir ce monde que Diogène voulait piétiner. Alexandre n'a pas pu le conquérir, ni Diogène ne pouvait le piétiner; tandis que le prétendant et les deux sont vanité; mais plus sage et plus heureux serait celui qui saurait utiliser ce monde à cette fin, pour laquelle il a été créé si beau. Cela seul ne serait pas de la vanité et pourrait être réalisé avec la grâce de quelqu'un qui sait rendre facile même l'impossible. Mais pauvre Alexandre, qui t'aurait jamais dit, quand tu as glorieusement versé tant de sueur et tant de sang, que tu serais si lésé de venir te comparer à moi? Mais il s'y est déjà habitué, mort en son nom immortel. Il a subi cette injustice de la part de beaucoup qui n'ont pas honte de lui comparer certains héros, qui ne méritent guère celui de son Bucéphale. Il me semble vraiment qu'il parlait comme l'homme le plus sage du monde qu'il dédaignait de peiner davantage sous le soleil, et quiconque ne croit pas qu'il lit votre dédicace avec beaucoup d'autres, et vous doutez qu'il le puisse. Laissant de côté l'hyperbole astucieuse à mon sujet, je ne peux que vous avouer que vous avez mérité l'approbation de Monseigneur notre Cardinal Azzolino, qui doit vous suffire. Lui seul n'est pas moins qu'Alexandre, sauf en naissance, en occasions et en fortune. Mais que serait-ce si ces qualités ne manquaient pas à ceux qui n'ont d'autre défaut, ni faiblesse humaine, et ont toutes les vertus et tous les talents qui font le grand homme? Dieu, qui les lui a donnés, les garde mille ans pour sa gloire et son service.

Mon ignorance et la négligence de l'un et de l'autre vous feront recopier cette lettre, mais pour la dernière fois vous ne vous trompez plus, car je voudrais la faire polir. S'il vous plaît, ne sautez aucun mot qui gâte mon sens, et vous n'avez plus tort.

Swedish translation (my own):

Jag sänder tillbaka Er dedikation, som för mig skulle tyckas vara det vackraste i världen om det inte var gjort för mig. Andra skulle kanske säga till Er »du smickrar mig, men du behagar mig.« Men jag erkänner för Er att Ni skulle behaga mig mycket mer om Ni smickrade mig mindre; jag fruktar väldigt mycket att Er överdrivna partiskhet kommer att påverka mig för mycket mer än Ni tror. Om varje jämförelse är hatisk i världen, vad kommer att hända med att jämföra mig med Alexander? Vem är jag att bli jämförd med en hjälte så stor att världen aldrig hade en like för honom? Jag tror att han kommer att få den (må man förlåta den som tror det); och av vilka samma defekter är värda nästan mer än de andras dygder. Det är sant att Ni har gjort denna jämförelse med så mycket uppfinningsrikedom, och Ni har klätt den med sådan konst att Ni har gjort den förunderlig för varje man med utsökt smak i en sådan grad att om jag kunde glömma mig själv, skulle Ni nästan övertygad om att jag var något. Men i det här fallet har jag upplevt min maxim, att människan kan lura alla, men inte sig själv. Det är sant att det egna samvetet inte ljuger, det smickrar aldrig någon; jag försäkrar Er att allt Ert ingenium, all Er konst kommer aldrig att få mig att inte känna mig själv. Denna vetenskap förefaller mig vara så pilgrim, eftersom den var uppskattad redan under oraklens århundraden. Och vem kan mindre än att känna sig själv; och som känner sig själv, vem kan tvivla på ens elände och ens ingenting?

Alexander själv sade att han skulle ha gärna velat vara Diogenes om han inte varit Alexander, och det förefaller mig vara ett av hans vackraste ord och en tanke som är värdig honom, även om Diogenes i huvudsak var en guidon som spottade i ansiktet på människor och gjort tusen andra liknande och värre galanterier. Ändå fanns det något så stort i honom att han förtjänade att bli avundsjuk även av Alexander, som, i vetskap om sin ambitions fåfänga, också älskade honom kanske därför att han kände med spanjoren att mala vida es, pero non hay otra. Alexander ville erövra den där världen som Diogenes ville trampa på. Alexander var oförmögen att erövra den, inte heller kunde Diogenes trampa den; medan pretendern och båda är fåfänga; men klokare och lyckligare skulle den vara, som visste hur denna värld skulle användas till det ändamål, för vilken den skapades så vacker. Bara detta skulle inte vara fåfänga och skulle kunna uppnås med nåden av någon som vet hur man gör även det omöjliga enkelt. Men stackars Alexander, vem skulle någonsin ha berättat för dig, när du på ett härligt sätt utgjutit så mycket svett och så mycket blod, att du skulle bli så oförrättad att komma och jämföra dig med mig? Men han har redan vant sig vid det, död i sitt odödliga namn. Han har lidit denna orättvisa från många som inte skäms för att jämföra vissa hjältar med honom, som knappast förtjänar hans Bucephalus. Det förefaller mig verkligen som om han talade som den klokaste mannen i världen att han föraktade att slita mer under solen, och den som inte tror att han läser Er dedikation med många andra, och Ni tvivlar på om han kan. Om man bortser från den skarpsinniga överdriften i mitt ämne, kan jag inte annat än erkänna för Er att Ni har förtjänat monsignor vår kardinal Azzolinos godkännande, vilket måste räcka för Er. Han ensam är inte mindre än Alexander, utom i födseln, vid tillfällen och i fortun. Men vad vore det om dessa egenskaper inte saknades för dem som inte har någon annan defekt eller mänsklig svaghet och har alla de dygder och talanger som utgör den store mannen? Gud, som gav dem till honom, bevare dem i tusen år till hans ära och tjänst.

Min okunnighet och försummelsen av båda kommer att få Er att återuppta detta brev, men för sista gången har Ni inte längre fel, eftersom jag skulle vilja ha det putsat. Snälla, hoppa inte över något ord som förstör min förnuft, och Ni har inte längre fel.

English translation (my own):

I am returning your dedication, which would seem to me the most beautiful thing in the world if it were not made for me. Others would perhaps tell you "thou flatterst me, but thou pleasest me." But I confess to you that you would please me much more if you flattered me less; I fear very much that your excessive partiality will affect me too much more than you think. If every comparison is hateful in the world, what will happen to that of me with Alexander? Who am I to be put in paragon to a hero so great that the world never had a peer for him? I believe he will have it (may one forgive whoever believes it); and of which the same defects are worth almost more than the virtues of the others. It is true that you have made this comparison with so much ingenuity, and you have dressed it with such art, that you have made it marvelous to every man of exquisite taste to such a degree that if I were able to forget myself, you would almost persuaded that I was something. But in this case I have experienced my maxim, that one can deceive everyone, but not himself. It is true that one's own conscience does not lie, it never flatters anyone; I assure you that all your genius, all your art will never make me not know myself. This science seems to me so pilgrim, as it was already esteemed in the centuries of oracles. And who can do less than to know oneself; and, knowing oneself, who can doubt one's miseries and one's nothingness?

Alexander himself said that he would have liked to have been Diogenes had he not been Alexander, and it seems to me one of his most beautiful sayings and a thought worthy of him, although in essence Diogenes was a guidon who spit in the faces of the people and made a thousand other similar and worse gallantries. Nevertheless, there was something so great in him that he deserved to be envied even by Alexander, who, knowing the vanity of his ambition, also loved him perhaps because he felt with the Spaniard that mala vida es, pero non hay otra. Alexander wanted to conquer that world that Diogenes wanted to trample on. Alexander was unable to conquer it, nor could Diogenes trample it; while the pretender and both are vanity; but wiser and happier would be he who knew how to use this world to that end, for which it was created so beautiful. This alone would not be vanity and could be achieved with the grace of someone who knows how to make even the impossible easy. But poor Alexander, who would have ever told thee, when thou gloriously shed so much sweat and so much blood, that thou wouldst be so wronged to come to compare thyself with me? But he has already become used to it, dead in his immortal name. He has suffered this injustice from many who are not ashamed to compare certain heroes to him, who hardly deserve that of his Bucephalus. It truly seems to me that he was speaking as the wisest man in the world that he disdained to toil more under the sun, and whoever does not believe he reads your dedication with many others, and you doubt if he can. Leaving aside the astute hyperbole on my subject, I cannot but confess to you that you have deserved the approval of Monsignor our Cardinal Azzolino, which must suffice for you. He alone is not less than Alexander, except in birth, in occasions, and in fortune. But what would it be if these qualities were not lacking to those who have no other defect, nor human weakness, and have all the virtues and talents that make up the great man? May God, who gave them to him, keep them for a thousand years for His glory and service.

My ignorance and the neglect of both will make you recopy this letter again, but for the last time you are no longer wrong, because I would like to have it polished. Please do not skip any word that spoils my sense, and you are no longer wrong.

French translation of the original (my own; I cannot tag it as such due to character limits in the tags):

Je vous envoie votre lettre de dédicace, qui me semblerait la plus belle chose du monde si elle n'était pas faite pour moi; d'autres vous diraient peut-être: «Tu me flattes, mais tu me plais.» Cependant, je vous avoue que vous me plairiez beaucoup plus si tu me flattais moins. Je crains bien que votre partialité excessive ne me nuise trop que vous ne le pensez. Si toute comparaison au monde est odieuse, qu'arrivera-t-il à celle de moi avec Alexandre? Qui suis-je comparé à un si grand héros qui n'a jamais eu d'égal dans le monde? Je ne crois pas qu'il y en aura (pardonnez-moi qui est-ce ou qui le détient), et dont les défauts valent presque plus que les vertus des autres?

Il est vrai que vous avez fait cette comparaison avec tant d'ingéniosité, habillée avec tant d'art que vous l'avez rendue merveilleuse à tout homme de goût exquis, à tel point que si j'étais capable de m'oublier, vous auriez m'a presque persuadé que j'étais quelque chose; mais dans ce cas, j'ai prouvé que ma maxime selon laquelle l'homme peut tromper tout le monde est très vraie. Mais pas lui-même, et il est vrai aussi que la conscience ne ment ni ne flatte personne.

Cependant, je vous assure que toute votre ingéniosité, tout votre art ne parviendront jamais à me faire méconnaître moi-même, et cette science ne me semble pas aussi pèlerine qu'on l'estimait déjà dans les siècles des oracles. Et qui peut s'empêcher de ne pas se connaître? Et, se connaissant lui-même, qui peut douter de ses misères et de son néant?

Alexandre lui-même a dit que, connaissant cette vérité, il aurait aimé être Diogène s'il n'avait pas été Alexandre, et cela me semble une de ses plus belles paroles et une pensée digne de lui, bien qu'en substance Diogène était un faquin très mal créé qui disait et faisait mille galanteries vitupératives à la face du peuple, sans avoir honte ni des autres ni de lui-même. Il y avait pourtant chez lui quelque chose de grand qui méritait d'être envié même par Alexandre qui, connaissant la vanité de son ambition, l'aimait peut-être parce qu'il se sentait avec l'Espagnol: Mala vida es, pero no hay otra.

Alexandre voulait conquérir ce monde que Diogène voulait piétiner; Alexandre n'a pas pu la conquérir, ni Diogène n'a réussi à la piétiner, alors que c'est une vanité de revendiquer les deux. Cependant, plus sages — et plus heureux — seraient ceux qui sauraient utiliser ce monde dans ce but, pour lequel il a été si magnifiquement créé; cela seul ne serait pas vanité et pourrait être réalisé avec la grâce de ceux qui savent rendre facile même l'impossible. Mais pauvre Alexandre, qui t'aurait dit, quand tu versais si glorieusement tant de sueur et tant de sang, que ce serait une telle injustice envers toi d'aller jusqu'à te comparer à moi?

Mais il s'y est déjà habitué, mort à son nom immortel; il a subi cette injustice de la part de beaucoup qui n'ont pas eu honte de lui comparer certains héros, qui méritent à peine celle de son Bucéphale. Il me semble vraiment qu'il a parlé et agi comme l'homme le plus sage du monde qui a dédaigné de travailler plus longtemps sous le soleil, et quiconque ne croit pas cela devrait lire votre lettre de dédicace avec beaucoup d'autres, et le douter s'il le peut.

Quelle que soit l'hyperbole utilisée à mon égard, je ne peux m'empêcher de vous avouer que vous avez fait une grande chose et que vous avez mérité l'approbation de notre Monseigneur le cardinal Azzolino, ce qui doit vous suffire. Lui seul n'est rien de moins qu'Alexandre, parce qu'il n'avait ni naissance royale, ni opportunités, ni fortune comme lui; mais qu'arriverait-il si ces qualités ne manquaient pas à quelqu'un qui n'a aucun autre défaut ou faiblesse humaine et qui possède toutes les vertus et tous les talents qui constituent un grand homme? Que Dieu, qui le lui a donné, le lui conserve pendant mille ans, pour sa gloire et son service. —

Mon ignorance et l'insouciance de nous deux vous feront recopier cette lettre; mais, pour la dernière fois, si vous ne faites plus d'erreurs, parce que j'aimerais que cela soit nettoyé, s'il vous plaît, ne sautez aucun mot qui gâcherait mon sens et ne faites plus d'erreurs.

Swedish translation of the original (my own):

Jag sänder Er Ert dedikationsbrev, som skulle förefalla mig vara det vackraste i världen, om det inte var gjort för mig; andra kanske skulle säga till Er: »Du smickrar mig, men du behagar mig.« Men jag erkänner för Er att Ni skulle behaga mig mycket mer om Ni smickrade mig mindre. Jag är mycket rädd att Er överdrivna partiskhet kommer att prejudicera mig mycket mer än Ni tror. Om varje jämförelse i världen är hatisk, vad händer då med mig med Alexander? Vem är jag att jämföra med en så stor hjälte som aldrig haft jämlikar i världen? Jag tror inte att det kommer att finnas några (förlåt mig vem är det här eller vem som håller i det), och vars defekter är värda nästan mer än andras dygder?

Det är sant att Ni har gjort denna jämförelse med så mycket uppfinningsrikedom, klädd med så mycket konst att Ni har gjort den fantastisk för varje man med utsökt smak i en sådan utsträckning att om jag kunde glömma mig själv, skulle Ni ha nästan övertalade mig att jag var något; men i detta fall har jag visat mig vara mycket sann att min maxim att människan kan lura alla.  Men inte sig själv, och det är också sant att ens samvete aldrig ljuger eller smickrar någon.

Emellertid försäkrar jag Er att all Er uppfinningsrikedom, all Er konst, aldrig kommer att lyckas få mig att inte känna mig själv, och inte heller förefaller mig denna vetenskap vara så pilgrim som den redan i oraklens sekler ansågs vara. Och vem kan hjälpa men inte känna sig själv? Och som känner sig själv, vem kan tvivla på hans elände och hans intighet?

Alexander sade själv att han, med denna sanning, skulle ha velat vara Diogenes om han inte hade varit Alexander, och det förefaller mig vara ett av hans skönaste ord och en tanke som är värdig honom, fastän i huvudsaken Diogenes var en mycket dåligt skapad rackare som sade och gjorde tusen häftiga galanterier i folkets ansikten, utan att skämmas varken för andra eller för sig själv. Ändå fanns det något stort med honom som förtjänade att bli avundsjuk även av Alexander, som kände till fåfänga i hans ambition, älskade honom kanske för att han kände med spanjoren: Mala vida es, pero no hay otra.

Alexander ville erövra den där världen som Diogenes ville trampa på; Alexander kunde inte erövra den, inte heller lyckades Diogenes trampa på den, medan det är fåfänga att göra anspråk på båda. Vissare skulle dock — och lyckligare — vara de, som visste hur man skulle använda denna värld för det ändamålet, för vilket den så vackert skapades; detta ensamt skulle inte vara fåfänga och skulle kunna uppnås med nåden av dem som vet hur man gör även det omöjliga lätt. Men stackars Alexander, vem skulle någonsin ha sagt det till dig när du så härligt utgjuter så mycket svett och så mycket blod att det skulle vara en sådan orättvisa mot dig att gå så långt att du jämför dig med mig?

Men han har redan vant sig vid det, död för sitt odödliga namn; han har lidit denna orättvisa av många som inte skämts för att jämföra vissa hjältar med honom, som knappt förtjänar hans Bukefalos. Det förefaller mig verkligen som om han talade och agerade som den klokaste mannen i världen som var föraktad att slita längre under solen, och den som inte tror på detta bör läsa Ert dedikationsbrev med många andra, och tvivla det om han kan.

Oavsett vilken överdrift som används i mitt hänseende kan jag inte låta bli att erkänna för Er att Ni har gjort en stor sak och att Ni har förtjänat godkännandet av vår monsignor kardinal Azzolino, vilket måste vara tillräckligt för Er. Han ensam är inte mindre än Alexander, eftersom han inte hade kunglig börd, inte heller möjligheter eller förmögenhet som han; men vad skulle hända om dessa egenskaper inte saknades hos någon som inte har någon annan mänsklig defekt eller svaghet och som har alla de dygder och talanger som utgör en stor man? Må Gud, som gav honom det, bevara det åt honom i tusen år, till hans ära och hans tjänst. —

Min okunnighet och vår bådas vårdslöshet kommer att få Er att kopiera detta brev igen; men för sista gången, om Ni inte gör fler misstag, för jag skulle vilja ha det städat, snälla, hoppa inte över några ord som skulle förstöra min mening och gör inga fler misstag.

English translation of the original (my own):

I send you your dedicatory letter, which would seem to me to be the most beautiful thing in the world if it were not made for me; others perhaps would say to you: "Thou flatterest me, but thou pleasest me." However, I confess to you that you would please me much more if you flattered me less. I am very afraid that your excessive partiality will prejudice me too much more than you think. If every comparison in the world is hateful, what will happen to that of me with Alexander? Who am I to be compared with such a great hero who never had equals in the world? I do not believe there will be any (forgive me who is this or who holds it), and whose defects are worth almost more than the virtues of others?

It is true that you have made this comparison with so much ingenuity, dressed up with so much art that you have made it marvelous to every man of exquisite taste to such an extent that if I were capable of forgetting myself, you would have almost persuaded me that I was something; but in this case I have proven to be very true that my maxim that man can deceive everyone. But not himself, and it is also true that one's conscience never lies nor flatters anyone.

However, I assure you that all your ingenuity, all your art, will never succeed in making me not know myself, nor does this science seem to me to be as pilgrim as it was already esteemed to be in the centuries of the oracles. And who can help but not know himself? And, knowing himself, who can doubt his miseries and his nothingness?

Alexander himself said that, knowing this truth, he would have liked to be Diogenes if he had not been Alexander, and it seems to me one of his most beautiful sayings and a thought worthy of him, although in essence Diogenes was a very badly created rascal who said and did a thousand vituperative gallantries in the faces of the people, without being ashamed either of others or of himself. Nonetheless, there was something great about him that deserved to be envied even by Alexander who, knowing the vanity of his ambition, loved him perhaps because he felt with the Spaniard: Mala vida es, pero no hay otra.

Alexander wanted to conquer that world that Diogenes wanted to trample on; Alexander was unable to conquer it, nor did Diogenes succeed in trampling it, while it is vanity to claim both. Wiser, however, — and happier — would be those who knew how to use this world for that purpose, for which it was created so beautifully; this alone would not be vanity and could be achieved with the grace of those who know how to make even the impossible easy. But poor Alexander, who would have ever told thee when thou so gloriously sheddest so much sweat and so much blood that it would be such an injustice to thee to go so far as to compare thyself with me?

But he has already become accustomed to it, dead to his immortal name; he has suffered this injustice from many who have not been ashamed to compare certain heroes to him, who barely deserve that of his Bucephalus. It truly seems to me that he spoke and acted as the wisest man in the world who was disdained to toil any longer under the sun, and whoever does not believe this should read your dedicatory letter with many others, and doubt it if he can.

Regardless of the hyperbole used in my regard, I cannot help but confess to you that you have done a great thing and that you have deserved the approval of our Monsignor Cardinal Azzolino, which must be enough for you. He alone is no less than Alexander, because he did not have royal birth, nor opportunities, nor fortune like him; but what would happen if these qualities were not lacking in someone who has no other human defect or weakness and who has all the virtues and talents that constitute a great man? May God, who gave it to him, preserve it for him for a thousand years, for His glory and His service. —

My ignorance and the carelessness of both of us will make you recopy this letter; but, for the last time, if you don't make any more mistakes, because I would like to have it cleaned up, please, don't skip any words that would spoil my meaning, and don't make any more mistakes.


Above: Kristina.


Above: Cardinal Decio Azzolino.


Above: Francesco di Lemene.

Note: "mala vida es, pero non hay otra" = "life is bad, but there is no other" («la vita è brutta, ma non ce n'è un'altra») («la vie est mauvaise, mais il n'y a pas d'autre») (»livet är dåligt, men det finns ju inget annat«)

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