Sources:
Bizzarrie politiche, pages 102 to 108, published by Laurentius Banck, 1658
Mémoires concernant Christine, volume 1, page 521, Johan Arckenholtz, 1751
The manifesto:
Manifesto della Regina di Suezia.
Entrata che fù la Regina nello Stato Ecclesiastico, ed avendo trovato dà Ferrara à Roma alcuni Cardinali dello Squadrone volante, cio è, il Cardinale Lomelino, Dongi, Aquaviva, & Homodei, della conversatione di questi mostrò piacersi, onde li Spagnuoli ch'erano appresso sua Maestà ne presero la lor solita gelosia, e pretendendo di essere soli apresso di essa reputati, nò mancarono di quando in quando dirgli tutto quello, che potessero per rimoverla dà stabilire alcuna corrispondenza con quelli. Sua Maestà fece loro riconnoscere, che tali avertimenti niente gli riuscivano grati.
Gionta Sua Maestà à Roma, il Signore di Lione, Ambasciatore di Francia, havendo havuto frequente e longa audienza, gli Spagnuoli sene dolsero seco, e gli dissero che pareva volesse loro in pregiudizio dell'amicizia promessa al Rè loro Padrone, stringere una più forté con la Francia: rispose Sua Maestà ch'ella terrebbe amicizia con chi à lei parebbe à proposito, e che non dovevano haver per strana la corrispondenza, ch'ella voleva haver con la Francia, con la quale haveva havuto lega in tutti i tempi, che ciò non era fare una amicizia, ma, coltiuar una antica, e che finalmente ella non era sogetta al Rè di Spagna, per secondar ciecamente il loro consegli, e conformarsi alla lor intentione. Havendo poi gli stessi Spagnuoli preso sospetto delle frequente visite che li facevano i Cardinali Barbarini, Imperiale, Borromæo, ed Azzolino, fecero dire diverse cose al Papa, credendo di poter in avenire la continuata delle visite, di ciascheduno di questi Cardinali impedire, mà ciò non havendo partorito l'effetto che s'erano imaginati, fecero diverse radunanze frà di loro, hora in casa del Signore Cardinale de Medici, hora in casa del Duca di Terranuova, nelle quali intervennero il Cardinale Landgravio, D. Antonio Piementelli, e D. Antonio della Queva, e qualche altero della fatzione di Spagna, dove furono fatti discorsi di poco rispetto verso la Maestà sua, ch'erano publicati per Roma. Il Queva, era principale di quelli, de chi si servivano li Spagnuoli per seminare di casa in casa le loro calumnie contro la Regina, la quale avisata stimò nel prencipio sprezzare tutte voci, e dissimulò più di tre mesi; e trattando il detto della Queva nella maniera consueta, mà finalmente vedendo, che questi affari continuavano, e ch'il dissimulare non giovava, che à renderlo più insolente, comminciò a trattarlo più freddamente del ordinario, ed à fargli comprendere che gli haverebbe fatto gran piacere il sollecitare il suo ritorno verso Fiandra, e gli rispose, che sperava partire frà otto giorni; Doppo la matina sequente, sua Maestà dichiarò suo Cameriere Maggiore, il Conte Santinelli, ciò presosi della Queva per disprezzo di lui, la sera medesima si ritornò in casa del Ambasciatore di Spagna, richiestone dà lui e della moglie licenza à Sua Maestà.
Don Antonio Pimentelli si piccò parimente di questo stato, e se bene era solito di venir ogni giorno à Farnese, à veder la Regina, lascio scorrere cinque giorni senza farlo, vi venne però il sesto giorno, e cercò aggiustare l'affare della Queva, mà si adoprò senza effetto.
Alcuni giorni doppo il Signore Antonio della Queva, e sua moglie, essendo venuti per licenziarsi della sua Maestà, ella fece chiamare i prencipali suoi domestici, affinche fossero testimoni d'una azzione, che passò nella maniera che segue; Erano questi il Cavallier Baldesibri, il Capitaneo della Guardia, il Conte Francisco Maria Santinelli Cameriere maggiore di sua Maestà, Don Antonio entrato nella camera dell'audienza, della Regina s'inginocchiò avanti sua Maestà, gli basciò la mano, all'uso di Spagna, e gli disse piangendo, che haveva gran rimarico di non haverle servita cosi bene come conveniva, e haverebbe voluto; che à lei ne chiedeva perdono. Sua Maestà rispose, che circa bene ò male servita, doveva esserne giudice la di lui conscienza, mà che poteva assicurarsi, che sempre saperebbe compensar i galant-huomini, e castigar i forfanti, e che se ella havesse mai saputo, che esso parlasse mal di lei, senza il rispetto che si conveniva, lo farebbe trattar nel modo che meritarebbe in qualunque luogo si fosse. Si pose egli di nuovo in ginocchio, e di nuovo piangendo gli disse, ch'era il suo humilissimo servitore, e gli sarebbe eternamente. Sua Maestà si rivoltò verso Madama della Queva, e gli disse ch'à lei era obligata del incommodo che si era presa, di seguitarla di Brusselles à Roma, e che se ella si fosse mescolata in dir qualche cosa, non cabadava punto, perche era donna. Uscirono in continente uno dietro l'altro, della stanza di sua Maestà quali non volsero ascoltare le loro giustificationi.
Il medesimo giorno la Regina inviò il Conte Tiene, al Cardinale di Medici per dirgli, che come à protettore della Corona di Spagna, haveva voluto participargli, di quanto era passato all hora: Che Don Antonio della Queva, era andato à licenziarsi dà lei, che lo pregava a scriverlo al Rè di Spagna, e fargli sapere, che si il detto della Queva non havesse havuto l'honore d'uno suoi tenenti Generali, l'haverebbe fatto trattare à colpi di bastoni, mà questa sola considerazione l'haveva impedita, e quanto à ciò riguardava Sua Eminenza haverebbe continuamente un estremo rispetto alla Porpora che portava, non ostante qualsivolglia cosa, che potesse haver fatto ò facesse per l'avenire, e ch' ella haverebbe riverita dà per tutto il Carrattere di Cardinale, ed il posto che teneva in una Religione, per la quale haveva abandonata ogni cosa; Il Cardinale rispose al Conte di Tiene ch'era servitore della Regina, e che l'avea scritto al Rè di Spagna.
La mattina seguente, la Regina mandò il Signore di Liliencron, à Don Antonio Pimontelli, per pregarlo à dire in suo nome al Duca di Terra nuova, che parlasse di lei col rispetto dovutogli, ne dicesse niente, che potesse offendere i suoi domestici, e che doppo, che Don Antonio della Queva, nò era in casa sua, non haveva se nò Gentilhuomini bravi, e[d] honorati, e pronti, à testimoniarglilo, se nò portassero al carattere ch'aveva d'Ambasciatore di Spagna.
Il giorno seguente Don Antonio Pimentelli essendo, ò fingendo, di essere indisposto, mandò à dire alla Regina, ch'il Duca di Terra nuova non haveva mai parlato contro il rispetto devuto à Sua Maestà, ne che meno haveva parlato contro i suoi domestici, e ch'era suo humilissimo servitore.
Al 22. di Maggio, la Regina andò à visitar il Papa, ch'il giorno avanti era ritornato da Castel Gandolfo, e gli diede conto di quanto era successo all'hora, che Don Antonio della Queva haveva preso licenza da ella, e di ciò ch'haveva fatto dire al Cardinale de Medici, Ambasciatore di Spagna, e Don Antonio Pimentelli, assicurò poscia Sua Santità ch'in tutte le cose correnti alla sua conscienza, ella non ne farebbe alcuna, senza pigliar il consiglio della Sua Santità e segvitarla, mà che credeva ch'ogni uno doveva pigliare cura al proprio honore, ed haveva fatto in assenza di Sua Beatitudine ciò che haveva giudicato espediente per conservar il suo. Il Papa rispose, ch'il tutto haveva fatto bene, ed intieramente l'approvava.
Il giorno doppo il Papa mandò il Cardinale di Lugo, à far intendere al Duca di Terra nuova, che a Sua Beatitudine pareva molto strano il suo procedere verso la Regina, e che l'offese, che si facevano à quella, li prendeva come si fussero fatte à sua persona.
With modernised spelling:
Manifesto della regina di Svezia.
Entrata che fu la regina nello Stato Ecclesiastico, ed avendo trovato dà Ferrara a Roma alcuni cardinali dello Squadrone Volante, ciò è il cardinale Lomelino, Dongi, Acquaviva ed Omodei, della conversazione di questi mostrò piacersi, onde li Spagnuoli ch'erano appresso Sua Maestà ne presero la lor solita gelosia, e pretendendo di essere soli apresso di essa reputati, nò mancarono di quando in quando dirgli tutto quello, che potessero per rimoverla da stabilire alcuna corrispondenza con quelli. Sua Maestà fece loro riconoscere che tali avvertimenti niente gli riuscivano grati.
Giunta Sua Maestà a Roma, il signore de Lionne, ambasciatore di Francia, avendo avuto frequente e longa udienza, gli Spagnuoli sene dolsero seco, e gli dissero che pareva volesse loro in pregiudizio dell'amicizia promessa al re loro padrone, stringere una più forte con la Francia; rispose Sua Maestà ch'ella terrebbe amicizia con chi à lei parebbe a proposito e che non dovevano aver per strana la corrispondenza, ch'ella voleva aver con la Francia, con la quale aveva avuto lega in tutti i tempi, che ciò non era fare una amicizia, ma, coltivar una antica, e che finalmente ella non era soggetta al re di Spagna, per secondar ciecamente il loro consegli, e conformarsi alla lor intenzione.
Avendo poi gli stessi Spagnuoli preso sospetto delle frequente visite che li facevano i cardinali Barberini, Imperiale, Borromeo ed Azzolino, fecero dire diverse cose al papa, credendo di poter in avenire la continuata delle visite, di ciascheduno di questi cardinali impedire, ma ciò non avendo partorito l'effetto che s'erano imaginati, fecero diverse radunanze fra di loro, ora in casa del signore cardinale de Medici, ora in casa del duca di Terranova, nelle quali intervennero il cardinale langravio, don Antonio Pimentelli, e don Antonio de la Cueva, e qualche altero della fazione di Spagna, dove furono fatti discorsi di poco rispetto verso la Maestà Sua, ch'erano pubblicati per Roma.
Il Cueva era principale di quelli, de chi si servivano li Spagnuoli per seminare di casa in casa le loro calunnie contro la regina, la quale avvisata stimò nel principio sprezzare tutte voci, e dissimulò più di tre mesi; e trattando il detto de la Cueva nella maniera consueta, mà finalmente vedendo, che questi affari continuavano, e ch'il dissimulare non giovava, che à renderlo più insolente, cominciò a trattarlo più freddamente del ordinario, ed à fargli comprendere che gli avrebbe fatto gran piacere il sollecitare il suo ritorno verso Fiandra, e gli rispose, che sperava partire frà otto giorni.
Dopo la mattina sequente, Sua Maestà dichiarò suo cameriere maggiore, il conte Santinelli, ciò presosi de la Cueva per disprezzo di lui, la sera medesima si ritornò in casa del ambasciatore di Spagna, richiestone dà lui e della moglie licenza à Sua Maestà.
Don Antonio Pimentelli si piccò parimente di questo stato e se bene era solito di venir ogni giorno a Farnese a veder la regina, lascio scorrere cinque giorni senza farlo, vi venne però il sesto giorno, e cercò aggiustare l'affare de la Cueva, mà si adoprò senza effetto.
Alcuni giorni dopo il signore Antonio della Cueva e sua moglie, essendo venuti per licenziarsi della sua Maestà, ella fece chiamare i principali suoi domestici, affinché fossero testimoni d'una azione che passò nella maniera che segue. Erano questi il cavalier Baldesibri, il capitaneo della guardia, il conte Francesco Maria Santinelli, cameriere maggiore di Sua Maestà. Don Antonio, entrato nella camera dell'udienza della regina, s'inginocchiò avanti Sua Maestà, gli baciò la mano all'uso di Spagna, e gli disse piangendo che aveva gran rimarico di non averle servita così bene come conveniva e avrebbe voluto; che à lei ne chiedeva perdono. Sua Maestà rispose, che circa bene ò male servita, doveva esserne giudice la di lui coscienza, ma che poteva assicurarsi che sempre saperebbe compensar i galanti uomini e castigar i furfanti, e che se ella avesse mai saputo che esso parlasse mal di lei senza il rispetto che si conveniva, lo farebbe trattar nel modo che meritarebbe in qualunque luogo si fosse.
Si pose egli di nuovo in ginocchio, e di nuovo piangendo gli disse, ch'era il suo umilissimo servitore e gli sarebbe eternamente. Sua Maestà si rivoltò verso Madama de la Cueva e gli disse ch'à lei era obbligata del incommodo che si era presa, di seguitarla di Bruxelles à Roma, e che se ella si fosse mescolata in dir qualche cosa, non cabadava punto, perche era donna. Uscirono in continente uno dietro l'altro, della stanza di Sua Maestà quali non volsero ascoltare le loro giustificazioni.
Il medesimo giorno la regina inviò il conte Fiene al cardinale di Medici per dirgli che come a protettore della Corona di Spagna, aveva voluto participargli, di quanto era passato all ora; che don Antonio de la Cueva era andato a licenziarsi da lei, che lo pregava a scriverlo al re di Spagna e fargli sapere che si il detto de la Cueva non avesse avuto l'onore d'uno suoi tenenti generali, l'avrebbe fatto trattare a colpi di bastoni, ma questa sola considerazione l'aveva impedita, e quanto à ciò riguardava Sua Eminenza avrebbe continuamente un estremo rispetto alla porpora che portava, non ostante qualsivolglia cosa che potesse aver fatto ò facesse per l'avenire, e ch'ella avrebbe riverita dà per tutto il carattere di cardinale ed il posto che teneva in una religione, per la quale aveva abbandonata ogni cosa.
Il cardinale rispose al conte di Fiene ch'era servitore della regina e che l'avea scritto al re di Spagna.
La mattina seguente, la regina mandò il signore di Lilliecrona a don Antonio Pimentelli per pregarlo à dire in suo nome al duca di Terranova che parlasse di lei col rispetto dovutogli, ne dicesse niente, che potesse offendere i suoi domestici, e che dopo, che don Antonio de la Cueva nò era in casa sua, non aveva se nò gentiluomini bravi ed onorati e pronti a testimoniarglilo, se nò portassero al carattere ch'aveva d'ambasciatore di Spagna.
Il giorno seguente, don Antonio Pimentelli essendo ò fingendo di essere indisposto, mandò à dire alla regina ch'il duca di Terranova non aveva mai parlato contro il rispetto dovuto a Sua Maestà, ne che meno aveva parlato contro i suoi domestici e ch'era suo umilissimo servitore.
Al 22 di maggio, la regina andò à visitar il papa, ch'il giorno avanti era ritornato da Castel Gandolfo, e gli diede conto di quanto era successo all'ora che don Antonio de la Cueva aveva preso licenza da ella, e di ciò ch'aveva fatto dire al cardinale de Medici, ambasciatore di Spagna, e don Antonio Pimentelli, assicurò poscia Sua Santità ch'in tutte le cose correnti alla sua coscienza, ella non ne farebbe alcuna, senza pigliar il consiglio della Sua Santità e segvitarla, ma che credeva ch'ogni uno doveva pigliare cura al proprio onore ed aveva fatto in assenza di Sua Beatitudine ciò che aveva giudicato espediente per conservar il suo. Il papa rispose ch'il tutto aveva fatto bene ed intieramente l'approvava.
Il giorno dopo, il papa mandò il cardinale di Lugo a far intendere al duca di Terranova che a Sua Beatitudine pareva molto strano il suo procedere verso la regina e che l'offese, che si facevano à quella, li prendeva come si fossero fatte a sua persona.
Arckenholtz's transcript of the manifesto:
Entrata che fù la Regina nello stato Ecclesiastico, ed avendo trovato dà Ferrara à Roma alcuni Cardinali dello squadrone volante, cio é, il Cardinale Lomelino, Dongi, Aquaviva, & Homodei, della Conversatione di questi mostrò piacersi, onde gli Spagnuoli ch'erano appresso sua Maestà ne presero la lor solita gelosia, e pretendendo di essere soli appresso di essa reputati, no, mancarono di quando in quando dir le tutto quello, che potessero per rimoverla dà stabilire alcuna Corrispondenza conquelli. Ma sua Maestà fece loro riconnoscere, che tali avertimenti no gli riuscivano grati.
Giùnta sua Maestà a Roma, il signore di Lione Ambasciatore di Francia havendo havuto frequente, e longa udienza, gli Spagnuoli sene dolsero seco, e gli dissero che pareua volesse loro in pregiudizio dell' amicizia promessa al Ré loro padrone stringere una più forté con la Francia: rispose sua Maestà ch' ella terrebbe amicizia con chi a lei parebbe à proposito, e che non dovevano haver per strana la Corrispondenza, ch' ella voleva haver con la Francia, con laquale haveva havuto legge in tutti i tempi, che ciò non era fare una amicizia, ma continuar una antica, e che finalmente ella non era sogetta al Rè di Spagna, per secondar ciecamente il loro consiglio, e conformarsi alla lor intentione. Havendo poi gli stessi Spagnuoli preso sospetto delle frequenti visite che li facevano i Cardinali Barbarini, Imperiali, Borromeo, ed Assolino, fecero dire diverse cose al Papa, credendo di poter la Continuata delle visite, di ciascheduno di questi Cardinali impedire, ma ciò non havendo partorito l'effetto che s'erano imaginati, fecero diverse radumanze frà di loro, hora in Casa del Signore Cardinale de Medici, hora in Casa del Duca di Terranuova, nelle quali intervenero il Cardinale Landgravio. D. Antonio Piementelli, e D. Antonio della Cueva e qualche altro della fazzione di Spagna, dove furono fatti discorsi di poco rispetto verso la Maestà sua, ch' erano publicati per Roma: il Cueva, era principale di quelli, di chi si servivano li Spagnuoli per Seminare di casa in casa le loro Calumnie contro la Regina, la quale avertita stimò nel prencipio sprezzare tutte le voci, e dissimulò più di tre mesi, e trattando il detto della Cueva nella maniera consueta, mà finalmente vedendo, che questi affari continuavano, e che 'l dissimulare non giovava, che a renderlo più insolente, comminciò a trattarlo più freddamente dell' ordinario, ed à fargli comprendere che gli haverebbe fatto gran piacere il sollecitare il suo ritorno verso Fiandra, e gli rispose che sperava partire frà otto giorni; Doppo la matina seguente sua Maestà dichiarò suo Camerier maggiore il Conte Santinelli ciò presosi dalla Cueva per disprezzo di lui, la sera medesima fu di ritorno in Casa del Ambasciatore di Spagna, richiestone da lui, e dalla maglie licenza à sua Maestà.
Don Antonio Pimentelli si picco parimente di questo stato, e se bene era solito di venir ogni giorno a Farnese, à veder la Regina, Lascio scorrere cinque giorni senza farlo: rivenne però il sesto giorno, e cercò aggiustare l'affare della Cueva, mà si adoprò senza effetto.
Alcuni giorni doppo il Signore Antonio della Cueva, e sua moglie essendo venuti per licenziarsi dalla Maestà sua, ella fece chiamare i principali suoi domestici, affinche fossero testimoni d'una azzione che passò nella maniera che segue. Erano questi il Cavalier Baldesibri, il Capitano della guardia, il Conte Francisco Maria Santinelli Cameriere maggiore di sua Maestà, Don Antonio entrato nella Camera dell' udienza della Regina s'inginochiò avanti sua Maestà, gli basciò la mano, all' uso di Spagna, e gli disse piangendo, che haveva gran ramarico di non haverla servita cosi bene come conveniva, e haverebbe voluto; che à lei ne chie deva pardono. Sua Maestà rispose che circa bene ò male servita, dovera esserne giudice la di lui Conscienza, mà che poteva assicurarsi che sempre saprebbe compensar i galanthuomini, castigar i furfanti, e che se ella havesse mai saputo, che esso parlasse mal di lei, senza il rispetto che Li conveniva, lo farebbe trattar nel modo che meritarebbe in qualunque luogo si fosse. Si pose egli di nuovo in ginocchio, e di nouvo piangendo gli disse, ch'era il suo humilissimo servitore, e gli sarebbe eternalmente. Sua Maestà si rivoltò verso Madama della Cueva, e gli disse ch'à lei era obligata del incommodo che si era presa, di seguitarla di Bruxelles a Roma, e che se ella si fosse mescolata in dir qualche cosa, non c'abadava punto, per che era Donna. Uscirono in Continente uno dietro l'altro, dalla stanza di sua Maestà, quali non volsero ascoltare le loro giustificazioni.
Il medesimo giorno la Regina inviò il Conte Fiene al Cardinale di Medici per dirgli che come Prottettore della Corona di Spagna, haveva voluto participargli di quanto era passato all hora: che Don Antonio della Cueva era andato a licenziarsi da lei, che lo pregava a scriuerlo al Rè di Spagna e fargli sapere, che se il detto della Cueva non havesse havuto l'honore de suoi tenenti Generali, l'haverebbe fatto trattare à colpi di bastoni, ma questa sola considerazione l'haveva impedito, e quanto à ciò riguardava sua eminenza haverebbe continuamente un estremo rispetto alla porpora che portava non ostante qualsivolglia cosa, che potesse havere fatto, ò facesse per l'avenire, e ch' ella haverebbe riverito il carrattere di Cardinale, e il posto, che teneva in una Religione per la quale haveva abandonata ogni cosa, il Cardinale rispose al Conte di Fiene ch' era servitore della Regina, e che l'avea scritto al Ré di Spagna.
La matina seguente, la Regina mandó il Signore de Liliencrona, a Don Antonio Pimentelli, per pregarlo a dire in suo nome al Duca di Terranuova, che parlasse di lei col rispetto dovutogli, ne dicesse niente che potesse offendere i suoi domestici, e che doppo, che Don Antonio della Cueva, non era in casa sua, non haveva se nò Gentilhuomini bravi, ed honorati, e pronti a testimoniarglilo, se non comportasse al carattere ch'aveva d'Ambasciatore di Spagna.
Il giorno seguente Don Antonio Pimentelli essendo, ò fingendo, di essere indisposto, mandò à dire alla Regina che 'l Duca di Terranuova non haveva mai parlato contro il rispetto dovuto à sua Maestà, ne che meno haveva parlato contro i suoi domestici, e ch' era suo humilissimo servitore.
Ai 22. di maggio la Regina andò à visitar il Papa, che 'l giorno avanti era ritornato da Castel Gondolfo, e gli diede conto di quanto era successo all' hora, che Don Antonio della Cueva haveva preso licenza da lei, e diciò ch' haveva fatto dire al Cardinal Medici, Ambasciatore di Spagna, e Don Antonio Pimentelli, assicuro poscia sua santita ch' in tutte le cose correnti alla sua Conscienza, ella non ne farebbe alcuna, senza pigliar il Consiglio della sua santità e segvitarlo, ma che credeva ch' ogni uno dovesse pigliare cura al proprio honore, ed haveva fatto in absenza di sua Beatitudine ciò che havesse giudicato espediente per conservar il suo. Il Papa rispose che 'l tutto haveva fatto bene & intieramente l'approvava.
Il giorno doppo il Papa mando il Cardinal di Lugo, a far intendere al Duca di Terranuova, che a sua Beatitudine pareva molto strano il suo procedere verso la Regina e che l'offese, che si facevano a quella li prendeva come se fussero fatte alla sua persona.
French translation (by Arckenholtz):
La Reine étant entrée dans l'Etat Ecclésiastique, & aïant trouvé de Ferrare jusqu'à Rome quelques-uns des Cardinaux de l'Escadron Volant, savoir les Cardinaux Lomelino, Dongi, Aquaviva & Homodei, dont la Reine trouva la conversation agréable; les Espagnols, qui étoient autour de Sa Majesté, en conçurent quelque jalousie, comme à leur ordinaire, & prétendant d'être seuls en réputation auprès d'Elle, ils ne manquérent pas de lui faire entendre de tems en tems, tout ce qu'ils croïoient capable de l'éloigner d'établir quelque correspondance avec les autres. Mais Sa Majesté leur fit connoitre que tous ces avertissemens n'aboutiroient à rien.
Sa Majesté étant arrivée à Rome & Mr. de Lionne Ambassadeur de France aïant souvent auprès d'Elle de longues audiences, les Espagnols s'en plaignirent & lui dirent, qu'il sembloit qu'elle voulût, au préjudice de l'amitié qu'Elle avoit promise au Roi leur Maître, en lier une plus étroite avec la France. A quoi Sa Majesté répondit: qu'Elle cultiveroit l'amitié avec qui bon lui sembleroit; & qu'ils ne devoient point trouver étrange la correspondance qu'elle vouloit entretenir avec la France, à laquelle elle avoit été liée de tout tems: que cela n'étoit point faire une nouvelle amitié, mais seulement cultiver une ancienne, & qu'au reste Elle n'étoit pas sujette du Roi d'Espagne pour seconder aveuglément leurs avis & se conformer à leurs intentions.
Ces mêmes aïant pris ensuite des soupçons des fréquentes visites que faisoient à la Reine les Cardinaux, Barberini, Imperiali, Borromeo & Azzolino, ils firent dire au Pape plusieurs choses là-dessus, croïant pouvoir arrêter par-là la continuation des visites de ces Cardinaux: mais tout cela n'aïant pas produit l'effèt qu'ils s'en étoient imaginé, ils firent plusieurs complots entr'eux, tantôt dans la Maison du Cardinal de Medicis, tantôt dans celle du Duc de Terranuova, où se trouvérent le Cardinal Landgrave, D. Antonio Pimentel, D. Antonio della Cueva & quelques autres de la faction Espagnole. C'est-là qu'on tenoit des discours peu respectueux de Sa Majesté, qui furent publiés dans Rome. Della Cueva fut le prémier de ceux dont se servirent les Espagnols pour parter de maison en maison leurs calomnies contre la Reine, qui en aïant été avertie, estima d'abord que le mieux étoit de mépriser tout ce qui se disoit contr'elle. Elle dissimula tout pendant plus de trois mois, & traitta della Cueva de la manière accoûtumée. Mais voïant enfin que ce train continuoit, & que de dissimuler plus longtems ne serviroit qu'à rendre Cueva plus insolent: la Reine commença à le traitter plus froidement qu'à l'ordinaire & à lui faire comprendre, qu'il lui feroit beaucoup de plaisir, de solliciter son retour pour la Flandre: surquoi il répondit, qu'il espéroit de partir dans huit jours. Le lendemain Sa Majesté déclara le Comte Sentinelli son prémier Chambellan, della Cueva prit cela pour une marque de méprise & le même soir étant de retour dans l'hôtel de l'Ambassadeur d'Espagne, lui & son Epouse firent demander la permission de se retirer d'auprès de Sa Majesté.
D. Antonio Pimentel se trouva aussi piqué au jeu, & quoiqu'il eut accoûtumé de venir réglément tous les jours à Farnése, pour faire sa révérence à la Reine, il laissa passer cinq jours & venant enfin au sixième il tâcha d'ajuster l'affaire della Cueva.
Quelques jours après D. Antonio della Cueva & son Epouse étant venus pour prendre congé de Sa Majesté, Elle fit appeller les principaux de ses Domestiques qui étoient le Chevalier Baldesibri, Capitaine de sa garde & le Comte Francisco Maria Sentinelli prémier Chambellan ou Major Dôme de la Reine, afin qu'ils fussent témoins d'une action qui se passa de la maniére suivante. Don Antonio étant entré dans la chambre d'Audience de la Reine fit une profonde révérence à S. M. lui baisa la main, comme cela est d'usage en Espagne, & lui dit en gémissant, que c'étoit un grand chagrin pour lui de n'avoir pas servi S. M. aussi bien qu'il l'avoit dû & voulû: & qu'il lui en demandoit pardon. Sa Majesté lui répondit: que c'étoit à sa consçience à juger s'il avoit servi bien ou mal, mais qu'il pouvoit être assuré qu'elle sauroit toûjours récompenser le galant homme & châtier le coquin: & que si jamais Elle apprenoit qu'il eut parlé mal d'Elle, sans garder le respect qui lui étoit dû, Elle le feroit traitter comme il le mériteroit en quelque lieu que ce fut. Là-dessus il se mit encore à genou & poussant de nouveaux soupirs il lui dit, qu'il étoit son très-humble serviteur & qu'il le seroit éternellement. Sa Majesté se tournant vers son Epouse lui dit, qu'Elle lui étoit obligée de la peine qu'elle avoit prise de la suivre de Bruxelles à Rome, & que si elle s'étoit mêlée de dire quelque chose, on ne vouloit pas le ressentir puisqu'elle étoit femme. Ils sortirent aussi-tôt l'un après l'autre de l'appartement de S. M. qui ne vouloit pas entendre leurs justifications.
Le même jour, la Reine envoïa le Comte Fiene au Cardinal de Medicis pour lui dire comme au Protecteur de la Couronne d'Espagne, qu'Elle vouloit lui faire part de ce qui venoit de se passer, tout à l'heure: que Don Antonio della Cueva étoit venu pour prendre congé d'Elle: qu'Elle le prioit d'écrire au Roi d'Espagne & de le faire savoir, que si ledit della Cueva n'avoit pas eu l'honneur d'être un de ses Généraux, Elle lui auroit fait donner des coups de bâton: mais que cette seule considération l'en avoit empêchée, & quant à ce qui regardoit son Eminence, Elle auroit toûjours un grand respect pour la pourpre qu'il portoit, non obstant tout ce qu'il pouvoit avoir fait où feroit à l'avenir, & qu'elle révéroit par tout le caractère de Cardinal & le rang qu'il tenoit dans une Religion, pour laquelle Elle avoit abandonné toutes choses. Le Cardinal répondit au Comte Fiene qu'il étoit serviteur de la Reine, & qu'il écriroit au Roi d'Espagne.
Le lendemain matin la Reine envoïa le Sieur Lilliencrona à D. Antonio Pimentel pour le prier de dire en son nom au Duc de Terranuova, qu'il parlât d'Elle avec le respect qui lui étoit dû, qu'il ne dit rien qui pût offenser ses Domestiques, & que depuis, que D. Antonio della Cueva n'étoit plus de sa Maison, Elle n'avoit que des Gentilshommes braves & d'honneur & prêts à le lui témoigner, s'il ne se comportoit pas d'une manière convenable à son caractère d'Ambassadeur d'Espagne.
Le jour après D. Antonio Pimentel étant ou feignant d'être indisposé, fit dire à la Reine que le Duc de Terranuova n'avoit jamais parlé contre le respect dû à Sa Majesté, ni contre ses Domestiques, & qu'il étoit son très-humble serviteur.
Le 22 de Mai la Reine alla rendre visite au Pape, qui la veille étoit revenu du Castel Gandolfo, & lui fit raport de ce qui s'étoit passé jusques-là que D. Antonio della Cueva avoit pris son congé d'Elle & de ce qu'elle avoit fait dire au Cardinal Médicis, à l'Ambassadeur d'Espagne & à D. Antonio Pimentel. Elle assura ensuite S. Sainteté, qu'en toutes les choses qui concernoient sa consçience, Elle n'en entreprendroit aucune sans demander & suivre l'avis de S. S. mais qu'Elle croïoit que chacun doit avoir soin de son propre honneur, & qu'elle avoit fait en l'absence de sa Béatitude, ce qu'elle avoit jugé convenable pour conserver le sien. Le Pape répondit qu'Elle avoit bien fait en tout & qu'il l'approuvoit entièrement. Le jour suivant le Pape envoïa le Cardinal de Lugo pour faire entendre au Duc de Terranuova, que son procédé envers la Reine paroissoit fort étrange à sa Béatitude, & qu'il prénoit les offenses qu'on faisoit à Sa Majesté, comme faites à sa propre personne.
English translation (my own):
The Queen having entered the Ecclesiastical State, and having found from Ferrara to Rome some of the Cardinals of the Flying Squadron, namely Cardinals Lomelino, Dongi, Acquaviva and Omodei, whose conversation the Queen found agreeable, the Spaniards who surrounded Her Majesty conceived some jealousy of her, as usual, and, claiming to be the only ones in reputation with her, they did not fail to make her hear from time to time all that they believed capable of removing her from establishing some correspondence with the others. But Her Majesty let them know that all these warnings would come to nothing.
Her Majesty having arrived in Rome and Monsieur de Lionne, the French ambassador, often having long audiences with her, the Spaniards complained about it and told her that it seemed that she wanted, to the detriment of the friendship that she had promised the King their master, to bind a closer one with France. To which Her Majesty replied that she would cultivate friendship with whomever she saw fit, and that they should not find strange the correspondence which she wished to maintain with France, to which she had always been linked, that this was not to make a new friendship, but only to cultivate an old one, and that besides, she was not subject to the King of Spain to blindly second their advice and conform to their intentions.
These same people having subsequently become suspicious of the frequent visits made to the Queen by Cardinals Barberini, Imperiali, Borromeo and Azzolino, they made the Pope say several things about it, believing they could thereby stop the continuation of the visits of these cardinals, but all this not having produced the effect they had imagined, they made several plots among themselves, sometimes in the House of the Cardinal de Medici, sometimes in that of the Duke of Terranova, where the Cardinal Landgravio, Don Antonio Pimentel, Don Antonio de la Cueva and a few others from the Spanish faction found themselves. It was there that discourses were held that had little respect for Her Majesty and which were published in Rome. De la Cueva was the first of those which the Spaniards made use of to spread their calumnies from house to house against the Queen, who, having been informed of it, considered at first that it was best to despise all that was said against her. She dissembled in everything for over three months and treated de la Cueva in the usual way. But seeing finally that this continued and that to dissemble any longer would only serve to make de la Cueva more insolent, the Queen began to treat him more coldly than usual and make him understand that it would give her great pleasure to request his return to Flanders, to which he replied that he hoped to leave in a week. The next day Her Majesty declared Count Santinelli her First Chamberlain, de la Cueva took that for a mark of hatred, and the same evening, being back in the house of the Spanish ambassador, he and his wife asked for permission to withdraw from Her Majesty.
Don Antonio Pimentel also found himself piqued at this, and although he was accustomed to come regularly every day to Farnese to see the Queen, he let five days pass and, finally coming to the sixth, he tried to adjust the affair of de la Cueva.
A few days after Don Antonio de la Cueva and his wife having come to take leave of Her Majesty, she called the principal of her servants who were the Chevalier Baldesibri, Captain of her Guard, and Count Francisco Maria Sentinelli, First Chamberlain or Majordomo of the Queen, so that they could witness an action which took place in the following manner. Don Antonio, having entered the Queen's audience chamber, made a deep bow to Her Majesty, kissed her hand, as is customary in Spain, and told him, weeping, that it was a great sorrow for him to not have served Her Majesty as well as she had had and wanted, and that he begged her forgiveness. Her Majesty replied that it was for her conscience to judge whether he had served well or badly, but that he could be assured that she would always know how to reward the gallant man and chastise the rascal; and that if ever she found out that he had spoken badly about her without keeping the respect which was due to her, she would have him treated as he deserved in whatever place. Thereupon he knelt down again and heaving new sobs, he told her that he was her most humble servant and that he would be so forever. Her Majesty, turning to Mrs. de la Cueva, told her that she was obliged to her for the trouble she had taken in following her from Brussels to Rome, and that if she had taken part in saying something, no one wanted to hear it since she was a woman. They left immediately, one after the other, from the apartment of Her Majesty, who did not want to hear their justifications.
The same day, the Queen sent Count Fiene to Cardinal di Medici to tell him as the Protector of the Crown of Spain that she wanted to inform him of what had just happened just now, that Don Antonio de la Cueva had come to take leave of her, that she begged him to write to the King of Spain and let him know that if the said de la Cueva had not had the honour of being one of her generals, she would have had him beaten with a stick. But that this consideration alone had prevented him, and as to what concerned His Eminence, she would always have a great respect for the purple he wore, not obstinating all that he could have done or would do in the future, and that she everywhere reverenced the character of a cardinal and the rank he held in a religion for which she had abandoned all things. The Cardinal replied to Count Fiene that he was the Queen's servant and that he would write to the King of Spain.
The next morning the Queen sent Lord Lilliecrona to Don Antonio Pimentel to ask him to say in his name to the Duke of Terranova that he spoke of her with the respect due to her, that he said nothing that could offend her servants, and that since Don Antonio de la Cueva was no longer of her household, she had only brave and honourable gentlemen ready to show it to her, if he did not behave in a suitable manner to his character as Ambassador of Spain.
The day after Don Antonio Pimentel, being or pretending to be indisposed, told the Queen that the Duke of Terranova had never spoken against the respect of Her Majesty, nor against her servants, and that he was her most humble servant.
On May 22, the Queen went to visit the Pope, who the day before had returned from Castel Gondolfo, and reported to him what had happened until then that Don Antonio de la Cueva had taken his leave of her and that she had sent word of this to Cardinal di Medici, to the Spanish Ambassador, and to Don Antonio Pimentel. She then assured His Holiness that in all matters concerning her conscience, she would not undertake anything without asking and following the advice of His Holiness, but that she believed that everyone should take care of their own honour, and that she had done in the absence of His Beatitude's absence what she had deemed appropriate to keep hers. The Pope replied that she had done well in everything and that he fully approved of it. The following day the Pope sent the Cardinal di Lugo to make the Duke of Terranova understand that his procedure towards the Queen seemed very strange to His Beatitude, and that he took the offenses made against Her Majesty as if they had been done to his own person.
Above: Kristina.
No comments:
Post a Comment